Di Pietro. La storia vera

Monday, 14 September 2009
Pubblicato nella categoria ARTICOLI

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Colloquio dell’autore con Daniel Kraus, direttore generale dell’Assolombarda
arrestato il 1° ottobre 1993 e prosciolto il 24 febbraio 1996.
Tratto da «Di Pietro, la storia vera», di Filippo Facci, Mondadori, a ottobre nelle librerie

«La Guardia di Finanza venne a casa mia prima delle sette del mattino, svegliarono me e la mia famiglia. Gli agenti perquisirono il mio appartamento e sbirciarono persino tra i disegni dei miei bambini. Non trovarono nulla. Dopo i rituali in caserma eccomi a San Vittore».

Quanto vi restò?
«Ventun giorni, poi passai poco più di un mese agli arresti domiciliari»

Chi l’interrogò?
«Dapprima il gip Maurizio Grigo. Gli dissi che la pratica di cui parlava, per quanto ne sapessi, era stata regolare»

E poi?
«Alle 10 del mattino dopo, i miei difensori mi dissero che di lì a pochi minuti sarei stato interrogato dal dottor Di Pietro. Mi avvisarono che sarebbe stato un interrogatorio durissimo, la cui asprezza e brutalità non potevo neanche immaginare, mi dissero di prepararmi al peggio. «Lei deve sforzarsi di dire qualcosa, confessi, faccia dei nomi – mi avvertirono i legali – sennò qui non la tiriamo più fuori. Lei non interessa a Di Pietro in quanto Kraus, ma perché è una pedina che può tirarne fuori altre nel domino di Mani pulite». Ma io non avevo niente da dire. Dovevo forse inventare?»

Ma scusi, chi le parlò così? Gli avvocati?
«Sì».

E come si chiamavano?
«Federico Stella».

Se non sono troppo indiscreto, perché scelse Federico Stella?
«Stella era il legale dell’Assolombarda e in particolare del presidente Ottorino Beltrami. Dapprima fui scettico, poi acconsentii anche se successivamente preferii cambiare, anche perché Stella continuò a rimproverarmi di non aver collaborato e di non aver fatto i nomi. Ma torno a dire: dovevo inventarmeli?»

Continui.
«L’interrogatorio ebbe luogo poco più tardi, al primo piano di San Vittore. Di Pietro entrò, salutò i miei avvocati e sbrigativamente anche me. Mi lesse la dichiarazione di Molino e mi disse: «Lei cos’ha da dire?». Risposi che la pratica era regolare e cercai di spiegare perché. Lui m’interruppe: «Basta, basta. Non mi racconti le cose in modo professorale, io non non voglio sapere le cose belle, io voglio sapere le cose brutte, voglio sapere assolutamente quali sono le tangenti che sono state pagate. Vada nella saletta coi suoi avvocati – disse – e incominci a scrivere, io voglio sapere tutte le aziende che hanno pagato e lei mi deve fare i nomi, io non voglio filosofie, voglio nomi, nomi cognomi: chi, come, dove e perché». Entrava e usciva dalla stanza, interrogava contemporaneamente altre tre persone e ogni tanto tornava: «Fuori i nomi, lei ci deve dare le chiavi della siderurgia».

E lei?
«Io replicai: |“Ma scusi, io sono stato arrestato per via di una pratica, parliamo di questa pratica”. E lui: “No, io voglio parlare della siderurgia, lei mi deve dire tutte le aziende siderurgiche della Lombardia che hanno pagato tangenti. Voglio i nomi e se lei non me li dice resterà qui dentro tanti di quei mesi che le farò perdere io qualsiasi…” adesso non ricordo il termine preciso, insomma ogni velleità. Questa tortura è durata sei ore, ma senza tempi morti sarebbe durata mezz’ora».

E tornò in cella.
«Da inquisito non rividi più Di Pietro. Tempo dopo il pm Paolo Ielo, persona di grande correttezza, m’interrogò quel tanto che bastava per capire che non c’entravo nulla. E mi liberò».

E poi?
«Per più di un anno nulla. Niente interrogatori, niente confronti, niente accertamenti patrimoniali. Finché all’inizio del 1995 apprendo che la Procura di Milano ha inviato il fascicolo a Roma per competenza».

