Facci maniaco del copincolla. Da due giornalisti del gruppo Espresso (uno ex) gli argomenti su Travaglio
Saturday, 21 June 2008di Alessandro D’Amato *
Le cose sono andate così: un collaboratore de l’Espresso, Gabriele Mastellarini, critica l’autore de “L’odore dei soldi” perché, in una memoria difensiva presentata al tribunale di Torino in occasione della querela presentata contro di lui da Fedele Confalonieri, sostiene che la rubrica de L’Unità da lui firmata aveva – ed ha – un carattere “satirico“. Insomma, scherzava quando affermava che “Confalonieri dovrebbe guardarsi allo specchio e sputarsi“. Non diceva sul serio. Nonostante tutti i suoi lettori pensassero il contrario, probabilmente. La rubrica ha un carattere satirico, ovvero castigat ridendo mores, e si vede che a Travaglio l’idea di uno che si guarda allo specchio e si sputa in faccia fa ridere. Son gusti.
Le frasi di Mastellarini vengono riprese da quel maniaco del copincolla di Filippo Facci. Il quale, da quando ha clonato D’Avanzo trovando finalmente un argomento vero sul quale sfottere Travaglio, è diventato maniaco dell’internet e fan di Google. Forse il passatempo della rete potrà finalmente consolarlo dal fatto che lui ha passato anni per trovare un argomento polemico valido nei confronti di Travaglio, e due giornalisti del gruppo Espresso ci hanno messo due minuti per essere mille volte più incisivi di lui. Ma ubi maior, minor cessat.
Facci fa anche un po’ di confusione, sbagliando il nome di Mastellarini (lo chiama Palombarini), ma l’emozione di scrivere finalmente qualcosa di serio fa brutti scherzi. Come che sia, il giorno dopo Mastellarini manda una smentita al Giornale, ma poi sempre sul suo blog informa i lettori che Travaglio ha preso male la cosa, e prima gli ha fatto una telefonata dai toni durissimi, e poi gli ha mandato degli sms. Che, molto inelegantemente, Mastellarini pubblica.
Da quel momento, accade qualcosa di non molto bello. Il giornalista viene a sapere di essere stato “sospeso a tempo indeterminato” dalla collaborazione con l’Espresso, dove Travaglio tiene una rubrica. Chiede un incontro al direttore Daniela Hamaui, ma questo fa sapere tramite la sua segretaria di avere l’agenda piena. Mastellarini scrive a Libero, su richiesta del direttore, per raccontargli la storia, e manda anche una “lettera aperta” a Io Padre Fondatore Eugenio Scalfari, chiedendo aiuto. Barbapapà nemmeno se lo fila. E così un collaboratore valente del giornale di via Cristoforo Colombo, che aveva anche pubblicato una notizia che aveva fatto incacchiare Augusta Iannini, moglie di Bruno Vespa, finisce defenestrato senza tante spiegazioni.
Mastellarini dice chiaramente che secondo lui è tutta colpa di Travaglio: “E’ verosimile che Travaglio abbia chiamato la Hamaui mettendo sul piatto il buon nome de l’espresso e SOPRATTUTTO IL SUO POTERE CONTRATTUALE DI FIRMA CONOSCIUTISSIMA AL GRANDE PUBBLICO, ”inducendo” la direttrice alla mia cacciata. Io avevo scritto (e Facci l’ha riportato) che Travaglio non legge neanche l’espresso e questo per lui è un colpo durissimo;“.
Nel frattempo accade qualcos’altro: Io Padre Fondatore risponde a Mastellarini, senza rispondere nel merito (e il giornalista gli dedica uno “chapeau” di cui non si capisce il significato), e Travaglio controreplica a Libero: “Posto che non mi ero nemmeno accorto che fosse iniziata (la collaborazione di Mastellarini con L’Espresso, ndr) finché costui non ha iniziato ad attaccarmi sul suo blog (subito ripreso dal Giornale), vorrei solo precisare che non mi sono mai occupato della sua collaborazione con l’Espresso, non avendo alcun titolo per farlo e avendo fortunatamente di meglio da fare“.
