L'informato sui FACCI

Friday, 21 November 2008
Pubblicato nella categoria ARTICOLI

di Marco A. Bartolucci per http://ilbuoncaffe.blogspot.com/2008/11/linformato-sui-facci.html

I berluscones non mollano mai: non bastasse la vergognosa figura del maggiordomo Capezzone a Ottoemezzo, stamane a rilanciare con la consuetà serenità è il caso umano de Il Giornale.
Impugnando il calamaio, l’arguto Facci ha vergato qualche riga di solidarietà al pugile suonato ex-radicale, passato con armi e bagagli alla corte di Silvio Berlusconi: “Capezzone ha dimostrato che neutralizzare Marco Travaglio è un esercizio relativamente semplice” e ci spiega come: “devi scendere al loro livello, devi inzaccherarti le scarpe prima di nettarle degli epiteti che ti rivolgono quando vanno in difficoltà”. Epiteti quali “pidue-coglione” (Capezzone, ieri), oppure “satiro da circo” (Facci, oggi).

Il biondo naturale del Giornale comunque dimostra di essere preparato sull’argomento, soprattutto quando si parla di giustizia, avendo avuto una formazione mica male ai tempi di “Bottino” Craxi, e comunica all’umanità una verità sconcertante: è Travaglio il “maggiordomo di Di Pietro e dei magistrati”.

Non si sbaglino i lettori dotati del minimo buonsenso, quelli di Facci non sono “epiteti”; avrebbe anche potuto dire che l’editorialista dell’Unità ha un “fisico da verme solitario” (Il Giornale del 14 ottobre 2008), così come il suo padrone chiama Obama “abbronzato”: tanto sono carinerie.

Poi il colpo di genio: “Travaglio dice sciocchezze annichilenti, ma non gl’interessa, non ha dignità professionale (…). È riuscito persino a giustificare l’accostamento tra Berlusconi e Videla: perché erano entrambi iscritti alla P2, ha detto. Ecco: Montanelli, prima di prendere Travaglio a pedate per una settimana, gli ricorderebbe d’aver scritto una Storia d’Italia in sei volumi assieme a un piduista dignitosissimo, Roberto Gervaso.

Libri che a modo loro rimarranno, non faldoni di cancelleria”. Peccato per il povero Facci che il grande Indro abbia scritto l’ultimo libro della Storia d’Italia con Gervaso nel 1975, guarda caso l’anno prima che la P2 iniziasse ad espandersi notevolmente. E quando scoppiò lo scandalo, nel 1981, Gervaso già non collaborava più con Il Giornale. Dove Facci, finchè c’era Montanelli, non ha mai potuto scrivere, a differenza di Travaglio. Oggi il direttore è Mario Giordano è tra gli editorialisti c’è Filippo Facci: per dire l’evoluzione…

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Nessun commento presente per “L'informato sui FACCI”

  1. Charly dice:

    Friday, 21 November 2008 alle 17:41

    Una boccata d’aria buona.

  2. Carlo Gambino dice:

    Friday, 21 November 2008 alle 18:02

    Povero Facci. A me fa quasi compassione. Non è mica un cattivo ragazzo, dopo tutto… la colpa è delle cattive compagnie.
    Voi che dite? Sarà mai possibile recuperarlo alla società?

  3. asdrubale dice:

    Friday, 21 November 2008 alle 18:18

    Ma è solo un’altro megafono di Tonino “noi dell’idv” Di Pietro e dei suoi fiancheggiatori.

  4. Tyler dice:

    Friday, 21 November 2008 alle 18:21

    Tommà so amici de famiglia questi eh? XD

  5. Fabrizio Spinella dice:

    Friday, 21 November 2008 alle 20:03

    Montanelli, solista distratto e concentrato solo sul suo fulminante editoriale, se ne fotteva delle assunzioni, accettava le segnalazioni purché venissero da amici, che offrivano le personali garanzie. “Mi ha assunto Montanelli….”, va là, ti ha assunto l’editore, su segnalazione di… Montanelli sapeva chi era Gelli ancor prima che si rivelasse la lista P2, anche perché Gelli diede il suo contributo con i suoi amici al progetto antisinistra de Il Giornale. E sapeva anche che Gervaso, anticomunista di razza, era massone come lo erano stati gli antenati prossimi e remoti di Montanelli.
    Questo comporta la morte, di orribile, che ogni scrivano si serva di un personaggio scomparso per attribuirgli sentimenti e ragioni in funzione delle liti tra vivi.

