Umberto Eco versus Enrico Arosio. Tutta la verità su quella sera a casa di Inge Feltrinelli, sull'articolo de L'espresso e sui giorni seguenti

Wednesday, 20 August 2008
Pubblicato nella categoria ARTICOLI

 

Della polemica tra Umberto Eco (foto a sinistra) e il caporedattore de L’espresso Enrico Arosio (foto a destra) avevamo parlato in passato (leggi qui per rinferscarti la  memoria). Oggi riportiamo un interessante comunicato di “Senza Bavaglio”, gruppo sindacale di giornalisti milanesi. E’ un attacco alle massime gerarchie de L’espresso, al Corriere della Sera e allo stesso Eco.  (gmast)

di Senza Bavaglio

Non immaginavamo neppure da lontano che la redazione delsettimanale L’espresso, una delle voci più meritevoli del panorama giornalistico e civico italiano, fosse composta anche da “sicofanti” e da gente che fa addirittura concorrenza a Renato Farina in comportamenti da “agente dei servizi deviati”. Eppure a dirlo, anzi a scriverlo è nientepopodimenoché Umberto Eco, per giunta proprio su L’espresso: per l’esattezza, a pagina 87 del numero arrivato in edicola lo scorso venerdì 16 luglio, dove si accusa in modo fin troppo pesante il collega Enrico Arosio. Che, si noti bene, non è un collaboratore qualunque, bensì il caporedattore di Milano di quel settimanale.

In servizio a L’espresso fin dai tempi perduti di via Po a Roma, vale a dire fin da quando il settimanale in questione si chiamava ancora L’Espresso, con la E maiuscola anziché minuscola come da qualche tempo, Arosio pur essendo diventato caporedattore non è un culo di pietra: laurea di tipo umanistico conseguita in Germania, spazia e scrive ancora a tutto campo, cultura compresa.

All’autore de “Il nome della rosa” e di “Baudolino”, da decenni il più famoso collaboratore de L’espresso oltre che il più famoso intellettuale italiano nel mondo, non è però piaciuto come il collega ha riportato – sul numero precedente – una cena mondano-culturale nella quale l’altro ospite di gran nome era Günter Grass. A Eco in linea di massima non gli si può non credere. In linea di massima. Però in questa brutta faccenda c’è qualcosa che non quadra, checché ne dica Eco.

Non quadra che il direttore responsabile de L’espresso abbia permesso la pubblicazione di un testo così pesante senza una propria replica e senza neppure una replica di Arosio, privato così della possibilità di dire la sua e difendersi. Ovvero: un collega è stato mandato al macello legato mani e piedi e pure imbavagliato: per noi di Senza Bavaglio è un po’ troppo.

Non quadra che l’irricevibile missiva di Eco sia stata messa non nella rubrica delle lettere al direttore, bensì inserita nel settore Attualità, sotto forma di articolo con tanto di titolo a tutta pagina: “Quella sera da Inge”, dove per Inge si intende Inge Feltrinelli. Non manca neppure il corredo fotografico, realizzato con un bel primo piano del “penzoso” Umberto dotato di occhialoni da studioso e mezzo sigaro toscano d’ordinanza in bocca (spento, per fortuna).

Non quadra che Arosio si sia volatizzato, risultando improvvisamente in ferie. E’ ovvio sospettare che queste strane e inopportune ferie gli siano state imposte, perché nessuno si imbavaglia e si eclissa davanti al nemico in questo modo, lasciandosi scagliare addosso di queste sassate.

Non quadra che il Corriere della Sera si getti a capofitto sulla vicenda, copiando e pubblicando per intero in terza pagina il pezzo di Eco per L’espresso, valorizzandolo con un articolo di commento che di fatto sposa la sua versione, ma cavandosela per quanto riguarda Arosio con uno sbrigativo “risulta in ferie”. Messa così, pare che Arosio l’abbia fatta davvero grossa e sia pure scappato. Non quadra la mancanza sul Corriere di un particolare: l’assemblea di redazione di giovedì 15, messa al corrente dell’intera vicenda per iniziativa dello stesso Arosio, gli ha espresso senza eccezioni e senza tentennamenti la propria solidarietà.