Smentita di prammatica? Però, se Travaglio non sa che Mastellarini collabora con l’Espresso, significa che davvero non legge il giornale su cui scrive. Contro-contro-replica: “So benissimo che Travaglio non ha titoli per influire sulle scelte editoriali dell’Espresso. Una testata così autorevole non può certo farsi rappresentare da chi non ha autorevolezza in campo giornalistico. Nell’articolo lamentavo di non aver ricevuto una risposta dalla direzione dell’espresso (e non da Travaglio, ciò che lui pensa mi è completamente indifferente)“. Nella polemica, tanto per non farsi mancar nulla, entra anche Guzzanti padre che non fa mancare la sua sententia disinformata dei fatti.
Io, però, come dicevo all’inizio, non mi sento di attaccare Marco Travaglio in questa occasione. Perché, intanto, non mi è piaciuto che nella vicenda si siano pubblicati discorsi destinati a rimanere privati (resoconti di telefonate e sms), e la scusa che ormai fossero pubblici in quanto si riferivano a una vicenda pubblica, mi sembra appunto una scusa. Poi, in quanto non vi è alcuna prova che Travaglio sia andato davvero a far pressione per far licenziare un collega: non è una cosa elegante, non è bella.
Credo sarete tutti d’accordo: se l’avesse fatto, sarebbe davvero un brutto gesto. Perché i fatti privati tra due giornalisti – oppure quelli pubblici, ma che non accadono all’interno della stessa struttura editoriale – non dovrebbe causare il “licenziamento” – o la chiusura della collaborazione – con uno dei due, peraltro senza giusta causa visto che gli scambi partivano da una polemica in cui aveva ragione Mastellarini: la sentenza c’era, la notizia che Travaglio definisse semplice “satira” la sua Rubrica Morale su L’Unità pure. Tutto in regola, insomma.
Ma io sono garantista sempre, non solo quando conviene. E’ per questo che posso tranquillamente dire che, in assenza di fatti che suffraghino le supposizioni di Mastellarini, non si può condannare Travaglio.
Voi, invece, i suoi fan, che questo ragionamento non l’avete mai applicato a tutti quelli che, a torto o a ragione, vi sono stati indicati come nemici, invece? In base alla vostra logica e al Metodo Travaglio, cosa pensate di questa storia?
* Tratto da giornalettismo.com (http://www.giornalettismo.com/archives/1018/sarebbe-troppo-facile-attaccare-travaglio-stavolta/)

ernesto guerrini dice:
Saturday, 21 June 2008 alle 23:54
Egregio Alessandro d’Amato,
La satira deve per forza fare ridere eh?
http://it.wikipedia.org/wiki/Satira
Vada, vada.
Vada e legga il significato di una parola a Lei ignoto.
Se questo è il Suo grado d’istruzione non oso immaginare quello di chi la pubblica.
Se wikipedia non Le va bene, in casa avrà senz’altro un vocabolario.
Usi quello.
Trillo dice:
Sunday, 22 June 2008 alle 02:10
Concordo sul fatto che la vicenda ha dell’inverosimile, e non credo che Travaglio abbia influito sulla forzosa uscita di Mastellarini dalla redazione de l’Espresso. Devo concordare anche sulla discutibile pubblicazione di messaggi privati, oltretutto non mi sembra che chiariscano la situazione.
Spero che al più presto il vero motivo della estromissione di Mastellarini venga svelato, e che abbia larga eco. Tanto per sapere come funziona l’informazione in Italia, in qualunque redazione.
Certo però, vero o no che Travaglio sia coinvolto, ai non simpatizzanti di tutti e due non sembra vero di poterci sguazzare.
L’unica cosa certa è la vergogna dell’allontanamento di Gabriele !!!
Giuseppe dice:
Sunday, 22 June 2008 alle 08:57
Quello che viene fuori da questa “comica” è che essendo Travaglio un personaggio ” molto più letto e molto più pubblico dei vari facci & company ” si cerchi sempre qualcosa per screditarlo,non potendolo smentire con i fatti che Lui racconta.
enrix dice:
Sunday, 22 June 2008 alle 09:47
Vedo che qui si fa largo uso di “petitio principii”, una classica forma retorica di cui si avvale chi vuole distorcere i fatti.
Lo sberleffo di Travaglio sulla perdita della faccia di Confalonieri, non è assolutamente il fuoco della vicenda.
Né lo è, come vuole farci credere Travaglio, se i suoi articoli sull’Unità rappresentino una rubrica di satira, o meno.
