Lo chiamavano Faber, metteva la poesia sopra ogni cosa
Sunday, 11 January 2009Pubblicato nella categoria ARTICOLI
11 gennaio 1999. Dieci anni fa è scomparso Fabrizio Cristiano De Andre’, poeta e cantautore fuori dagli schemi. Da via Del Campo è volato su una delle sue Nuvole Barocche. Ciao amico fragile (sf)
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stardust dice:
Sunday, 11 January 2009 alle 04:48
Mitico Faber.
tequilero dice:
Sunday, 11 January 2009 alle 10:20
Ascolta
una volta un giudice come me
giudicò chi gli aveva dettato la legge:
prima cambiarono il giudice
e subito dopo
la legge.
Oggi, un giudice come me,
lo chiede al potere se può giudicare.
Tu sei il potere.
Vuoi essere giudicato?
Vuoi essere assolto o condannato?
“Sogno numero 2” di Fabrizio de Andrè, da Storia di un Impiegato
asdrubale dice:
Sunday, 11 January 2009 alle 12:32
Fu nelle notti insonni
vegliate al lume del rancore
che preparai gli esami
diventai procuratore
per imboccar la strada
che dalle panche d’una cattedrale
porta alla sacrestia
quindi alla cattedra d’un tribunale
giudice finalmente,
arbitro in terra del bene e del male.
Nicoletta Salata dice:
Sunday, 11 January 2009 alle 13:04
Da bambina, in ambito italiano, ero più battistiana e per i cantautori come De Gregori, Venditti, Cocciante ecc…
L’ascolto più approfondito di De Andrè si determinò quando una scintilla irruppe in me al canto di un piccolo bimbo che tornando a casa mi canticchiò con voce tenera ed infantile, ma preciso ed intonato, e senza conoscerne il significato questa canzone:
“Ricordi sbocciavano le viole con le nostre parole non ci lasceremo mai,mai e poi mai,vorrei dirti ora le stesse cose
ma come fan presto amore ad appassire le rose
così per noi. L’amore che strappa i capelli
é perduto ormai, non resta che qualche svogliata carezza e un po’ di tenerezza”.
Inutile dire che fu un totale scioglimento.
Zazo dice:
Sunday, 11 January 2009 alle 13:07
Semplicemente il migliore. La sua morte è stata una perdita immensa per la musica, la poesia e più in generale per la cultura italiana.
Sunny dice:
Sunday, 11 January 2009 alle 19:15
Attuale come tanti, precursore come pochi. Gusto stilistico sublime, ironia pungete, spietata, amara. Considerato “strano” perchè non allineato alle mode, alla morale comune, alle convenzioni. “In direzione ostinata e contraria”! L’impressione è che non avrebbe mai accettato di essere classificato e descritto in questo modo. Non avrebbe mai accettato di essere ‘rinchiuso in una gabbia linguistica’. Un vero anticonormista, non solo per il gusto di esserlo.
Quanti cuori “sotto una coperta scura”, quanti eroi di cui è rimasta solo “la gloria di una medaglia alla memoria”, quanti bambini “giocheranno a far la guerra” perchè non non c’è “soldato che la guerra rifiuterà”, quante volte “una lettera vera di notte falsa di giorno
poi scuse accuse e scuse senza ritorno” …
Storie di emarginati, derelitti, anime perse, “Anime Salve”. Temi cari anche a Pasolini e forse per questo ha ricordato la sua “storia sbagliata”.
Nessun pietismo, nessuna morale spicciola, ma la vita raccontata con sincerità attraverso la crudezza delle parole.
Dai testi delle sue canzoni traspare il disprezzo per i benpensanti, per i forcaioli giustizialisti (come li piotremmo definire oggi), per i potenti che promettono miracoli consapevolmente impossibili, per gli arroganti.
Avrebbe odiato questi inni e celebrazioni alla sua persona, li avrebbe considerati falsi, aberranti, orrifici. “Forse una lacrima forse una sola”, “forse un sorriso forse uno solo”.
A me piace immaginarlo seduto con la sua chitarra, una sigaretta in bocca, volto rude e occhi a mezz’asta, ripetere ininterrottamente e ossessivamente una delle più grandi verità: “dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior”.
Forse poco poetica come immagine, ma io non ho arte neanche nell’immaginazione.
P.S. Forse non è la cosa più rilevante, ma attraverso le sue canzoni ha compito una rivalorizzazione dei dialetti che a me piace molto. E poi quanto sono belle Creuza de ma, A dumenega, Zirichiltaggia, (etc. etc)?
Marco Ninotti dice:
Monday, 12 January 2009 alle 08:53
..e intanto ieri, su Rai3, potrebbe esserci stata una bella censura…a meno che non si sia trattato di un errore dell’esecutore della canzone. Nell’eseguire “Don Raffaé” Lucio Dalla ha cantato: “..Qui non c’è più decoro le carceri d’oro ma chi l’ha mi viste chissà
chiste so’ fatiscienti pe’ chisto i fetienti
ce lasciano l’umanità..”, quando il testo originale, lasciando ben intendere fosse riferito a certi politici era: “..pe’ chisto i fetienti se tengono l’immunità..”.
Errore o censura?
Marco Ninotti
asdrubale dice:
Wednesday, 21 January 2009 alle 20:50
Oibhò, non avevo visto la trasmissione, ma dopo aver visto una registrazione devo dire che la “interpretazione” di Dalla è stata semplicemente orribile. Altro che censura, non sapeva le parole. Frasi smozzicate e incomprensibili.
Perché fare queste figure? Non sarebbe meglio astenersi?