Come al solito. E a chi?
«Al pm Antonino Vinci».

E lui che cosa le disse?
«Nulla, non mi ricevette mai, né si preoccupò d’incontrarmi. Dopo un po’ chiese l’archiviazione. La sentenza diceva: «In sostanza nessun addebito può esser mosso al signor Kraus [e a Vittorio Barattieri, nda] neanche sotto il profilo formale».

Fine della storia.
«Si fa per dire. Il carcere è il carcere. Ho un figlio che essendo molto piccolo non ne risentì, ma mia figlia di otto anni, insomma… ha avuto dei problemi».

Nel senso che è rimasta turbata?
«Non è semplice da spiegare… per molto tempo continuò a disegnarmi… a disegnare il suo papà dietro le sbarre di una cella».

Riassunto. Un pubblico ministero saltabecca da un interrogatorio all’altro dicendo «parla o stai dentro» a uno e più venturi innocenti, spalleggiato da avvocati che non credono neppure ai loro clienti. Tutto questo basandosi sulla sola parola di un millantatore la cui parola non viene neanche sottoposta a verifiche.

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Nessun commento presente per “Di Pietro. La storia vera”

  1. Filippo Facci dice:

    Monday, 14 September 2009 alle 10:32

    Non è un’anteprima.
    E’ un esergo che c’è prima che il libro cominci.

  2. Felice Evacuo dice:

    Monday, 14 September 2009 alle 21:45

    Corro a comprarlo!!!!!!!!!!!

    P.S. Mi è finita la carta igienica.

  3. Fabrizio Spinella dice:

    Monday, 14 September 2009 alle 22:27

    Ben ritrovati, anche con Facci, il cui libro leggeremo volentieri per amareggiarci ancora di più.
    Prima osservazione elementare: io vorrei conoscere gli esaminatori di Di Pietro a Giuriprudenza, il relatore della sua tesi di laurea, l’esaminatore di Di Pietro al concorso per magistrato e il mandante giudiziario e i miseri o pavidi avvocati che hanno consentito a Di Pietro di tenere quel comportamento. Per dire loro, semplicemente: fatevi un esame di coscienza.
    Seconda osservazione elementare: si è sempre detto che i poteri occulti hanno eliminato in Italia, anche fisicamente, i magistrati che davano loro fastidio. Ma nessun potere occulto ha agito per provocare qualche incidente automobilistico o qualche “suicidio” a Di Pietro, lasciato invece libero di fare il grande inquisitore border line. Se ne potrebbe dedurre che Di Pietro sia stato funzionale ai poteri occulti, anche quirinaleschi, che hanno impedito che egli finisse in una scarpata.
    Terza osservazione meno elementare: sarebbe interessante sapere il nome di chi eventualmente avesse speso una segnalazione a favore di Di Pietro al concorso per commissario di polizia o al concorso per magistrato. Il fascicolo dell’ex commissario di polizia dovrebbe trovarsi ancora al Viminale, con tutte le note. Renderlo pubblico potrebbe servire magari a fugare ogni nostro dubbio.

  4. Dean Keaton dice:

    Tuesday, 15 September 2009 alle 00:54

    Infatti.
    Questa intervista si trovava già nella vecchia biografia pubblicata nel 1997 (pagg. 240-242).

    Lo richiedo, visto che su Facebook mi hai cancellato il messaggio.
    A quando una vera anteprima Filippo?

    Saluti

  5. Filippo Facci dice:

    Tuesday, 15 September 2009 alle 10:16

    A me Dean Keaton mi ha un po’ rotto. Non so se abbia un’occupazione, ma so che passa gran tempo a contabilizzare se una cosa io l’abbia già scritta o no. A parte un detto apposito («Nulla è più inedito dell’edito») ebbene sì, l’intervista da cui è tratto l’esergo è uscita dodici anni fa su un mio altro libro: e allora? Quanti credi che la conoscano? Il mio libro oltretutto vuole rivolgersi anche a gente che nel 1997 giocava con le macchinine, non a topi d’archivio.
    Il mio libro di parti inedite ne ha centinaia, ma sono in maggioranza tante e piccole, non presunti scoop da anticipare ai giornali per allettare l’acquisto di un libro che per il resto sia scialbo. Ho scritto 550 pagine, cazzo me ne frega delle anticipazioni ‘vere’ o presunte.