  6. Tommaso Farina dice:

    Friday, 21 November 2008 alle 20:22

    Ahia Spinella, attenzione che adesso arrivano i Montanelliani dell’ultima o penultima ora, e ti scorticano vivo.

  7. Tyler dice:

    Friday, 21 November 2008 alle 20:45

    ah Spinè (non sono Montanelliano XD) ma se c’è un intervista dove Montanelli racconta dell’incontro con Gelli e poi dice che è un fregnacciaro o giù di lì

  8. Clau89 dice:

    Friday, 21 November 2008 alle 21:35

    @ asdrubale
    “noi dell’idv?”
    bah

  9. Elysabetta dice:

    Friday, 21 November 2008 alle 22:49

    http://voglioscendere.ilcannocchiale.it/allcomments/2096142

    A tutto questo risponde ampiamente Travaglio. Leggere commenti 113 e 114 del post intitolato eurobicamerale.

  10. Wil Nonleggerlo dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 10:32

    Questo caffè me lo bevo tutto d’un sorso.
    Bollente, buonissimo.

    Wil

  11. Carlo Gambino dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 14:38

    A Tommaso Farina:

    mi dispiace darle un dispiacere, Tommaso, ma devo dirle che in realtà i montanelliani non esistono né mai sono esistiti.
    Si sa, quando una persona muore – una persona in gamba e onesta, intendo – rimangono di lei bene e spesso i ricordi e le testimonianze migliori. Montanelli era OGGETTIVAMENTE una persona eccezionale e unica nel suo genere, e anche nel suo caso non s’è fatta eccezione: di Montanelli oggi si dicono e si scrivono solo cose splendide.

    Io, purtroppo, ho buoni ricordi, invece, di cosa si diceva di Montanelli da vivo. Credo che nessun giornalista sia stato più criticato e odiato di lui (anche se quanto a odio ricevuto Travaglio possa competere, visto il numero di detrattori). Di Montanelli si diceva che era un vecchio rincoglionito, e questo già vent’anni fa. Oppure si usavano espressioni che ne facevano intendere altre molto peggiori. In parole povere, il fucecchiese stava sulle scatole a tutti, anche perché – altra cosa dimenticata da molti – lui non faceva nulla, mai nulla per risultare simpatico ad alcuno. Mai. Ed anzi, probabilmente era il primo a non volere che esistessero dei montanelliani.
    Se poi Travaglio si dice montanelliano, con ciò fa una pessima figura, certo. E allora?

  12. Fabrizio Spinella dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 15:25

    A Tyler e a chi voglia intendere. Montanelli incontrò personalmente Gelli in un grande albergo romano per cercare finanziamenti (e ebbe in seguito altri contatti con lui per interposta persona). Gelli un po’ diffidava di Montanelli verosimilmente a causa del rapporto stretto che il giornalista aveva con Spadolini (il quale era legato al maestro Corona che era antigelliano). Gli ambienti democristiani di destra che gravitavano intorno alla P2 aiutarono, per quanto poterono fare (intervennero anche Piccoli e Pazienza), la stampa anticonformista anticomunista più attrezzata per le battaglie (il Giornale di Montanelli, il Borghese di Tedeschi). Montanelli aveva sostenuto anche Massimo De Carolis, membro pure della P2 e mallevadore di un altro settimanale (chiedere a lui quali rapporti si intrecciarono in un particolare momento della vita politica e giornalistica italiana, per fronteggiare la sinistra comunista). Ciò non toglie niente alla grandezza di Montanelli (il quale aveva un cattivo carattere, e una inclinazione longanesiana a risolvere con una battuta tranchant una situazione o un confronto, anche a costo di buttare a mare un’amicizia, ed a raccontare aneddoticamente un fatto), anzi, conferma che Montanelli era a suo modo un patriota di destra con una sua nervosa autonomia. Berlusconi, che non ha mai nascosto la sua conoscenza con Gelli, aiutò in tutti i modi Montanelli e il Giornale, chiedendogli di non infierire troppo su Craxi, e anche quando comprò il quotidiano (vendutogli volentieri da Montanelli, per evitare la chiusura per fallimento) gli lasciò ampi margini di manovra. Ma quando gli equilibri italiani saltarono, anche in conseguenza di operazioni giudiziare via via sostenute da vari impulsi estranei alle logiche processuali, Berlusconi decise, d’accordo con i migliori ambienti dell’Establishment moderato, italiano ed europeo (Khol, in primis), di schierarsi personalmente con tutti i suoi mezzi editoriali. Montanelli non se la sentì di assecondare politicamente l’editore (che però nelle pagine economiche aveva sempre “assedondato”), e con una stretta di mano e una congrua liquidazione si sciolse il rapporto.

