Com'è opaca la trasparenza

Monday, 17 August 2009
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di Gabriele Mastellarini per “Il Mondo” in edicola il 21 agosto 2009 (http://www.ilmondo.rcs.it/)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE STIPENDI E CONSULENZE SUL WEB? ECCO LA SITUAZIONE

Nonostante i buoni propositi del ministro dell’Innovazione Rena­to Brunetta e le continue (ma incomplete) lenzuolate di incari­chi (relativi a precedenti annualità) diffuse via internet dal suo dicastero, la trasparen­za della pubblica amministrazione resta ancora una chimera. A frenarla è un’in­terminabile serie di leggi, leggine, circo­lari interpretative, codicilli approvati di soppiatto, regolamenti che non arrivano, emendamenti abrogativi e, da ultimo, cu­riose esigenze di privacy.

Eppure il princi­pio della «trasparenza totale» (inglesizzato in «total disclosure»), da attuarsi attra­verso la pubblicazione sui siti web, è «da tempo in vigore in Svezia, Regno Unito e Stati Uniti d’America», come ha ricorda­to il senatore Pietro Ichino in una lettera aperta al Corriere della Sera. In Italia si as­siste, invece, a una situazione di incertez­za totale che porta al libero arbitrio su un fenomeno, quello delle consulenze esterne, stimato in 2,5 miliardi di euro annui.

A dicembre 2006 la legge Finanziaria, presentata dall’allora premier Romano Prodi, introduceva l’obbligo di pubblica­zione su internet di incarichi, retribuzioni, consulenze e gettoni corrisposti da ammi­nistrazioni o aziende pubbliche, escluse le società quotate in Borsa. Ma se si va oggi sul sito delle Poste, cliccando sulle «co­municazioni legali», spunta una lista di incarichi ferma al 6 agosto 2008 e un av­viso che rinvia le pubblicazioni all’entrata in vigore di un apposito regolamento. Già, perché il 2 agosto 2008, in sede di conversione di un decreto legge, era stato inserito un articolo che congelava tutte le disposizioni (successivamente trasfuse in ben nove commi della Finanziaria 2008) sulla trasparenza dei compensi elargiti dalle amministrazioni statali. Il tutto in at­tesa del relativo regolamento del ministe­ro dell’Innovazione di concerto con quello dell’Economia. Regolamento del quale si è persa ogni traccia: era previsto per il 31 ottobre 2008, poi rimesso al 31 dicem­bre e ora rinviato entro il prossimo 2 settembre 2009.

Germana Panzironi, giudice amministrativo a capo dell’uffi­cio legislativo del ministro Brunetta (con onorario extra stipendio di 60 mila euro), afferma: «Il testo è stato tempestivamente ela­borato ed è stata chiesta l’iscrizione per l’esame da parte del Consiglio dei ministri». Ma l’im­pressione è che, trascorso or­mai un anno, passeranno an­cora altri mesi.

E così l’Anas, la società di gestione stradale presieduta da Pietro Ciucci, può scri­vere che le disposizioni sulla pubblicità «si applicano a decorrere dalla data di en­trata in vigore di apposi­to decreto del presiden­te della Repubblica, al momento non ancora emanato». Lo stesso fa Fincantieri, mentre la Rai tiene fermi i due siti web appositamente approntati (www.contrattidiconsulenza.rai. it e www.stipdirrai.rai.it). Il Gse (Gestore elettrico nazionale) si aggrappa, invece, a un altro codicillo, inserito nella legge 31 del febbraio 2008, di conversione del de­creto Milleproroghe. Questa norma rinvia le disposizioni sulla trasparenza e sul tetto agli incarichi a un ulteriore nuovo regola mento che sarebbe dovuto arrivare entro il primo luglio 2008, ma di cui non si sa più nulla. Dovreb­be essere lo stesso che il dicaste­ro all’Innovazione dice di aver completato e inviato al governo ma, nella confusione fra le varie norme, non è così chiaro. La Consap, concessionaria di ser­vizi assicurativi interamente di proprietà del ministero, ha trovato un altro stratagemma per alzare il muro sugli incarichi (si veda www.consap.it/?id=93), avvalen­dosi della circolare numero 1 del 24 gennaio 2008, emessa da Lu­igi Nicolais, il predecessore di Brunetta. «Alla luce delle indica­zioni fornite dalla circolare soprain­dicata», precisa la Consap, «il regime di pubblicità e di comunicazione delle retribuzioni e dei compensi si riferisce soltanto agli atti com­portanti spesa che implicano il superamento dei tetti fissati le­gislativamente», vale a dire so­lo per le elargizioni superiori ai 289-984 euro. Il Parlamento ha suc­cessivamente derogato questo limite di spesa per tutte le prestazioni li­bero professionali e per i contratti d’opera artistica, oltre che per 40 supermanager di Stato. E non è ancora chiaro se per questi «pri­vilegiati» salterà anche l’obbligo di comunicazione online.

La con­fusione creata dal ginepraio di leg­gi blocca-trasparenza, consente anche ad altri di non comunicare nulla. Si pensi per esempio a Ferrovie del­lo Stato, Fintecna, Invltalia (ex Sviluppo Italia), Fincantieri, Sa-ce, Enav (Ente nazionale di assi­stenza al volo), e molti altri sog­getti pubblici, come il ministero per i Beni culturali. Eppure le leggi sulla trasparenza ci so­no e sono anche recenti. Oltre alla legge 69 del giugno scorso, il Parlamento ha approvato anche la legge 15 del 4 marzo, che sancisce il principio dell’accessibilità totale di tutti i dati e le informazioni sull’andamento della pub­blica amministrazione. Una norma che rischia di finire nel cestino perché nei giorni scorsi il senatore Filippo Saltamartini del Pdl ha presentato un emendamento al di­segno di legge 1167 sul lavoro sommerso, del quale è relatore in commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama. L’emen­damento ha come obiettivo il blocco del­la trasparenza, chiamando in causa addi­rittura il diritto alla riservatezza per «le notizie concernenti lo svolgimento delle prestazioni di chiunque sia addetto a una funzione pubblica». Ma in una recente in­tervista, Brunetta ha ribadito di non volere «in nessun modo fare marcia indietro sulla total disclosure».

Non si adeguano alle leggi neanche gli avvocati dello Stato. Il decreto legislativo 35 del 2006 obbliga tutte le giurisdizioni (Csm, Corte dei Conti, Consiglio di Sta­to, Consiglio della magistratura militare e Avvocatura) a pubblicare «sul web gli in­carichi extragiudiziari con indicazione, per ciascun incarico, dell’ente che lo ha con­ferito, dell’eventuale compenso percepito, della natura, della durata e del numero degli incarichi svolti nell’ultimo triennio». Norma chiarissima, della quale l’Avvoca­tura dello Stato non tiene conto, essendo ancora ferma agli incarichi del 2007.

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