Lo storico Luzzatto: "Libero è un giornale fascista", replica Giannino "Ma va a quel paese. Ricorda che hai recensito te stesso"
Tuesday, 19 August 2008Umberto Eco ha scritto che il fascismo non è certo ritornato nell’Italia di oggi, e che tuttavia lui comincia a «riavvertirne il profumo». È lo stesso profumo emanato da un giornale come Libero: chi voglia inebriarsene non deve spendere più di un euro. Io l’ho fatto il 14 agosto, ed eccomi servito. (…) Giornalismo d’alta scuola, in puro stile Farinacci. (Sergio Luzzatto, “Il Corriere della Sera”)
Risponde Oscar Giannino, vicedirettore di Libero e direttore di LiberoMercato (nella foto in alto con Silvio Berlusconi)
Fascisti a noi? Ma si rilassi, Farinacci sarà lei
di Oscar Giannino per Libero
Stiano tranquilli, gli esimi colleghi del Corriere della Sera. Questa volta, la scampano. Nessun camion scaricherà gli avanguardisti di Libero a via Solferino, per somministrare qualche sana bottiglia di ricino e lavare l’onta fattaci.
Scherzo, naturalmente. Ma, seriamente, mi domando: dove vogliamo arrivare? Perché a noi di Libero il Corriere ci ha dato dei fascisti sul serio, domenica, a firma di Sergio Luzzatto. Ha citato col naso arricciato qualche brano da Libero, il giovane storico genovese. Poi, la chiosa: «Giornalismo d’alta scuola, in puro stile Farinacci». Ma ci faccia il piacere.
Solo per rispetto a Paolo Mieli, non aggiungo: ma vai a quel Paese, caro Luzzatto, e vacci pure di corsa, vai. Laddove il rispetto per Mieli non è prò forma, visto che l’allievo di De Felice ha tutti i migliori titoli per giudicare il merito dell’accostamento. Che non sta in piedi da nessun punto di vista, e purtroppo dice solo molto, se non tutto, di chi lo compie. E dell’atmosfera malata nella quale, chiunque la pensi in maniera diversa dalla sinistra, diventi “fascista” tout court.
Potrei citare editoriali a dozzine scritti da Piero Ostellino, Angelo Panebianco, Ernesto Galli della Loggia, Pierluigi Battista e altri, proprio contro questo malvezzo. Ma li do per letti, perché più mi preme altro.
Che cos’è, che ha fatto salire il sangue alla testa al comasco studioso? Un editoriale di Vittorio Feltri nel quale non solo si mettevano alla berlina tutti coloro che chiedono più sicurezza per poi gridare al regime tirannico quando qualche provvedimento viene annunciato, ma si criticava anche lo stesso governo se, prima, annuncia l’identificazione dei nomadi, e poi si scopre che a provvedervi nei campi è la Croce Rossa.
Ci scusi lo storico, ma è tutto il contrario dell’apologià di regime che ci vedono lui, e il suo caro Umberto Eco citato quale massimo nume della lotta al fascismo di cui tornerebbe ad avvertirsi il sentore.
In più,Luzzatto continua e cita un brano di un articolo mio, nel quale criticavo duramente la politica estera del governo Berlusconi sulla vicenda della Georgia, tacciandola di filo-putìnismo «cagasottista». L’aggettivo è forte? Certo. E allora? Basta per essere tacciato di fascismo? Andiamo, con questo criterio Di Pietro è un Goebbels, Diliberto un Himmler. O tifa piuttosto per i regimi autoritari chi invece ha goduto, i primi giorni, innanzi a un’Europa che giustificava i tank russi, prima che Angela Merkel per fortuna ci mettesse una pezza, e tirasse su la schiena dicendo a Mosca quel che meritava a nome di tutto il continente?
Ecco, il punto vero è questo. Luzzatto non ha mai fatto mistero di fare “controstoria”, dal punto di vista esplicitamente rivendicato della sinistra. La sua trasmissione televisiva, “Altrastoria”, era un legittimo esercizio a tesi.