Il punto è che Travaglio nelle sue rubriche di “satira” espone fatti che nessuno dei suoi lettori oserebbe mai pensare come falsi o distorti come può avvenire nella Commedia dell’arte.
Egli si proclama da sempre cronista e giornalista che si attiene rigorosamente ai fatti, e mai nessuno ha osato ed osa pensare che la sua ironia potesse arrivare sino al punto di scrivere falsità col pretesto dello scherzo o della caricatura.
Il punto centrale della condanna di Torino, è l’affermazione ove egli sostiene che Confalonieri sarebbe “il massimo rappresentante di un’azienda che finanziava illegalmente Craxi, CORROMPENDO GIUDICI ed ufficiali della Guardia di Finanza, falsificava bilanci, frodava il fisco, accumulava fondi neri, SCAMBIAVA MAFIOSI PER STALLIERI, da vent’anni commissiona o si scrive direttamente leggi su misura guadagnandoci migliaia di miliardi, da 12 anni viola due sentenze della Corte Costituzionale e collaborava pure a truccare i campionati…”
Ora, poiché Mediaset è una società quotata in borsa e poiché le falsità contenute nella frase precedente la diffamano e quindi diffamano gli azionisti, Travaglio chiamato in causa si difende nel solo modo possibile, e cioè facendo presente che:
“- egli curava per il quotidiano l’Unità la rubrica “Uliwood Party”, di evidente contenuto satirico, nella quale, prendendo le mosse da un fatto di cronaca accaduto immediatamente prima, esprimeva la sua opinione, spesso negativa e assai severa, senza però sconfinare nell’insulto gratuito o nel dileggio.
– che anche l’articolo oggetto di doglianze da parte degli attori era stato scritto con tali modalità e senza che fosse ravvisabile un contenuto diffamatorio, ma solo un legittimo esercizio del diritto di critica”.
Ora, molto semplicemente e con sacrosanta ragione, il Giudice rileva quanto segue: “deve osservarsi che le condotte (illecite) attribuite dal Travaglio a Mediaset sono specifiche e ben individuate, sicchè il riferimento a tali eventi potrebbe ritenersi lecito soltanto se rispondente al requisito della “VERITA”’, (giacchè per questa parte di articolo deve ritenersi che si faccia “cronaca” e non “critica”, essendosi limitato il giornalista ad elencare una serie di reati e/o di condotte illecite). (…) Poiché il giornalista ha elencato le “nefandezze” di MEDIASET in termini di “certezza”, – senza cioè specificare che si trattava di ipotesi di accusa non (ancora) accertate, – ovvero che erano riferite a terze persone-, tali notizie devono ritenersi non conformi al principio della “verità”, e pertanto devono ritenersi sussistenti gli estremi del reato di diffamazione.”
E si badi bene che il giudice giunge a questa ed alle altre conclusioni dopo avere posto questa compiuta premessa: “Appare opportuno precisare sin da subito che in tale articolo sono ravvisabili prevalentemente i caratteri della “critica” e, in parte, della “cronaca”, (LADDOVE IL GIORNALISTA SI SOFFERMA AD ELENCARE UNA SERIE DI CONDOTTE COSTITUENTI REATO), mentre, contrariamente a quanto sostenuto dal convenuto, non sono ravvisabili i caratteri della “satira”. Questa infatti è una modalità di rappresentazione di fatti e/o di persone, che mira a suscitare ilarità nel pubblico, proponendo le vicende o i personaggi di cui si occupa con forme espressive umoristiche e paradossali (…): tali caratteristiche non sono in alcun modo ravvisabili (come meglio si vedrà di seguito) nella pubblicazione oggetto del presente procedimento, ove il TRAVAGLIO, senza intenti umoristici, esprime la sua (indignata) opinione su alcune vicende connesse a “Calciopoli”.
