Condanna Belpietro: c'è un giudice a Milano
Sunday, 10 August 2008di Gabriele Mastellarini
Sta suscitando notevole interesse la notizia della condanna per omesso controllo dell’ex direttore del “Giornale” oggi di “Panorama”, Maurizio Belpietro. Faccio alcune precisazioni aggiuntive.
Rispondo così al lettore Dean Keaton che in un commento al precedente articolo parlava di sentenza comminata dalla Corte d’Appello. In realtà, caro Dean, si tratta di sentenza di primo grado emessa dal Giudice Unico (G.U.) Maria Gaetana Rispoli, in servizio presso l’ottava sezione penale del Tribunale di Milano (nella foto), stanza n. 515, terzo piano, già Gup (giudice per l’udienza preliminare), già nota per aver rinviato a giudizio nel 2005 quattro funzionari della Caboto Sim per il reato di aggiotaggio in relazione alla compravendita di azioni di Telecom Italia Spa.
Di fatto, però, Belpietro “paga” colpe non sue. Perché chi ha diffamato è l’autore dell’articolo – cioè Lino Jannuzzi – e non lui che risponde solo per “omesso controllo”, come indicato dal codice penale.
Si tratta, in sostanza, di una condanna d’ufficio che scatta per i direttori, talvolta ignari di ciò che hanno scritto i propri cronisti ed editorialisti.
Non conosco la vicenda, ma credo che Giancarlo Caselli non c’entri nulla. Chi sa, mi faccia sapere.
Leggi anche www.dituttounblog.com/articoli/maurizio-belpietro-condannato


Fabrizio dice:
Sunday, 10 August 2008 alle 18:18
Un suggerimento. Verificato che in Italia chi tocca un magistrato rischia di farsi condannare da un altro magistrato, il giornalista che volesse togliersi lo sfizio di bersagliarli ferocemente se ne vada in un Paese africano, faccia stampare numeri unici a diffusione locale e nell’idioma locale dicendo peste e corna dei magistrati italiani accusandoli di colpire sempre ingiustamente i poveri negri emigrati in Italia, così troverà solidarietà in loco e potrà lanciare una campagna di stampa accusandoli del resto. I numeri unici li faccia firmare da un negro compiacente, ma in tutte le pagine il giornalista metta la propria foto come paladino dei poveri negri, tanto per far conoscere il mandante. Che vadano poi, i magistrati, a querelare in Africa il direttore negro…
Risultato: tutti i giornali e i siti web italiani parleranno delle feroci accuse ai magistrati italiani da parte di quei fogli africani, riportandone i contenuti per diritto di cronaca, pur prendendo ovviamente le distanze con editoriali di riprovazione (“Ma guarda un po’ questi africani…”) o di approvazione (solo Jannuzzi).
Si solleciteranno note diplomatiche di richiesta di spiegazioni, insorgerà l’Associazione magistrati, si presenteranno interrogazioni parlamentari, i magistrati consulteranno un noto esperti di diritto internazionale per querelare il direttore negro che ha messo addirittura in dubbio le loro facoltà sessuali e spingeranno quindi per una rogatoria nel Paese africano dove si è consumato il delitto di diffamazione, eccetera eccetera.
Non sto parlando mica dell’Economist…
DeanKeaton dice:
Sunday, 10 August 2008 alle 23:20
Scusi Mastellarini.
Che fine ha fatto il mio commento a questo post?
Fornasini l’ha involontariamente cestinato. Lo rimandi, please
mi scuso per l’inconveniente, stavo moderando i commenti con il palmare ed in uno dei due di Dean richiedeva una cancellazione. con l’impaginazione diversa che ho sul terminale ho cestinato quello sbagliato, sorry
DeanKeaton dice:
Monday, 11 August 2008 alle 07:08
Nessun problema. Ci mancherebbe. Sono cose che capitano. Rieccolo.
Caro Mastellarini,
lei è quindi sicuro che si tratti di sentenza di primo grado e che il processo a cui ho fatto riferimento sia altro rispetto a quello che ha portato alla condanna di Belpietro?
In tal caso, invece di far chiarezza, ho probabilmente creato confusione e me ne scuso con lei ed i suoi lettori.
Devo dire che però la vicenda mi ha coinvolto e così ho deciso di procedere con autonome ricerche, visto che i soloni della libertà d’informazione stavolta tacciono, complice probabilmente il periodo vacanziero (vorremo mica pensar male?).
Spero mi perdonerete se dovessi commettere delle imprecisioni visto che non opero in campo giuridico, non ho mai messo piede in un Tribunale e ho sempre delegato agli avvocati le questioni nelle quali sono stato coinvolto, anche nell’esercizio delle mie funzioni pubbliche. Ma questa è un’altra storia.
E allora avanti con le informazioni.
In alcune righe del suo editoriale Belpietro scrive “se è un giudice a dirsi vittima per un articolo di un parlamentare, che il Parlamento ritiene che non possa essere perseguito, si persegue il direttore che ha consentito la pubblicazione dell’articolo. Così, con un metodo obliquo, si colpisce comunque il diritto di parola di un senatore. Così l’insindacabilità dell’opinione di un rappresentante del popolo diventa sindacabile, anche se per interposta persona. Insomma, si condanna il direttore per condannare Jannuzzi”.
