I cronisti freelance pagati 10 euro per un articolo e 2,5 per una foto. Nessuno ne parla…
Wednesday, 3 December 2008Lettera del giornalista freelance Danilo Rocca al professor Franco Abruzzo, ex presidente dell’Ordine Giornalisti della Lombardia (in http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=2968)
Caro Presidente,
Leggo le controversie tra i dirigenti e le polemiche in questi giorni, che germogliano e stanno sotto questo annoso problema del contratto, mai e ancora non firmato. E colgo questa turbolenza, tra ventagli di ipotesi, una più terrificante dell’altra. I licenziamenti, gli aumenti Casagit, l’indurimento nel braccio di ferro, del polso degli editori, questo muoversi di primedonne. E nello stesso tempo, scrivo, no? Scrivo i miei pezzi, di corrispondente locale di un grande quotidiano. Guadagno 10 euro, se scrivo più di 40 righe; 7 al di sotto delle 40. Soldi lordi intendiamoci: 2,5 per una foto digitale. E penso, non posso fare a meno di farlo, 20 anni interamente dedicati a questo lavoro, professionista, 45 anni.
Penso a chi c’è nelle redazioni in cui lavoro, gli indeterminati, come contratto, e nella capacità di mantenere viva questa professione, senza generalizzazioni. Ma come si fa a stare seduti su una poltroncina, e ordinare pezzi, che sai che saranno pagati, lordi, cifre simili.
Ma, mentre tutto slittava, in questi 10 anni, l’Ordine, non quello regionale, quello quando c’eri tu funzionava, ma per il resto, dov’era? Adesso ci si stupisce se gli editori vogliono fare il sacco… Ma se lo faranno, se lo potranno fare, è perché sanno, sono stati abituati a sapere, che questa professione, da un punto di vista etico, è andata. Perché se io vado a prendere il funerale di una giovane, caduta da un monte, pianta da 3000 persone, da una mezza città, e prendo 10 euro, se sono pazzo, e sono pazzo, ci metto la testa, il cuore, e lo faccio. Ma la soglia di scrittura, di attenzione ai dettagli, che tiene questo lavoro, ancora nel lavoro, e non nel campo delle manfrine e delle chiacchiere, potrebbe slittare, magari, solo per fame, per vista appannata. E farei, anzi, scriverei una cosa ridicola, o non credibile. E così quando vado a parlare con un sindacalista, di una azienda che licenzia, o con un disoccupato, con un medico, che cerca di gestire una criticità in un ospedale, o scrivo di un incidente, di un ragazzo morto contro un guard rail, poi ne esco, e ne devo parlare. E la stabilità dell’opinione che del mio giornale avranno i lettori, passa anche da quello che scrivo.
Così, sul mio giornale, così nel mondo che ci guarda, che guarda noi, giornalisti.
Allora, la domanda mi sorge spontanea. Il contratto? Le garanzie mutualistiche, la previdenza. Ma prima, la tutela del lavoro. Perché chi ha la poltroncina, chi è capo, deve anche pensare a chi il giornale lo scrive. A chi sta sulla strada, e non solo al computer, e lima i pezzi. E io credo che nei maggiori quotidiani nazionali, questa cosa sia stata dimenticata. So di testate regionali, di grandi province, dove da due anni non si fa una riunione con i corrispondenti. Di settimanali dove i pezzi di sport li pagano di meno: normale no? E mi domando se l’Ordine queste cose le sappia. Perché non si vive alle spalle degli altri, o sulle loro disgrazie, e si iniziano a dire dei no. Chi è più garantito, lotta per chi ha di meno, chi ha garanzia, cerca di estenderla. Si creano dei tariffari reali, mica quelli che vengono interpretati da ogni editore in maniera personale, e sempre al ribasso.
Invece vedo tanti colleghi intervenire su tanti fronti di una professione che sta per non esistere più. Credimi, credetemi, se vorrai pubblicare questa mia. Se un mio pezzo, anche pubblicato sulle pagine nazionali del quotidiano per cui lavoro, vale 10 euro, è inutile andare a vedere cosa c’è sulla piattaforma; verrà il nuovo contratto (?!) saranno 15?; non credo, ma nel caso, sono sempre cifre che giustificano chi non prende più sul serio questa professione. E se poi gli editori ci prendono per il naso…
Vagli a dare torto. Ciao Francesco
Danilo Rocca


Sunny dice:
Wednesday, 3 December 2008 alle 15:45
10 euro lordi! Va di lusso! C’è chi ne prende 1 e molti di più che lavorano gratis in cambio di promesse da marinaio.
E quegli editori che chiedono ai giovani di autopagarsi in cambio di qualche pubblicazione e dell’inutile tesserino da pubblicista?
