Rosaria Capacchione racconta l'effetto Saviano agli americani
Thursday, 4 December 2008di Rachel Donadio per l’International Herald Tribune, tradotto da Gabriele Mastellarini per www.italiadallestero.info
ALLA SCOPERTA DEL MONDO DELLA CAMORRA.
CASERTA – In Italia è chiamato “l’effetto Saviano”, la grande attenzione nazionale sul fenomeno camorra, ottenuta dopo il best seller 2006 di Roberto Saviano, “Gomorra”, che ha evidenziato come in Campania siano cresciute la violenza e gli affari dei potenti clan.
Ma mentre Saviano, 29enne, è ormai un nome noto, che appare regolarmente sui mass media italiani da quando ha ricevuto minacce di morte che lo costringono a nascondersi, altri giornalisti hanno trascorso anni tranquilli a coprire – e scoprire – lo stesso terreno inquinato.
Una delle più rispettate è Rosaria Capacchione, una reporter veterana de “Il Mattino”, il quotidiano di Caserta [“Il Mattino”è il primo quotidiano della Campania, N.d.T.], città non lontano da Napoli, che dalla metà degli anni Ottanta ha raccontato le piccole storie di morti violente e gli intricati affari dei capicosca della Camorra, in particolare della famiglia dei Casalesi, chiamati così per la loro provenienza dalla città di Casal di Principe.
Di recente è scattato un altro genere di “effetto Saviano”: a marzo la Capacchione ha avuto una scorta della polizia dopo che un imputato in un importante processo l’ha minacciata di morte – lo stesso ha fatto contro Saviano e un magistrato, Raffaele Cantone, entrambi già sotto scorta.
La Capacchione detesta avere una scorta. “Ho perso tutta la libertà che avevo”, ci ha raccontato irritata la settimana scorsa seduta nella sua scrivania alla redazione di Caserta de “Il Mattino”. “La cosa assurda è che avevo subìto gravi, chiare e evidenti minacce nel corso degli anni. Ma allora non c’era il fenomeno Saviano”. “Il resto del mondo non sapeva dell’esistenza della camorra e dei Casalesi” ci ha detto, aggiungendo poi: “Faccio questo lavoro da prima della nascita di Roberto Saviano”.
Sotto la camorra negli ultimi decenni la Campania, che ha Napoli come capoluogo, è diventata il centro di una rete criminale internazionale, che include traffico di droga, smaltimento illegale di rifiuti, frodi in opere pubbliche e riciclaggio di denaro sporco in affari come supermercati e scommesse.
Nel suo primo libro “L’oro della Camorra” che è uscito in questo mese ed è già un best-seller nella classifica italiana delle vendite, la Capacchione ripercorre la carriera criminale di quattro dei più conosciuti componenti il clan dei Casalesi: Francesco Schiavone, Francesco Bidognetti, Michele Zagaria e Antonio Iovine. I primi due stanno scontando l’ergastolo, gli altri due sono tra i principali ricercati in Italia.
Utilizzando le trascrizioni degli atti giudiziari nei suoi articoli, la giornalista mostra come i boss abbiano guadagnato dai contratti per la costruzione di un treno ad Alta Velocità a Napoli, dalla creazione di un cartello per distribuire zucchero e da altri beni di prima necessità in Campania. A causa della Camorra, la regione ha un elevato numero dei tumori a causa dello scarico di rifiuti tossici e dell’incremento del consumo di cocaina.
“Non volevo scrivere un libro, ma la Rizzoli mi ha praticamente costretto”, spiega Rosaria Capacchione, riferendosi al suo editore. Mentre lei si vede come una reporter sempre di ronda, non compatibile con il circo dei mass media che è esploso su di lei dopo le minacce ricevute.
Rosaria Capacchione, 48 anni, è nata e cresciuta in Campania, dove vive ancora oggi. E’ tosta, occhi Levantini, una voce da fumatrice e una piccola, brillante croce intorno al collo. Riservata, a volte ironica, certe volte sorride, raramente ride. Ma stare davanti alla Capacchione significa assorbire un’intensità – e un fatalismo – nati da anni trascorsi a coprire un violento, apparentemente intrattabile, conflitto.