Come tutte le sue opere. È del tutto legittimo, per carità. Di storici comunisti sono piene le librerie e le accademie italiane. Il problema è che i vecchi comunisti, quelli cresciuti sull’idealismo di Croce, avevano ben chiaro che esistono gli anticomunisti democratici. Ci avevano perfino fatto la Resistenza insieme, prima di tentare di soggiogarli o emarginarli in tutti i modi, nella vita culturale e politica del dopoguerra. Per le giovani generazioni della “storia militante”, invece, ecco che il vecchio giochetto terantemazionalista toma a scattare.
E oplà, l’anticomunismo dichiarato diventa fascismo tout court. Silvio il nuovo Duce, e chi lo vota o ne scrive il suo lacchè. Chissà, Luzzatto di storia del fascismo ne ha scritto e ne sa abbastanza, dunque può essere pure che nel darci dei Farinacci abbia voluto implicitamente riconoscere un attenuante, visto che il gerarca resta famoso per le sue sanguigne critiche a Mussolini che il Duce malsopportava, fino ad estrometterlo dalla prima fila del regime.
Ma di questi complimenti, si fa per dire vero, ne facciamo a meno. Perché qui nessuno di noi è ras né al servizio degli agrari di Cremona né di nessun altro, sappiamo a malapena usar di penna e computer e di manganelli non sappiamo nulla.
Del resto, invece, Luzzatto che ci da lezioni è lo stesso che sul Corriere, il 17 maggio scorso, ha scritto un’altra vera perla. Recensendo il Diario di guerra di Bruno Trentin e polemizzando con Piero Melograni proprio per le sue critiche al ruolo svolto nella Resistenza dal partito comunista e per le conseguenze scaturitane in decenni di storia repubblicana, Luzzatto in vita va a diffidare di tutti coloro intesi a negare che «al centro della Resistenza, al cuore del suo ingranaggio politico e militare, erano stati gli uomini e le donne del partito comunista».
E fin qui… Ma con una conclusione poi tra lo sperticato e il fantastico, inneggiando all’Armata Rossa del maresciallo Stalin. «È stato sull’aria di Katiuscia che quei ragazzi hanno liberato i nostri uomini, i nostri genitori, noi stessi. Eccome se ci hanno liberati». E dire che noi ingenui democratici eravamo e restiamo convinti che ad aver liberato l’Italia fossero stata l’Ottava Armata di Montgomery e la Quinta Annata del generale Clark, non le divisioni di guardie rosse di ZukoveKonev…
Ma forse la verità, come al solito, è più banale ancora. Luzzatto lo abbiamo pizzicato più volte, qui da Libero. Quando scrisse che i lettori di Giampaolo Pansa e dei suoi libri sulla guerra civile erano la parte peggiore del Paese, «felice di sentirsi ignorante», «che non sa distinguere fra chi ha credito scientifico e chi non ne ha». Quando bocciò come neoratzingeriano Roberto Vivarelli, in realtà non perdonandogli la sua confessata giovanile milizia nella Repubblica Sociale. E quando, infine, recensì entusiasticamente -sempre sul Corriere – il Dizionario del comunismo nel XXsecolo pubblicato da Einaudi, in fiera polemica con chi aveva osato criticarne l’assoluzione totale del Pci, e magnificando invece la nuova generazione di storici che ne era autrice, «né falchi né colombe, né compagni di strada né utili idioti». Ma dimenticando, naturalmente, di avvertire il lettore del Corriere che quella congrega di eletti autori, non accecati dall’anticomunismo, comprendeva anche lui Luzzatto medesimo, che fingeva di recensirne i meriti da “terzo”.
Furbizie da comunista, direte voi. Può essere. Ma dare dei Farinacci a noi, è solo da idiota. Con tutto il rispetto per Paolo Mieli, e alla sua fatica di dover fare un giornale in cui qualcuno scambia il pluralismo con la licenza di insulto.


Fabrizio dice:
Tuesday, 19 August 2008 alle 21:47
Oscar dell'”ora-te-le-canto-e-te-le-suono-io”…
Tommaso Farina dice:
Sunday, 24 August 2008 alle 17:50
Fortunatamente quando questo insigne cattedratico ha esalato il suo augusto pensiero mi trovavo a Monaco di Baviera. Giannino è stato decisamente clemente, ne converrete.