    @ Fabrizio Spinella
    Cio’ che scrivi nelle ultime righe non e’ mica vero. Berlusconi e Montanelli non si lasciarono con una stretta di mano, ma al Giornale fini’ in causa e il direttore si avvalse di uno speciale articolo del contratto di lavoro giornalistico per ottenere la rescissione contrattuale per giusta causa, con obbligo dell’editore al pagamento del dovuto.
    Tanto per esser sempre precisi.
    ciao
    gabriele mastellarini

  13. Tommaso Farina dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 15:47

    E dopo arrivò Feltri e il Giornale incidentalmente iniziò a riguadagnare copie.
    E adesso sbranatemi pure, sono bello grasso, e cotto in forno faccio una bella cotennetta croccante.

  14. Carlo Gambino dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 18:10

    “E dopo arrivò Feltri e il Giornale incidentalmente iniziò a riguadagnare copie.”

    E’ vero, Tommaso. Ricordiamoci che quello che lasciò Il Giornale e fondò la Voce (nel 1994, dico bene?) era un Montanelli che di certo non aveva più un gran seguito. Ricordo molto bene che molti lettori del quotidiano, ai tempi, si dicevano piuttosto delusi: il Giornale aveva perso di smalto.
    Feltri allora era un giornalista che aveva ancora una fama di giornalista scomodo, indipendente, di quelli che “ne hanno per tutti, sia da una parte e dall’altra”, e fu proprio con LUI che il neo-elettorato berlusconiano (cioè coloro che mandarono Berlusconi a palazzo Chigi nella primavera 2004) trovò nel Giornale il proprio organo di stampa di riferimento: da qui l’aumento del numero di lettori (poi sappiamo bene che col tempo Feltri si è spostato a destra definitivamente).
    Con Montanelli, il Giornale non era mai stato propriamente un quotidiano di centrodestra: era semplicemente “il Giornale di Montanelli”, che per vari e svariati motivi piaceva a pochi (come anche il suo direttore, peraltro).
    Se bene ricordo, poi, la “Voce” non durò molto, anche perché aveva pochissimi lettori. Eppure era il quotidiano diretto da Montanelli!!

    Quindi ritengo inutile riferirsi all’aumento del numero di copie come se questo avesse chissà qual enorme significato. Montanelli aveva già smesso da un pezzo di avere un largo seguito (si ricorda, Tommaso, cosa si diceva di lui ai tempi…? Lei era già grandicello in quel periodo, dico bene?).
    Semplicemente, era nato un centrodestra, guidato da Berlusconi, e quest’ultimo era riuscito nell’intento: dare alla nuova fazione politica un organo di stampa ufficiale, alla guida del quale sarebbe andato bene non dico chiunque, ma quasi. Arrivò Feltri, uno che allora faceva un giornalismo piuttosto incazzato, e nell’interesse del Berlusconi di allora fu una scelta piuttosto azzeccata, tutto qui.
    Feltri però poi non rimase a lungo: vogliamo dire anche questo? 🙂

  15. Fabrizio Spinella dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 18:56

    Caro Gabriele, non mi risulta che sia finito in causa e in sentenza il rapporto tra l’Editore e Montanelli. In questo caso, avrebbero fatto tutto i consulenti, che hanno evitato il tribunale. La stretta di mano ci fu, per prendere congedo. Forse bisognerebbe chiedere a Cervi. Ti risulta che dopo il fallimento de La Voce, e il rientro al Corriere di Montanelli, questi abbia sentito per telefono Berlusconi?

