Un Eco che non rimbomba e gli insulti di Travaglio

Saturday, 17 May 2008
Pubblicato nella categoria ARTICOLI

Newsletter www.dituttounblog.com del 17-19 maggio 2008

I cari colleghi Enrico Arosio de “L’espresso” e Giovanni Fasanella di “Panorama”, con i quali ho avuto spesso colloqui telefonici ed epistolari (più frequenti e di lavoro con il primo, più radi ma sempre cordiali con il secondo), non hanno certamente bisogno della mia difesa (anzi potrei consigliare gli studi Previti e Acampora di Roma, i cui titolari sembrano passarsela male risultando nullatenenti…), né posso certamente permettermi di criticare l’insigne Professor Umberto Eco, semiologo di fama mondiale e – tra le altre – direttore della rivista Golem (www.golemindispensabile.it) con la quale mi onoro di collaborare, seppur saltuariamente.

Ma come non intervenire dopo aver letto le due lettere aperte pubblicate sull’Espresso che si riferivano ai due importanti colleghi sopra citati. Fasanella ha già risposto sul suo blog La storia nascosta, mentre Enrico Arosio – quasi con un’alzata di spalle – ha lasciato correre accettando alcuni epiteti nient’affato qualificanti come “sicofante” (surrogato di spia) e – badate bene -, “germanofono”. Vengo e mi spiego, conoscere il tedesco e saperlo leggere e scrivere come Enrico è certamente una qualità in più per un cronista, ma neanche Eco può permettersi di qualificare un giornalista (e parliamo di una prima firma in campo culturale) come seplice interprete invitato ad una conviviale e poi stupirsi se questo pubblica alcuni episodi della conviviale stessa. Il giornalista è giornalista. Sempre. E in fondo proprio Eco lo ha definito “Lo storico dell’istante”.  Faccio un esempio mio, per farmi capire meglio. A 17 anni, in quarto superiore, mi capitò di partecipare ad un’assemblea di istituto durante la quale il Preside ammonì gli studenti “a pulire i bagni quando fumate gli spinelli”. Allora collaboravo con le pagine locali del Messaggero e il giorno dopo su tutte le locandine di Teramo uscì la notizia. Apriti cielo! Il Preside – dopo essersi informato su chi fosse quel Gabriele Mastellarini – minacciò di querelarmi e di buttarmi fuori dalla scuola. Io mi difesi, dicendo che erano testimoni centinaia di altre persone e che, in fondo, il problema delle “canne nei bagni” c’era sul serio. E lui: “Se avessi saputo che c’era anche un giornalista tra gli studenti, non avrei detto quelle frasi”. Alla fine mi tolsero alcuni punti curriculari.

Umberto Eco fa come quel Preside. “Credevo che Enrico Arosio non fosse, in quel preciso momento, un giornalista”. Ma cosa doveva essere, un alieno? Se nel corso di quell’incontro qualcuno avesse confessato un omicidio o fossero stati consegnati i 100 faldoni del caso Moro sotto segreto di Stato  (che tutti si sognano di avere, io per primo), Arosio che avrebbe dovuto fare, tapparsi le orecchie? E magari dire al proprio direttore: “Sai io ho queste notizie. Anzi le ha quell’Enrico Arosio che fa il “germanofono”. Potrei intervistarlo?”

Suvvia siamo al paradosso! Di Umberto Eco, più che “Il nome della Rosa” e “il Pendolo di Focault”, ho apprezzato “Apocalittici e Integrati”, un libro scritto nel 1964 nel quale si prevedeva quello che sarebbe poi puntualmente accaduto dopo quarant’anni e si divideva il mondo della comunicazione tra gli apocalittici e gli integrati. Con le due lettere a Fasanella e Arosio, il prof. Eco sembra tornato tra gli apocalittici, lui che era il primo degli integrati. Speriamo ci ripensi.

TRAVAGLIO E C. Sul blog continuano ad affollarsi i visitatori in cerca di notizie su Marco Travaglio, mentre nessuno sembra interessarsi del caso Moro e delle carte che non escono fuori. Misteri della comunicazione.

A Marco – che spero possa leggere – devo comunque dei chiarimenti. In questi giorni molti amici comuni che gravitano attorno al glorioso settimanale che è L’espresso mi hanno criticato, dicendo di essere dalla sua parte e non dalla mia, perché Travaglio sta difendendo l’autonomia di un mestiere messa a serio rischio nei prossimi anni. Sia chiaro: io sono d’accordissimo con voi e con lui. Dico solo che non è ammesso scadere nel turpiloquio: dare a Schifani della muffa o del lombrico e scrivere che Confalonieri dovrebbe guardarsi allo specchio e sputarsi in faccia. E’ qui che Travaglio – a mio modestissimo avviso – sbaglia. Dovrebbe limitarsi a leggere le carte e lasciar giudicare gli altri, senza scadere negli insulti. Tutto qua.

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Nessun commento presente per “Un Eco che non rimbomba e gli insulti di Travaglio”

  1. Francesco D. Caridi dice:

    Sunday, 18 May 2008 alle 00:43

    Condivido. Visto il cattivo carattere di Eco, rinunziai a correggere una sua citazione (in una vecchia “bustina” de L’Espresso)sul volto della Statua della Libertà. Un’attribuzione di sembianze che mi sono guardato bene dal contestargli, per non incorrere nelle sue ire. Figuratevi che quando Prezzolini tornò a “fare cultura” in Italia, Eco se ne dolse, nemmeno gli fosse morto il gatto. Comunque, anche di fronte all’ira di Eco, bisogna levarsi il cappello. Se al posto di Arosio, a cena, ci fosse stato George Steiner, Eco sarebbe stato trattato come Joseph Needham (leggere “Chinoiserie”, il primo capitolo dell’edizione in francese de “Les livres que je n’ai pas écrits”, di Steiner). Ciao. Caridi

  2. Gabriele Mastellarini dice:

    Sunday, 18 May 2008 alle 09:54

    Gentile Caridi, perché non ci manda quella citazione sbagliata, così la pubblichiamo?

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