Una solidarietà niente affatto di maniera o di facciata o di bottega, ma molto argomentata. Chi ha partecipato all’assemblea preferisce non fare commenti di nessun tipo, bocche chiuse a catenaccio, segno che ci devono essere state critiche non leggere o a Eco o al direttore Daniela Hamaui o più probabilmente a entrambi.

Ma che cavolo è successo “Quella sera da Inge” da avere fatto infuriare così tanto Eco? Mettendo assieme quanto scritto da lui stesso e quanto già noto tra addetti ai lavori prima della tempesta , è successo che la signora Inge Feltrinelli, angelo custode della omonima casa editrice, ha organizzato per la sera dello scorso 28 aprile una cena a casa sua invitando, tra gli altri, Eco, Grass e Arosio. A quest’ultimo, che nel corso della cena ha fatto da interprete tra gli altri due, la padrona di casa ha detto chiaro e tondo che lo invitava perché poi facesse per L’espresso un bel reportage della serata. Come in effetti è poi avvenuto. Tutto lineare, semplice, chiaro e pulito. Oltre che professionale.

Come si vede, siamo ben lontani dal poter dire, come ha invece purtroppo scritto Eco, che “Arosio era stato incaricato (non so da chi) di registrare artatamente (e tra l’altro a memoria) le conversazioni ivi intervenute, come un agente dei servizi deviati”.

Se la padrona di casa non aveva avvisato Eco, che c’entra Arosio? Assolutamente nulla, è ovvio. Ci si lamenta che si sia affidato alla memoria anziché al registratore? Ma Eugenio Scalfari si è sempre vantato, da tutti riverito e da nessuno criticato, che lui era solito trasformare, anche dopo vari mesi, i colloqui per esempio con Guido Carli in testi a questi attribuiti. Perciò non si può neppure accusare Arosio di non avere registrato o cartabollato il tutto magari col notaio.

Ma allora dov’è il problema? Lo spiega Eco: il problema è che Arosio ha pubblicato sì un ottimo reportage, informato, saporito e diveretente, ma senza sostituire tutte le parole ovviamente dette in libertà – come per esempio “la Arendt scopava con Heidegger” – con termini più paludati e, soprattutto, senza che qualcuno si peritasse di verificare con il professor Eco almeno il virgolettato attribuitogli.

Tutto qui? Tutto qui. Come si vede, un po’ poco per dare del “sicofante” e per parlare di “sfregio a una nozione corretta e civile di giornalismo”.

Nulla giustifica l’ingiustificabile accusa, lanciata due volte, di  comportamenti da “agente dei servizi deviati”. Eco è un grande intellettuale, ma qualcuno dovrebbe avvertirlo che il reato di lesa maestà è stato abolito da un pezzo, il delirio di onnipotenza può essere fuorviante e l’Eco-centrismo non è detto sia una virtù. In quanto al voler vedere prima il virgolettato, sorvoliamo: è meglio.

Restano da fare due considerazioni:

– E’ molto amaro dover constatare che un direttore di Libero come Vittorio Feltri difende a spada tratta un suo giornalista come Renato Farina, colto con le mani nel sacco dei servizi segreti veri, mentre invece il direttore responsabile de L’espresso non solo non difende un suo caporedattore da accuse immaginifiche come quelle lanciare da Eco, ma addirittura lascia che siano messe per iscritto sul suo giornale.

– Dato che c’è da rinnovare il Contratto nazionale di lavoro giornalistico, forse è giunto il momento di smetterla di applicarlo anche ai direttori, visto il punto cui siamo arrivati.

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  1. Fabrizio dice:

    Wednesday, 20 August 2008 alle 12:09

    Avete aspettato che fosse vecchio, per capire che Umberto Eco, dietro la sua logica e il suo humour, nasconde un cuore di intollerante. Il suo motto potrebbe essere quello di Paul Claudel (fatta la debita differenza tra i due autori): “Tolleranza? Esistono case apposta per questa roba”.

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