Chissà perchè il mondo dei giornalisti freelance non viene mai nominato quando si parla di precariato…
Io un’idea me la sono fatta…
Tyler dice:
Wednesday, 3 December 2008 alle 15:52
ciao Sunnyyy :*
how are you? 😀
Uriele dice:
Wednesday, 3 December 2008 alle 16:26
ragazzi non scherziamo… il pubblicista è un libero professionista e non sostiene nessun esame (deve solo riuscire a pubblicare il numero di articoli RETRIBUITI nei due anni e soddisfare i prerequisiti), il giornalista, teoricamente, è un dipendente. È ovvio che abbiamo trattamenti diversi.
È ovvio che un artigiano abbia un trattamento diverso da quello di un impiegato (poi mi pare che per gli articoli dei pubblicisti, sempre teoricamente, ci sia un minimo sindacale che è maggiore di quello per gli apprendisti pubblicisti). Se uno voleva il trattamento da giornalista, cercava di entrare in una redazione, si faceva i 18 mesi di tirocinio e l’esame di stato; a quel punto si è più tutelati.
Wil Nonleggerlo dice:
Wednesday, 3 December 2008 alle 16:48
Sapete che vi dico?
Il giornalista è abituato a raccontarci il mondo, ma sinceramente sento raramente parlare della professione in sè.
Ecco perchè sono contento quando Gabriele racconta qualcosina, o quando leggo scritti come questo.
Perchè se ne discute pochissimo?
Ci sono dei meccanismi da preservare o tutto sommato le cose vanno bene, tanto da poter occuparsi d’altro?
Da pochissimo tempo ho ripreso a scrivere qualcosa, e devo dire che sono affascinato da questo mondo.
Wil
Francesco B dice:
Wednesday, 3 December 2008 alle 19:10
Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, tra la teoria e la pratica.
Il giornalista teoricamente è un dipendente?
Da quando?
Tommaso Farina dice:
Wednesday, 3 December 2008 alle 20:41
Uriel, anche il pubblicista è un giornalista.
E un giornalista professionista, come Gabriele Mastellarini, può scegliere la libera professione. Se si scrive per buoni mensili (ma anche cattivi, a volte) si può racimolare bei gruzzoli. Un articolo per una rivista gastronomica anche non di primo piano può fruttare 300-400 euro. Il problema è che per scrivere su riviste specializzate bisogna dimostrare di trattarne gli argomenti con competenza.
Uriele dice:
Wednesday, 3 December 2008 alle 21:11
Non tolgo nulla al pubblicista, ci mancherebbe. Ma l’approccio è più vicino alla libera professione che al lavoro di redazione: conosco vari pubblicisti (professori che sono divulgatori scientifici, linguisto che sono critici,sceneggiatori che scrivono su riviste di videogame, eccetera…) che pubblicano come secondo lavoro.
Un giornalista che fa i 18 mesi di praticantato stipendiati nella redazione di un giornale, fa l’esame di stato, eccetera… è più “indirizzato” a un lavori di redazione, un lavoro continuato “dipendente” (poi è ovvio che un giornalista può lavorare come indipendente dopo aver preso il titolo oppure un pubblicista può andare a lavorare nella redazione di un giornale), quello che cambia fra i due è l’approccio.
Gabriele Mastellarini dice:
Wednesday, 3 December 2008 alle 21:22
Cambia solo che il professionista fa solo il giornalista, il pubblicista fa altri lavori. Anche Travaglio e’ professionista ma non lo si vede in redazione da una vita, mentre se la sciala in giro per l’Italia a presentar libri e raccontare storielle.
Sunny dice:
Wednesday, 3 December 2008 alle 21:43
Scusate ma vorrei sapere da voi quante redazioni assumono praticanti al giorno d’oggi …
L’altro modo per diventare professionisti sono le costose scuole di giornalismo.
C’è gente che è costretta a restare pubblicista.
Il rispetto del tariffario minimo è ben lungi dall’essere rispettato.
Ha ragione Mastellarini: “Cambia solo che il professionista fa solo il giornalista, il pubblicista fa altri lavori”. Con una piccola specifica, spesso il pubblicista è costretto a fare altri lavori.
Tyler dice:
Wednesday, 3 December 2008 alle 22:05
quanto te rode ghhgghghghghg
Sunny dice:
Thursday, 4 December 2008 alle 03:06
Sempre costruttivo Tyler. Complimenti!
Tommaso Farina dice:
Thursday, 4 December 2008 alle 10:43
A Libero, se interessa, nel 2006 sono stati assunti 5 praticanti.
Il registro dei pubblicisti era stato creato per contemplare persone che facevano tutt’altro, e che magari intervenivano sui giornali per rubriche o commenti “da esperti” (avvocati, economisti…).
Esiste poi anche un “registro speciale”, riservato, credo, a chi scrive su riviste scientifiche o tecniche.