Ora, chi sa leggere l’italiano e sa anche capirlo, visti gli stralci della sentenza qui sopra non può che convenire che scrivere: “in una memoria difensiva presentata al tribunale di Torino in occasione della querela presentata contro di lui da Fedele Confalonieri, sostiene che la rubrica de L’Unità da lui firmata aveva – ed ha – un carattere “satirico“. Insomma, scherzava quando affermava che “Confalonieri dovrebbe guardarsi allo specchio e sputarsi“. Non diceva sul serio. Nonostante tutti i suoi lettori pensassero il contrario, probabilmente. La rubrica ha un carattere satirico, ovvero castigat ridendo mores, e si vede che a Travaglio l’idea di uno che si guarda allo specchio e si sputa in faccia fa ridere. Son gusti.”, come fa D’Amato, oppure scrivere “Il fatto poi che i miei legali abbiano ricordato, in una causa civile intentatami da Mediaset, che tengo una rubrica satirica sull’Unità, dipende dal fatto che tengo una rubrica satirica sull’Unità, intitolata prima”Bananas”, poi “Uliwood Party”, infine “Ora d’aria”. Rubrica talmente satirica da avermi fatto vincere il premio Satira di Forte dei Marmi 2007.”, come fa lo stesso Travaglio, significa fuorviare il lettore ignaro dai veri contenuti e dalle vere motivazioni della sentenza, che naturalmente esulano dalla circostanza del titolo della rubrica, dal suo carattere fortemente satirico, o da quella dei “premi Satira” vinti da Travaglio.
La rubrica sarà anche satirica, ma quello che ha scritto Travaglio non lo è, né viene così interpretato dai suoi lettori quando egli si sofferma su fatti, eventi o contumelie, come invece vuole far credere Travaglio nella sua difesa.
Questo è quello che scrive il Giudice. Ora quindi non facciamo i furbi cercando di cambiare le carte in tavola, o frugando in Wikipedia cercando appigli che non ci sono e non c’entrano nulla.
Arturo Zulawski dice:
Sunday, 22 June 2008 alle 13:18
Il punto è che Travaglio nelle sue rubriche di “satira” espone fatti che nessuno dei suoi lettori oserebbe mai pensare come falsi o distorti come può avvenire nella Commedia dell’arte.
Perché tanta supponenza Enrix?
nessuno dei suoi lettori mai.
suvvia!
enrix dice:
Sunday, 22 June 2008 alle 15:38
Arturo, le eccezioni in genere confermano le regole.
Ed io in giro ne vedo comunque pochissime.
Mai fatto un giretto su voglioscendere?
Son pronti tutti a gettarsi nel classico pozzo.
In ogni caso il Giudice non valuta in ragione delle eccezioni, ma di chi i postulati diffamatori se li beve.
il fatto che esista la possibilità di leggere una bugia con spirito critico, non giustifica comunque l’atto dello scriverla.
Arturo Zulawski dice:
Monday, 23 June 2008 alle 03:57
Caro Enrix,
il fatto che lei si sia fatto un giretto su voglioscendere non giustifica la cronica frase che lei ripete ad libitum
Nessun lettore di Travaglio mai.
E questo da tempo.
Un po’ come dire che tutti i telespettatori si bevono il discorso prodotto dalle tv di Berlusconi.
Ancora una cosa: il Giudice valuta in ragione di quanto è definito dai codici e da quanto ritiene offensivo quanto scritto da Travaglio. Quanto i lettori bevano o meno non c’entra un’acca, un fico secco. Si tratterebbe anche in questo caso di supponenza. Io al primo grado mi attengo. Non considero diffamazione quanto scritto da Travaglio ma ciò non conta nulla. Conta quanto deciso dal giudice. Ed è proprio questo il limite che la legge pone a chi scrive. Ed è proprio questo il limite posto dalla satira che si muove al limite. E che per Dio, sia detto ancora una volta, non deve decessariamente far ridere.
saluti
az
enrix dice:
Monday, 23 June 2008 alle 08:56
Arturo, non per voler essere pedante, ma non sono d’accordo con quanto scrivi.
Quello della valutazione soggettiva delle informazioni passate dal giornalista è una delle componenti delle motivazioni dei giudici in questi casi, i quali fondano il giudizio nelle cause per diffamazione proprio sulle potenzialità che l’informazione diffamatoria ha sul cittadino “medio”, considerando questo come oggettivamente incapace, ai fini giuridici, di distinguere oltre le apparenze.
Tant’è vero che in un punto della comparsa di difesa Travaglio argomenta scrivendo:
“Non può sfuggire, neppure al lettore più distratto…come nessuna condotta illecita, soprattutto se penalmente rilevante, possa essere ascritta ad una persona giuridica, posto che la responsabilità penale è personale”.