  6. Dean Keaton dice:

    Tuesday, 15 September 2009 alle 15:02

    Il detto di Mario Missiroli (strano che in questi giorni nessuno l’abbia chiamato in causa a proposito del suo celebre editoriale contro Mussolini “Chiamata di correo”) recita che “in Italia nulla è più inedito dell’edito”.
    In Italia. Appunto. Dove i tuoi articoli degli ultimi cinque anni sul Giornale li potresti tranquillamente riproporre su Libero per i prossimi cinque (non vale solo per te, s’intende) e gran parte della gente nemmeno se ne accorgerebbe, a parte quegli sfigati dei topi d’archivio che con un po’ di memoria ed un indice dei nomi fanno ciò che ai giorni nostri sembrano meraviglie.
    Il libro lo comprerò comunque e, se farai qualche presentazione, troverò il tempo per venire a farmelo autografare.

    Ora vado a lavorare. Oppure no?

    Ciao Filippo

  7. sandro fornettini dice:

    Tuesday, 15 September 2009 alle 22:30

    Trovo assolutamente paradossale che il promo di un nuovo libro sia contenuto in un vecchio libro e che l’autore, seppur candidamente, lo ammetta

    Ps. io nel 97 giocavo con le macchinine

    salutini
    sandrino

  8. sandro fornettini dice:

    Tuesday, 15 September 2009 alle 22:31

    Di Pietro, la storia vecchia
    di Filippo Facci

  9. Filippo Facci dice:

    Tuesday, 15 September 2009 alle 22:35

    Ma che promo de che? E’ una roba che ho messo su Facebook.

  10. CINZIA CAPO dice:

    Wednesday, 16 September 2009 alle 14:02

    Filippo ma che significa che ti sei dimesso da Mediaset??
    Non ci sei piu’ al mattino?
    Ho capito bene??

  11. Venticello dice:

    Wednesday, 16 September 2009 alle 19:00

    No no è sempre lì a fare le pulci a Berlusconi.
    Vedessi le legnate che gli sferra tutte le mattine!
    Parla sempre di escort, Noemi, conflitto d’interessi, pluralismo nell’informazione, insomma una vera spina nel fianco di Silvio.
    Per non parlare poi di Brachino, Belpietro, Studio Aperto, Tg5…..

  12. Wn dice:

    Thursday, 17 September 2009 alle 11:01

    Oh-Oh, Filippo ha sculacciato Dean.

    (non c’è peggior cosa di quando un tuo mito ti si rivolta contro)

    Ei Filippo, quindi non eri tu l’altra mattina a “Mattino 5” a duettare con il buon Brachino di Libertà d’Informazione, e a ridurre il caso “Le prostitute di Papi” a semplice voyeurismo giornalistico?

    La scena mi è rimasta impressa, ero a casa e ho fatto l’incredibile errore di premere il CINQUE … Brachino riprende il filo del tuo discorso, e con un’arguzia unica rigetta qualcosa di questo tipo, mettendosi in collegamento con Francesco Specchia:

    ” …. siccome non c’è libertà di stampa, vero Filippo?, ci colleghiamo con un giornale che non è il nostro …. (suspense) … (doppia suspense, chi chiameranno, D’Avanzo? Sartori? De Gregorio?) … ci colleghiamo con LIBERO! …”.

    Avesse detto Liberation! Ma proprio il tuo LIBERO no! Era serio, era serio … Occhio a non trasgredire troppo eh, Cuor di Leone.

    Wil

  13. Dean Keaton dice:

    Thursday, 17 September 2009 alle 13:38

    La stima è cosa seria.
    La mitizzazione si addice di più a quelli come Wil.

    Saluti

  14. CINZIA CAPO dice:

    Friday, 18 September 2009 alle 10:02

    Sei ancora li Filippo..ti ho appena visto e ascoltato quindi,avevo capito male…
    Ciao.

  15. asdrubale dice:

    Friday, 18 September 2009 alle 12:18

    Ma voi lo sapete che nel blog di Alessandro Gilioli

    http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/

    è vietato scrivere la parola “ingegnere”?. Chissà perché poi.

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