La versione del direttore di “Panorama” trova effettivamente conferma nella sentenza n.15323 del 15 Febbraio 2008 della Corte di Cassazione, Sezione V Penale che afferma che “l’immunità parlamentare ex art. 68 Cost. ha natura di causa di non punibilità, dunque, in tema di diffamazione a mezzo stampa, non si estende al compartecipe o al direttore del giornale”.
http://www.penale.it/page.asp?mode=1&IDPag=614
C’è poi la questione su quale sia l’articolo di Jannuzzi che ha portato alla condanna di Belpietro. Quest’ultimo non precisa. Siamo quindi nel campo delle supposizioni.
Il pezzo del 7 Novembre 2004 a cui facevo riferimento nel mio precedente commento e per il quale “Il Giornale” venne assolto in primo grado si trova qui sotto.
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search¤tArticle=63DPQ
Ma secondo lei, Gabriele, questo non c’entra nulla e per ora deciderò di assumere il suo punto di vista, visto che è sicuramente più ferrato di me in tema di cronaca giudiziaria.
Mi addentro quindi nell’archivio della rassegna stampa della Camera e imposto i miei bei parametri in base ai (pochi) indizi forniti da Belpietro (ma perchè non ci ha semplicemente comunicato quando è stato pubblicato il pezzo in questione?).
Dunque. L’articolo è stato pubblicato su “Il Giornale” quando Jannuzzi era senatore e Belpietro direttore e parlava della Procura di Palermo. Ben cinquantadue articoli corrispondono ai parametri impostati.
A questo punto non potendo fare ulteriore scrematura sono costretto ad alzare bandiera bianca.
Belpietro, o chi per lui, se ci sei batti un colpo.
ps: chi vuole può comunque leggersi gli articoli di Jannuzzi in piccole dosi, senza prenderli per oro colato, per carità. Giusto per avere un punto di vista diverso da quello di Travaglio.
Saluti
rob dice:
Monday, 11 August 2008 alle 13:14
ma c’é qualcuno che, davvero, crede che la procura di palermo non sia politicizzata? o la partigianeria rende ciechi anche di fronte all’evidenza?…
Giacomo dice:
Monday, 11 August 2008 alle 19:49
Il discorso non è se la procura è politicizzata o meno, ma se i processi sono giusti. E’ quello il punto. Se sei colpevole sei colpevole, a prescindere se il giudice sia politicizzato o meno.
DeanKeaton dice:
Monday, 11 August 2008 alle 21:09
Certo Giacomo.
E chi ci garantisce che i processi siano giusti? La fiducia in giudici integerrimi che applichino e non interpretino le leggi.
E se la magistratura fosse politicizzata lei avrebbe questa garanzia?
Poi ci sono i pentiti. L’uso che se ne fa, la loro attendibilità ed il dubbio che a volte, senza riscontri effettivi, siano imbeccati nelle loro affermazioni.
Un mondo nel quale se sei colpevole sei colpevole è ultraterreno e chi ti giudica è infinitamente più misericordioso di chi può distruggere la nostra vita in questo povero mondo.
Saluti
Giacomo dice:
Monday, 11 August 2008 alle 22:34
No.
La garanzia della giustezza di un processo, o almeno la ragionevole probabilità, nasce dalla consapevolezza che le carte processuali saranno riutilizzate nei successivi gradi di giudizio.
Non esiste l’applicazione della legge. L’interpretazione è necessaria. Per questo esistono più gradi di giudizio, per scremare le parzialità del singolo giudice e l’inevitabile fallibilità delle sue decisioni quanto più possibile.
Quanto ai pentiti, io rifiuto questo modo di pensare. Portami un caso, per favore, in cui si sia accertato che dei pentiti sono stati imbeccati,come dici tu.
La cultura del sospetto… alla rovescia. Un pentito è stato imbecccato? Allora lo sono tutti.
Travaglio è chiaro: bisogna basarsi sui fatti dimostrabili. Come nella scienza.
DeanKeaton dice:
Tuesday, 12 August 2008 alle 01:06
Vede Giacomo.
Leggendo il suo commento mi chiedevo come facesse a non conoscere almeno uno dei molteplici casi nei quali un pentito ha ritrattato ed un innocente ha subito perciò un calvario giudiziario pagato doppio dal contribuente. Prima sotto forma di benefit al pentito “confusionario” e poi come risarcimento allo sventurato.
Mi sono detto. Sarà disinformato. Magari piuttosto giovane e glielo possiamo perdonare.
Poi ho letto l’ultimo rigo e ho capito.
Per lei Travaglio è scienza.
Ed io manderò un provino per interpretare Moana nel prossimo film di Sky.
Lei che crede all’impossibile. Che dice. Mi daranno la parte?