Essere in prima linea comporta questi rischi. Il mese scorso, la Capacchione tornava a casa per cercare alcune cose e trovò sottosopra l’appartamento dove vive da sola, tuttavia nessun oggetto di valore era sparito. “Avevano preso un premio giornalistico che avevo vinto”, racconta. “Significava molto per me”.
Non sa chi sia stato. Sa che la scorta la può proteggere solo fino ad un certo punto. “Se volessero uccidermi, potrebbero farlo con o senza una scorta, qui o altrove” dice. La Capacchione si vanta del proprio approccio “scientifico” – decifrare gli indizi, esaminare i documenti legali. In un processo si era accorta che i pubblici ministeri avevano fornito molte meno prove su un imputato rispetto a quelle che avevano raccolto sugli altri. “Allora sono arrivata io e ho aggiunto i pezzi mancanti”. È una battaglia di furbizia e volontà tra la Camorra e le autorità.
“La cosa più divertente è quando trovi poliziotti e magistrati intelligenti che lottano contro criminali svelti” dice. “Diventa una sorta di partita a scacchi”.
Nella terra della camorra c’è un’invisibile linea tra legalità e illegalità. Non è improbabile trovare personaggi del crimine organizzato con parenti negli uffici pubblici, forze armate, sistema giudiziario o in altri settori pubblici come le cure mediche, ci dice. “Se compro una sentenza, significa che qualcuno l’ha venduta” commenta.
Mentre oggi la camorra può contare meno sui politici, lei dice che i politici contano sulla camorra per avere voti. Ed è difficile per i cittadini distinguere tra criminali e non criminali. “Non si può mai sapere” ammette. “O, peggio ancora, si sa”.
Uno studio dell’anno scorso evidenziò come il crimine organizzato fosse la più grande industria dell’economia italiana, attestandosi al 7% del prodotto interno lordo, 127 milioni di dollari l’anno.
Qual è la soluzione? “Non lo so” risponde Rosaria Capacchione. “E’ un problema complesso”. Nel corso degli anni “hanno arrestato centinaia e centinaia di persone”.
Infatti, dalla metà degli anni Novanta più di 500 persone sono state arrestate e più di 4.000 indagate nell’ambito di varie operazioni, come quella culminata nel processo “Spartacus”, tutt’ora in corso, uno dei più complessi della storia italiana. Ma ancora nessun cambiamento. I membri dei clan “si rigenerano”. “Io sono arrivata alla terza generazione” fa notare la giornalista. “Hanno vite brevi”.
Il fatto che tutti sappiano che c’è un problema e che ancora nessuno – governo, chiesa, militari – abbia la volontà politica di risolverlo può sembrare una cosa peggiore del problema stesso.
Personaggi pubblici sono spesso al centro di attentati. Nel 1990 un deputato della città di Mondragone, a nord di Napoli, che era stato coinvolto in un appalto per un pubblico contratto, sparì. I suoi resti vennero trovati solo nel 2003, scoperti nel corso di un’altra indagine sul crimine organizzato.
In alcuni stati l’assassinio di un pubblico ufficiale causerebbe una presa di coscienza nazionale e le cose cambierebbero. “Ah davvero? Interessante” dice Rosaria Capacchione, con un’espressione cupa e impassibile. “Qui uccidono tutti e non succede nulla”.
L’articolo originale di Rachel Donadio
(La foto di Rosaria Capacchione e’ del sito www.roseto.com di Luca Maggitti)


Zazo dice:
Friday, 5 December 2008 alle 12:47
“La Capacchione detesta avere una scorta. “Ho perso tutta la libertà che avevo”, ci ha raccontato irritata la settimana scorsa seduta nella sua scrivania alla redazione di Caserta de “Il Mattino”. “La cosa assurda è che avevo subìto gravi, chiare e evidenti minacce nel corso degli anni. Ma allora non c’era il fenomeno Saviano”. “Il resto del mondo non sapeva dell’esistenza della camorra e dei Casalesi” ci ha detto, aggiungendo poi: “Faccio questo lavoro da prima della nascita di Roberto Saviano”.”
Sono considerazioni interessanti, peró non si capisce tanto bene se consideri un bene o un male che il resto del mendo ora sappia dell’esistenza della camorra e dei casalesi.
Ci sono sicuramente anche i lati negativi rispetto a prima, ma veramente qualcuno avrebbe preferito che si continuasse a tenere queste informazioni “nascoste” ad un pubblico piú vasto?