  16. Tommaso Farina dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 22:11

    All’inizio la Voce di lettori ne aveva parecchi, che però, per motivi francamente inspiegabili, sono calati nel tempo. Alcuni sostengono la tesi “complottista”, ossia manovre più o meno ostruzionistiche pilotate dal solito Cav. Altri invece ricordano come la Voce avesse un “punto di pareggio” decisamente alto (credo sopra le 100-150mila copie, ma non ricordo bene), causa anche gli stipendi abbastanza alti e meritati che l’editore corrispondeva all’ottima redazione (c’era anche Peter Gomez).

    Il giornale montanelliano, quando il comunismo era vivo e vegeto, era in pratica l’unico giornale non di sinistra. Quindi catturava le simpatie di molti di quelli che non si riconoscevano nel Corriere così come l’aveva impostato Ottone. C’erano dunque montanelliani liberali, ma anche destrorsi convinti. Lo stesso MOntanelli ha sempre sostenuto che buona parte del suo lettorato fosse più a destra di lui. Quando arrivò Berlusconi, a destra di MOntanelli non c’era nessuno, e ci si mise lui. Così, i lettori più destrorsi del Giornale non lo abbandonarono quando arrivò Vittorio. Gli altri, i “tifosi” (così li chiama TRavaglio) scelsero di comprare la Voce, finché durò.

    Sull’abbandono di Feltri non credo di essere la persona più indicata a parlare. Quello che già sai credo sia la pura verità. Del resto Feltri è sempre stato un osso duro per tutti i suoi editori.

  17. Fabrizio Spinella dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 22:18

    Dimenticavo di aggiungere: ricordate la campagna de Il Giornale contro de Mita («l’Irpiniagate»), sostenuta con editoriali di rara efficacia dal direttore Montanelli? Fu condotta metodicamente con articoli di Antonio Tajani (al tempo nella redazione romana di Piazza di Pietra, di cui era caporedattore Guido Paglia) e contribuì a demolire la figura del politico avellinese, disprezzato da Bettino Craxi e mal tollerato da Giulio Andreotti. Riferirono le cronache l’opinione di un sottosegretario di De Mita, secondo il quale dietro quegli attacchi ci sarebbe stato lo zampino di Gelli. Il giovane Tajani, se ricordo bene figlio di un generale ed ex monarchico, fu poi “ricompensato” con il cadreghino parlamentare dal cavalier Berlusconi, che condivideva con Montanelli le finalità di quella campagna di stampa.
    C’è da chiedersi: ma essendo state comuni le finalità, e avendo accettato il Montanelli di imbarcarsi in una guerra contro l’Avellinese, perché mai lo stesso Direttore si sarebbe rifiutato di sostenere l’entrata in campo politico del suo editore, che verosimilmente era stato uno degli ispiratori del battage anti-De Mita?
    Provo a rispondere, da uomo d’ambiente: ma perché Montanelli era fatto così, seguiva i suoi improvvisi schemi mentali, voleva essere libero ma al momento conciliava la sua anarchia con le necessità, quando si stancava trovava l’alibi per prendere cappello, stabiliva con l’opinione pubblica un feeling a dispetto della stessa opinione pubblica, per una battuta micidiale o per egoismo tipico dei geni toscani (comne il suo vecchio antagonista Malaparte, che dovette subire le sue maldicenze) preferiva perdere un’amicizia. L’unico che l’aveva capito bene fu Longanesi, il quale più volte si incazzò con lui, e alla fine ruppe.
    Scusate se l’ho fatta lunga, io che invito a scriver corto…

  18. Gabriele Mastellarini dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 22:44

    Al Caro Fabrizio Spinella

    Il Giudice del Lavoro si chiamava Cecconi, del Tribunale di Milano. Fu lui a condannare Berlusconi, editore del Giornale, a pagare Montanelli per aver fatto ingerenze sulla linea editoriale.