Giacomo dice:
Tuesday, 12 August 2008 alle 12:10
Vedi, questa è la differenza tra il tuo modo di procedere, ed in generale quello di un certo modo di fare informazione, e Travaglio.
Travaglio, quando fa un affermazione, porta dei dati precisi. Fa degli esempi. Esempi che appunto possono essere verificati. Proprio come uno scienziato, che quando scrive una scoperta scientifica, ti scrive anche il metodo che ha usato, in modo che tu lettore possa rifare lo stesso esperimento e verificare la sua scoperta.
Tu e tutto quel tipo di giornalismo siete vaghi, generici. Parli di “molteplici casi”.
Benissimo vediamo un pò. A casa mia moltplici sono almeno tre o quattro.
Dici che sono disinformato? Informami. tre o quattro casi di pentiti che hanno ritrattato (anche se in realtà stavamo parlando di pentiti che sono stati imbeccati).
Basta con questa vaghezza.
Fabrizio dice:
Thursday, 14 August 2008 alle 22:06
Per Giacomo. Il pentimento è la continuazione del peccato. Sa chi lo disse? Ambrose Bierce. Un umorista.
DeanKeaton dice:
Friday, 15 August 2008 alle 01:19
Giacomo.
Lei chiede storie di pentiti infami e malagiustizia.
Sarà pure banale, ma Enzo Tortora è il primo nome che mi è sovvenuto.
E Mastellarini mi permetta pure un po’ di pubblicità. Grazie.
http://www.tortora.tv/
Saluti
DOVREBBE ESSERE UN OTTIMO LIBRO
GM
DeanKeaton dice:
Friday, 15 August 2008 alle 14:18
E visto che qui si parlava pure di Jannuzzi, seguendo il link che ho riportato troviamo la sua recensione apparsa su “Panorama” del 18 luglio 2008 al libro “Applausi e Sputi – Le due vite di Enzo Tortora” di Vittorio Pezzuto.
“Nessuno dei pm e dei giudici dell’inchiesta e del processo a Tortora è stato mai condannato a risarcire i parenti di Tortora, nonostante la vittoria dei referendum sulla responsabilità civile dei magistrati. Le figlie di Tortora, anzi, sono state condannate dal giudice di Milano Clementina Forleo a risarcire il “pentito” Gianni Melluso, che aveva calunniato Tortora, per aver denunciato per calunnia il calunniatore”.
http://www.tortora.tv/recensioni.php
Ora Giacomo continui pure le sue ricerche autonomamente e troverà decine di storie simili nella recente storia italiana.
E anche se Travaglio non gliele ha raccontate sono vere.
Saluti
Giacomo dice:
Friday, 15 August 2008 alle 20:46
DECINE di storie simili nella storia recente.
Quindi almeno più di venti (più di una decina) di caso della gravità di Tortora negli ultimi 40 anni?
Ecco un altro esempio di propaganda attraverso la veghezza e l’esagerazione, in tipico stile berlusconiano.
Anyway, la storia di Tortora dimostra come, esistono nel sistema della giustizia Italiana dei meccanismo in grado di porre un freno agli abusi commessi da singoli magistrati.
TORTORA E’ STATO ASSOLTO IN APPELLO. Come doveva essere.
Certo nessuno può negare il gravissimo danno a Tortora ed ai suoi familiari, ma alla fine la verità è venuta fuori. E, perdonate il mio cinismo, è questo quello che conta.
Gli errori, o – come in questo caso, veri e prorpi abusi – da parte del potere, esecutivo o giudiziario che sia, sono inevitabili.
Ci sarà sempre il singolo giudice con delle simpatie, così come un politico che manipola dei fondi pubblici, per dire il minimo.
Ciò che conta è l’esistenza di una serie di meccanismi di controllo, che limitino il fenomeno, mantenendolo sotto limiti accettabili.
Ora la giustizia, CON TUTTI I SUOI PROBLEMI, ha di questi meccanismi.
La politica no.
Mi dispiace per Tortora, veramente, e per la sua famiglia. Ma non considero il suo caso come una prova del tradimento della giustizia, come titola panorama (http://web.radicalparty.org/pressreview/print_250.php?func=detail&par=3350)
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Tortora non è stato “ammazzato” dai magistrati, come dichiara il suo biografo. E’ stato ferito, questo si. Ma non viviamo nel paese dei balocchi, e capita che gli innocenti restino feriti.E coloro che la politica ferisce sono molti di più, e non c’è nessuna corte d’appello per loro.
Non sto dicendo che non esistano problemi nella giustizia Italiana. Effettivamente il Pentitismo ha le sue belle ombre, non dico di no. Però affermo che impallidiscono di fronte a quelli della Politica Italiana.
E DI CERTO, la strada per risolvere i problemi della giustizia NON E’ QUELLA di mettere i bastoni fra le ruote a tutta la magistratura.
Fabrizio dice:
Friday, 15 August 2008 alle 22:48
Infatti, non bisogna mettere i bastoni fra le ruote a tutta la magistratura. Bisogna, meglio, spezzare le ruote a una parte della magistratura. Le ruote, non le gambe.