Gli scoop (veri) e le risposte (finte) di Marco Travaglio
Wednesday, 14 May 2008Diamo a Travaglio quel che è di Travaglio. Stasera si è dimesso il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Simone Luerti, proprio a seguito di un articolo del giornalista torinese pubblicato venerdì scorso sull’Espresso (proprio al fianco di un articoletto mio).
Veniva riferito un incontro tra il leader del sindacato delle toghe e l’imprenditore calabrese Antonio Saladino coinvolto nell’inchiesta “Why Not”. Luerti aveva spiegato che “non vedeva Saladino da oltre 10 anni”, ma il magistrato aveva mentito e Travaglio ne ha dato conto.
Ecco il giornalismo che ci piace. Intanto stamane “La Repubblica” riporta una lettera di Marco Travaglio in replica ad un articolo di Giuseppe D’Avanzo, una delle firme più importanti del quotidiano.
Scrive Travaglio: “Temo di essere ormai irrecuperabile, avendo lavorato per cattivi maestri come Montanelli, Biagi, Rinaldi, Furio Colombo e altri. I quali, evidentemente, non mi ritenevano un pubblico mentitore, un truccatore di carte che «bluffa», «avvelena il metabolismo sociale» e «indebolisce le istituzioni», un manipolatore di lettori «inconsapevoli», quale invece mi ritiene D´Avanzo”.
Eppure Travaglio non ha avuto il tempo di replicare a “Libero” che aveva pubblicato gli stralci della sentenza con la quale lo si condanna a risarcire Fedele Confalonieri. Come ho scritto, la condanna fa parte del mestiere, ma difendersi in giudizio sostenendo che, in realtà, si stava “facendo satira”, questo preoccupa e svilisce l’immagine professionale di chi si è sempre qualificato come cronista giudiziario e mai come giornalista satirico oppure come interprete tragicomico (tipo Beppe Grillo o Sabina Guzzanti).
In molti si attendevano una decisa presa di posizione di Travaglio che, invece, non c’è stata.
Su “Repubblica” c’è invece la controreplica di D’Avanzo, il quale mette in luce un fatto importante sul quale Marco ha sempre taciuto.
Scrive D’Avanzo: “8 agosto del 2002. Marco telefona a Pippo. Gli chiede di occuparsi dei “cuscini”. Marco e Pippo sono in vacanza insieme, concludono per approssimazione gli investigatori di Palermo. Che, durante le indagini, trovano un’ambigua conferma di quella villeggiatura comune. Prova maligna perché intenzionale e non indipendente. Fonte, l´avvocato di Michele Aiello. Il legale dice di aver saputo dal suo assistito che, su richiesta di Pippo, Aiello ha pagato l’albergo a Marco. Forse, dicono gli investigatori, un residence nei dintorni di Trabia.
Michele Aiello, ingegnere, fortunato impresario della sanità siciliana, protetto dal Governatore Totò Cuffaro (che, per averlo aiutato, beccherà 5 anni in primo grado), è stato condannato a 14 anni per associazione a delinquere di stampo mafioso. Pippo è Giuseppe Ciuro, sottufficiale di polizia giudiziaria, condannato a 4 anni e 6 mesi per aver favorito Michele Aiello e aver rivelato segreti d´ufficio utili a favorire la latitanza di Bernardo Provenzano. Marco è Marco Travaglio.
Ditemi ora chi può essere tanto grossolano o vile da attribuire all’integrità di Marco Travaglio un’ombra, una colpa, addirittura un accordo fraudolento con il mafioso e il suo complice? Davvero qualcuno, tra i suoi fiduciosi lettori o tra i suoi antipatizzanti, può credere che Travaglio debba delle spiegazioni soltanto perché ha avuto la malasorte di farsi piacere un tipo (Giuseppe Ciuro) che soltanto dopo si scoprirà essere un infedele manutengolo?
Nessuno, che sia in buona fede, può farlo. Eppure un’«agenzia del risentimento» potrebbe metter su un pirotecnico spettacolino con poca spesa ricordando, per dire, che: «la mafia ha la memoria lunghissima e spesso usa le amicizie, anche risalenti nel tempo, per ricattare chi tenta di scrollarsele frettolosamente di dosso» .
(…)
Travaglio – temo – non ha alcun interesse a raccontarvelo (ecco la sua insincerità) e io penso (ripeto) che la sana, necessaria critica alla classe politico-istituzionale meriti onesto giornalismo e fiducia nel destino comune.
Non un qualunquismo antipolitico alimentato, per interesse particolare, da un linciaggio continuo e irrefrenabile che può contaminare la credibilità di ogni istituzione e la rispettabilità di chiunque”.


Davide Baroncelli dice:
Saturday, 14 June 2008 alle 18:03
Siamo un paese in cui moltissimi giornalisti accoppiano la propria personale lettura dei fatti nel momento in cui li raccontano e li descrivono: abbiamo bisogno di piu’ indignazione, non di meno. Abbiamo bisogno di piu’ gente che di fronte all’incredibile elezione di Schifani al senato, perda le staffe, non di meno: se poi quel perdere le staffe ha delle conseguenze giudiziarie, poco mi importa se ragionierini come te ci godono. Sto comunque dalla parte di chi ha detto “Schifani e’ un mollusco”, come incontenibile gesto di sdegno di fronte al fatto che abbiamo come presidente della camera una persona che e’ stata in affari con gente tanto dubbia.