    Non ti sara’ difficile verificare quanto ho scritto.

    ciao
    gabriele

    p.s. ho trovato questo pezzo del Corriere qui sotto. La mia memoria non mi ingannava!

  19. Gabriele Mastellarini dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 22:46

    Il pretore del lavoro: e’ Silvio il vero editore del ” Giornale ”
    ————————- PUBBLICATO —————————— Nella motivazione di una causa: “E’ stata elusa la Mammi’ “. Paolo Berlusconi: ma il Garante mi ha dato ragione TITOLO: Il pretore del lavoro: e’ Silvio il vero editore del “Giornale” – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – – MILANO . “Dagli atti di causa e’ emerso, senza alcun serio contrasto, che Silvio Berlusconi era di fatto l’ editore e non il fratello dell’ editore del quotidiano il Giornale”. Questa la motivazione con cui il 18 ottobre scorso il pretore del lavoro di Milano Francesco Cecconi ha condannato la societa’ editrice del quotidiano il Giornale, a restituire a circa 30 giornalisti che si erano licenziati le somme trattenute sulla liquidazione perche’ gli stessi non avevano dato il preavviso. I giornalisti, invece, sostenevano che non dovevano nulla perche’ si erano dimessi in base all’ articolo 32 del contratto di lavoro, che concede la possibilita’ di dimissioni quando cambia la linea politica della testata. Secondo il pretore la linea politica del quotidiano era mutata dopo la decisione di Silvio Berlusconi di entrare in politica, decisione che porto’ alle dimissioni di Indro Montanelli. Per il giudice Cecconi “cio’ che conta nell’ individuazione dell’ effettivo datore di lavoro non e’ la realta’ formale, voluta e creata dalle parti, quanto quella sostanziale, conseguente dalle circostanze di fatto; a tali fini editore va ritenuto chi di fatto gestisce e influenza la vita del quotidiano”. La qualita’ di editore “reale” di Silvio Berlusconi, inoltre “risulta confermata dalle secche dichiarazioni di Montanelli, che aveva sempre avuto come esclusivo referente Silvio Berlusconi; dalla inesistenza di un ruolo effettivo di Paolo Berlusconi” contrapposto a “quello attivo di Silvio Berlusconi”. “D’ altra parte . conclude il pretore . sono note le motivazioni che avevano indotto Silvio Berlusconi a cedere il Giornale al fratello e cio’ in rispetto, che a questo punto si puo’ ritenere solo formale, della normativa della Legge Mammi’ che, in tal modo, veniva pero’ elusa nella sostanza”. Paolo Berlusconi ha replicato rifacendosi a quanto emerso dall’ indagine del Garante per l’ editoria che gli ha riconosciuto “la completa, formale e sostanziale proprieta’ del Giornale”.

    Pagina 5
    (9 novembre 1995) – Corriere della Sera

  20. Fabrizio Spinella dice:

    Saturday, 22 November 2008 alle 23:29

    Caro Gabriele, su questo che dici la memoria non mi aiuta. Magari Federico Orlando potrebbe ricordarmelo, senza andar a cercar carte legali. Ma come mi pare dalla decisione del pretore, riferita dal Corriere, il fatto riguardava una causa collettiva, dentro la quale era considerata anche la posizione del Direttore? Strano, perché il Direttore solitamente ha un contratto speciale, rispetto a quello giornalistico dei redattori, come un dirigente d’azienda. E comunque non si sarebbe trattato a rigor di logica di una contesa civilistica a due, Montanelli-Berlusconi, dato che per principio essa riguardava tutti coloro che si erano licenziati per giusta causa (la modifica della linea politica del giornale, in questo caso: ma in realtà si trattava delle prerogative “assolute” del Direttore, che i redattori montanelliani (non tutti) avevano deciso di difendere… perinde ac cadaver. Sai che gliene importava a Montanelli delle trattenute sulla liquidazione…

    Non entro nel merito. Era solo per confermare che tra Indro e Silvio non fini’ a pasticcini e champagne ma a carte bollate
    ciao
    gm

  21. Carlo Asili dice:

    Saturday, 29 November 2008 alle 02:00

    un auto blu si ferma davanti a Piazza Montecitorio, ma non scende nessuno…era Capezzone

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