E guarda un po’ come risponde il giudice:
“la circostanza che una persona giuridica non possa commettere alcun reato, non può essere considerata “nota a chiunque” (e in particolare al “lettore medio”), trattandosi di un principio non certo “scontato” tra la GENTE COMUNE.”
Questa non è supponenza, ma è criterio giuridico di base.
Nel caso specifico di Travaglio, il paragone con la presunta dabenaggine dei telespettatori delle TV di Berlusconi, è improprio.
Infatti nel caso dei lettori-ammiratori di Travaglio, è una delle componenti critiche fondamentali quella di considerare la parola del loro priore come distinta da tutte le altre proprio in quanto a veridicità e pertinenza intrinseche. (cosa che per i telespettatori di canale5 ecc…, è certamente molto meno vera).
A questo mi riferisco quando ti rimando a voglioscendere, dove la frase di rito è: “se non ci fossi tu a dirci le cose come stanno…”.
Posso correggermi se vuoi, e sostituire “nessun lettore di travaglio mai” con “il lettore di Travaglio in generale”, riconoscendoti le eccezioni.
Ma la sostanza resta la stessa.
Daniele dice:
Monday, 23 June 2008 alle 11:01
A me pare che il concetto di satira di qualcuno qua sia fermo al Bagaglino…
Arturo Zulawski dice:
Monday, 23 June 2008 alle 13:49
Caro Enrix:
punto primo. Non può sfuggire neppure al lettore più distratto. Appunto. L’errore consiste nell’aver reso omogenea la persona giuridica e la persona. Dunque, secondo il diritto questa distinzione è netta e non è data dal lettore, anche il piu distratto. Mentre il lettore attento può capire che Confalonieri è pure -simbolicamente- Mediaset.
Punto secondo: la differenza che lei pone tra Travaglio e Berlusconi è a sua discrezione. Potrei appunto dire che tra gli elettori di Berlusconi una delle componenti fondamentali è quella di considerare la parola del premier come distinta da tutte le altre. Un esempio? La giustizia o “l’anomalia” berlusconiana. Premier più ricco del paese con più tv. Dunque quanto da lei sostenuto lascia il tempo che trova ed è unicamente opinione. Infatti, se non ci fosse il Cavaliere a dirci le cose come stanno, o a svelare che di processi politici si tratta, saremmo in mano ai comunisti, per esempio.
Il giudice recusa il fatto che la distinzione persona giuridica e non sia cosa nota a chiunque. Appunto, questa non può essere una giustificazione al fatto che il diritto protegge questa distinzione aldilà del senso comune. Ed è appunto in funzione dei regolamenti e non del senso comune, che il giudice esprime la sentenza.
L’argomento sentenza quale argomentazione che Travaglio sia bevuto dalla gente comune, o per argomentare il fatto che il giudice prenda posizione in funzione di questo senso comune (non misurabile e che non prevale sulla legge) è un ragionamento errato.
Un’altra cosa è discutere sul fatto che le regole a proposito della diffamazione siano nate da un’esigenza comune. Ed è appunto questa regola che regola il principio di diffamazione o meno. E non il sentir comune o generale, concetto astratto e populista utilizzato spesso a proposito. Come il termine in generale. Il lettore di Travaglio in generale non esiste, non vuol dire nulla. A meno che non sia un graduato dell’esercito.
Per quanto riguarda la differenza tra satira e comicità vale lo stesso principio. Il sentir comune confonde satira e comicità? Be, occorre verificare se questo sia vero. In ogni caso, oggettivamente, non si tratta della stessa cosa. La satira può far piancere, incazzare, indignare, dare acidità allo stomaco. Ma non è solo ed unicamente riso.
Arturo Zulawski dice:
Monday, 23 June 2008 alle 13:51
errata corrige: (…)concetto astratto e (spesso) populista, utilizzato spesso a sproposito(…)
paride moscati dice:
Monday, 23 June 2008 alle 16:13
FACCI MANIACO.
PUNTO E STOP.
ogni altra parola spesa, anche nel tentativo di ridicolizzarlo più di quanto faccia egli stesso con la sua professione, è una parola sprecata. inutile. gettata al vento.
Se fossi in travaglio sarei davvero divertito dal sapere che esiste un tizio a cui viene data la possibilità di scrivere sempre e solo cose sul mio conto (spesso inesatte, nel migliore dei casi pretestuose e strumentali, a volte persino false) su un quotidiano di tiratura nazionale.