Tyler dice:
Thursday, 4 December 2008 alle 10:56
Sunny, mi riferivo a Mastellarini che ha infilato Travaglio pure qui 😛
Sunny dice:
Thursday, 4 December 2008 alle 13:05
@ Tyler
Non è che cambia molto il succo del discroso …
@ Tommaso Farina
A fronte del numero di professionisti (e praticanti) che scrivono nei giornali quanti sono i pubblicisti e/o ragazzi (di tutte le età) che ambiscono a effettuare questa professione che compilano i nostri giornali?
Il punto è questo: c’è una categoria di persone che svolge lo stesso identico lavoro e non è tutelata in alcun modo (sia a livello civico, che penale/civile).
Conosco personalmente ragazzi (non pivellini alle prime armi) che contribuiscono e hanno contribuito in modo influente alla vita di quotidiani e riviste con inchieste di alto valore sociale che non riescono ad accedere alla professione (iscrizione all’albo) e che vengono assunti sporadicamente o sfruttati come freelance ricevendo come compenso pochi spiccioli (retribuzioni ben lontane dal tarifario minimo).
Ho nominato i pubblicisti per allargare il discorso. Poi sono intervenuti argomenti che pongono in essere le differenze tra frelance/liberi professionisti e assunti/impiegati e argomenti quali il tariffario minimo e il praticantato.
Da quello che è stato scritto sembra: che la differenza tra il lavoro che svolgono i professionisti sia diverso da quello che svolgono freelance e pubblicisti e che la tesi “voglio fare quello, mi assumono come praticante” sia cosa automatica e abituale.
Siccome è un argomento già affrontato in questo blog, sbagliando, ho esposto in modo sommario cose già espresse in passato.
L’albo (inutile) dei pubblicisti è diventato un modo per promettere una professione che nel 90% dei casi non arriverà mai.
Per inciso l’elenco speciale (non registro scusi ma son pignola) è riservato a coloro che, non professionisti, vogliano assumere la qualifica di direttore responsabile di periodici o riviste di tipo tecnico-scientifico.
Tommaso Farina dice:
Thursday, 4 December 2008 alle 13:52
Certo Sunny, hai ragione. Io stesso sono pubblicista dal 2003 (ho iniziato a scrivere nel 2000, mentre studiavo), e lo risulto ancora benché abbia superato l’esame da professionista il 22 gennaio 2008. Per una serie di fattori concomitanti, solo la settimana scorsa sono riuscito ad andare all’Ordine milanese per chiedere formale iscrizione all’elenco professionisti (circa 130 euro compresa marca da bollo, più la spesa per le foto formato tessera; se non fossi stato già pubblicista, avrei dovuto spendere di più) e ritirare il mio stupendo diploma in carta pergamenata, che stava ammuffendo sugli scaffali di via A. Da Recanate. Tra qualche giorno, se tutto va bene, avrò la tessera da professionista e la relativa menzione sull’albo elettronico consultabile tramite il sito web (dove ovviamente figuro ancora come pubblicista). E mi toccherà andare in Comune a far mettere la dizione “giornalista” sulla carta d’identità. Cosa che mi darà enormi difficoltà quando, poniamo, vorrò visitare la Casa Bianca…
Giuste le precisazioni sugli elenchi.
Paolo Martocchia dice:
Thursday, 4 December 2008 alle 14:02
Non vi preoccupate: la ruota gira. Gira per tutti. Specie per quelli che hanno calpestato me e tutti i free da 15 anni a questa parte.
Per quelli che non mi hanno mai dato una mano quando ne avevo bisogno. Gira per i QUAQUARAQUA di turno, servi degli editori, che speculano sulle competenze di molti giovani. Gira per quelli che non hanno coraggio e pensano solo ai cazzi propri. Ma sapevo che non ci sarebbe stata giustizia, specie per quelli che un pò di esperienza l’ha fatta.
Poi certi parlano dei free come se fossero di un livello inferiore; per non parlare dei dipendenti (come ho già scritto in un precedente post), che non sanno che in una squadra di volley ci sono 2 liberi e non sanno leggere le percentuali di un set..
Intanto, questi prendono non si sa quando ed io devo comprarmi ed imparare il programma anche per le statistiche…
Ma vaffanculo va..
Non vi preoccupate, non vi preoccupate..la ruota gira.
Tyler dice:
Thursday, 4 December 2008 alle 15:36
i miei due anni di praticantato sono stati GRATUITI, cercando di “rubare” il più possibile il mestiere. Quindi qual’è il problema? E ora ho un attività e con la crisi i clienti non pagano. Poveri pubblicisti… poveri giornalisti…
Senza contare che sti precari non sono solo nel giornalismo. I costi del personale sono alle stelle in tutti i settori. Ma dall’altra parte vi mettete mai? Io ho assunto delle cretine allo stato puro che aspettavano solo il 10 del mese per essere pagate (con contributi annessi), però la loro incompetenza chi me la ripaga?
sono stato più costruttivo?
Tommaso Farina dice:
Thursday, 4 December 2008 alle 19:11
In che settore sei Tyler?
Tyler dice:
Thursday, 4 December 2008 alle 19:57
economico