Il gioco del caimano
Wednesday, 18 June 2008di Gabriele Polo (direttore de “il manifesto”)
L’impunità è il massimo della potenza. Il vero segno di «distinzione» del comando assoluto. Dagli imperatori romani ai sovrani moderni – finché rivoluzioni non li travolsero.
Sfuggire per legge alla legge è davvero il massimo, chi può farlo può tutto. Naturalmente lo si può fare in tanti modi. Quelli scelti da Silvio Berlusconi sono un mix di antico e moderno: tra una legislazione da creare ad hoc per difendere «l’istituto» (cioè l’uomo che l’incarna) e l’uso privatissimo del diritto ricorrendo alle norme già esistenti (ricusando i pro-pri giudici). Anche altre vie sono possibili: le cronache di ieri ci rimandano la via scelta da boss mafiosi e capi massoni siciliani, con un patto privato e segreto, come conviene in certi ambienti.
Ma, al di là del metodo, il fine è lo stesso: ritardare il più possibile il giudizio, puntando all’impunità finale. Essere innocenti a priori, non per sentenza.
Questi «paragoni» diventano inevitabili anche per degli ipergarantisti come noi. Silvio Berlusconi se li tira addosso e solo lui potrebbe evitarli comportandosi diversamente. Ma forse non può, un po’ per indole, un po’ per motivi più pratici. Il paradosso è che così facendo finisce per far felice l’opposizione, che solo in lui trova una ragione d’esistenza. Anche quando, come in questa legislatura e con una leadership molto accondiscendente, vorrebbe evitare ogni scontro e cercare l’accordo su tutto. Infatti, dal 13 aprile a oggi, il governo ne ha fatte di tutti i colori: sulla sicurezza, sul lavoro, sugli immigrati, sull’immondizia. E tutto è diventato «emergenza», senza trovare alcun contrasto nel Pd, al massimo qualche flebile obiezione.
Ora qualche dubbio comincia a circolare e Veltroni annuncia un temerario «adesso ini arrabbio». E s’arrabbia perché l’impunità berlusconiana scuote il mondo di riferimento del Pd, le istituzioni. Peccato davvero che, prendendosela solo con i privilegi del capo e lasciando stare tutto il resto, lanci un messaggio incomprensibile ai più. O, meglio, comprensibilissimo: la politica è un insieme di «affari privati», è tutto ciò che riguarda «gli addetti ai lavori».
Il «ritorno del caimano» è una grande occasione per l’opposizione, la conforta sull’unico terreno che sa ancora praticare. Ma se le manovre del premier mettono a rischio l’essenza stessa del diritto e vanno contrastate, bisognerebbe prendere in considerazione il fatto che la pretesa di porsi al di sopra della legge è il risultato di un potere costruito su tutti gli altri aspetti della vita pubblica. E affrontarli con altrettanto rigore. Altrimenti sembra un «gioco per pochi».
