INTERVISTA ESCLUSIVA A VINICIO CAPOSSELA CHE PRESENTA IL TOUR "DA SOLO"
Thursday, 4 December 2008Intervista a Vinicio Capossela di Enzo Angelini
“L’illusione è tutto nella vita”, la scritta campeggia su uno striscione appeso nell’androne del Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno. È il prologo allo spettacolo introdotto dal mago burlesque Cristopher Wonder (meraviglia) da Los Angeles, alto sui trampoli che s’avanza nella platea e, sotto il cilindro e baffi da topo, annuncia: “Ladies and gentlemen…” l’inaugurazione del tour “Da Solo” di Vinicio Capossela; tutto esaurito da settimane.
Mi pare che “Da solo”, rispetto agli altri dischi, segni un salto nella maturità intesa come omogeneità di registri musicali, atmosfere ed intenti…
L’organicità di questo lavoro è un po’ al centro. È un po’ un disco, per citare a sproposito un opera che amo moltissimo: “Le variazioni di Goldberg” (opera sperimentale di J. S. Bach nda) dove c’è un tema e poi ci sono tutte quelle le variazioni intorno a quel tema e finiscono con la 32/ma, che è la stessa dell’inizio. È un po’ come in questo disco dove, sia le strutture armoniche, sia le angolazioni narrative, vertono tutte attorno ad un tema che viene poi svolto con diversi tipi di locazioni geografiche ed anche di armonizzazioni orchestrali. Però, il nucleo di questa solennità, della forma dell’inno, è quella che sta dietro a tutti i pezzi. E questo non so se è una questione di maturità…Il problema é soltanto una questione di omogeneità. Per esempio – Ovunque Proteggi – era un disco dal punto di vista del suono completamente disomogeneo; ma volutamente, perché si dava un altro criterio che era quello di andare al fondo evocativo di ogni brano. Quindi, sia il genere che il tipo di suono erano completamente diversi brano per brano.
Musiche ed atmosfere di “Da solo” sembrano venir fuori dagli anni 20/30 negli Usa della grande depressione. Una semplice coincidenza con la crisi che s’annuncia oggi?
Mio malgrado, mi sono accorto di essere sempre stato un cantante pre-biografico. Fino ad adesso la pre-biografia si é occupata spesso di vicende della mia vita: prima le scrivi e poi ti succedono. Però, per uno strano meccanismo, fatalismo…L’evocazione, anche solo con gli strumenti usati: è un po’ l’età mitica dell’America, tutta l’opera di Woody Gutrie, le canzoni “Disaster songs” sulle grandi catastrofi: dal Titanic alle tempeste di polvere… Effettivamente, è imbarazzante veder il natural coagularsi di questi avvenimenti proprio in questi giorni d’uscita del disco. Certe cose sono delle figure come mitiche e vengono interpretate dall’attualità..
L’allestimento teatrale: costumi, parrucche, pannelli, pupazzi, accenni a coreografie, cresce sempre più nei tuoi spettacoli: chi se ne occupa e quanto lavoro comporta?
In questo caso me ne occupo io con la mia struttura di produzione che si chiama – La Cupa – che si avvale di valenti collaboratori. Io cerco di averli, non tanto per altisonanza di nomi; per contiguità, conoscenza diretta. In questo caso si avvale dell’opera di un amico, in arte – Dum Dum Arredamento -; lui ha concepito e costruito questa gigantesca gabbia da King Kong che raccoglie le attrazioni che io metto in scena nella seconda parte dello spettacolo. Poi, c’é lo scultore Stefano Bombardieri che ha fatto il maiale a due teste, il bambino ciclope. Ho pensato di usare dei side show banners che sono quei disegni con l’illustrazione delle attrazioni: questo l’ha fatto Davide Toffolo. Da una ditta di lunapark abbiamo fatto costruire l’insegna – Solo Show -. Insomma tante cose, c’è un lavoro molto dettagliato che è veramente un bellissimo e sinistro giocattolo che si avvale di una bellissima orchestra e dell’opera di Cristopher Wonder che viene dalla scena burlesque di Los Angeles.
La strada è sempre presente nei tuoi lavori, nei tuoi riferimenti letterari e cinematografici compreso “Da solo”. Concluderai il tour con quattro giorni sulla ribalta del Teatro Sistina a Roma: non temi di perdere l’odore della polvere?
No, l’odore della polvere viene portato dentro. Al Teatro Sistina non ci sono mai stato né come cliente che altro. Abbiamo scelto dei teatri che abbiano anche una storia, vocazione nel campo del varietà; qualcosa del music – hall. E tutto sommato, anche se attualmente passa per un teatro un po’ paludato…Questo anche in altri teatri che hanno questo tipo di tradizione in Italia. Ma la polvere non dipende dal teatro dove viene rappresentato. Il teatro ti ospita per 24 ore, dopo sono nella stessa polvere di prima.
Il tuo essere sensibile ed onnivoro nelle arti ti porta a sconfinare dalla musica in altri campi: la letteratura che si riflette nei testi e nella produzione narrativa, il cinema sempre fonte d’ispirazione, gli allestimenti teatrali sempre più presenti negli spettacoli. Pare inevitabile che dovrai misurartici più a fondo nel futuro. Per quel che mi riguarda non è questione d’essere onnivori: è solo questione che io non sono un musicista, sono un artista che fa della scrittura, della rappresentazione del mondo poetico che elabora, il suo mestiere. Questa è l’espressione, diciamo così, più naturale. Però, prima o poi mi piacerebbe moltissimo girare un western calitrano. I protagonisti parleranno calitrano e i sottotitoli saranno in inglese.

