Posta e risposta. Abruzzo: Chiodi Governatore dopo Del Turco?

Sunday, 3 August 2008
Pubblicato nella categoria LETTERE

Riceviamo, pubblichiamo e replichiamo

Gianni Chiodi Governatore dell’Abruzzo. Perché legge libri e ti sa raccontare – con entusiasmo – l’ultimo che ha letto (cosa più importante che leggerli!), perché ha una “testa ben fatta”, la sua mente è ospitale, “riesce a sognare e a non fare del sogno il suo padrone”, è umile, ha una visione, ha il senso della squadra, del gruppo. Non sa lavorare da solo.

Collabora con gli altri, si confronta lealmente. Sa che per un politico una delle virtù più importanti è il discernimento.

Non è un maratoneta che vuole che gli altri perdano per vincere lui solo perché non ha la mentalità tipica delle vecchie nomenclature partitiche, ma ha un profondo senso della disciplina politica e di partito e non è contaminato dalle sottoculture antipartitiche che tanto male fanno alla democrazia nel nostro Paese: gli calzerebbe a pennello, infatti, l’abito di un nuovo partito. Perché è un politico nato.

E’ un borghese ma è amato dal popolo perché è percepito bene e “non si sforza di sembrare troppo buono”. Non confonde il consenso con la competenza, e questa con la conoscenza; ha un temperamento sportivo: non è avido, né di potere, né di denaro.

E’ consapevole che l’autorità è un dono che bisogna meritarsi. E lui sa stare al suo posto senza scalpitare.
Non è solo un bravo amministratore con un serbatoio pieno di voti, è un uomo che ha una buona formazione culturale ed una educazione alla socialità che gli conferiscono una visione d’insieme e, quindi, la capacità di pensare un progetto per l’Abruzzo.

Se chiude gli occhi è in grado di immaginare l’Abruzzo di domani che non costringerà i nostri figli ad emigrare. Poi, riaprendoli, è capace di aprire un cantiere con i suoi collaboratori – una vera e propria classe dirigente – per contribuire a fare l’Abruzzo che ha immaginato.

Tra le ultime ragioni, ma non meno importante, Chiodi possiede una buona comunicativa che dalla provincia teramana gli dà la forza di arrivare a parlare a tutta la gente d’Abruzzo perché ama davvero – senza retorica – questa terra e il suo popolo.

E’ consapevole che la sua leadership è un’opportunità per governare bene. E lo ha dimostrato per anni come sindaco di una delle quattro città abruzzesi.

Padroneggia se stesso con una buona dose di autoironia e intelligenza. Da bravo politico sa dissimulare, ma non ha un’indole menzognera. Sarebbe orgoglioso di un riconoscimento da Roma non dico a tutto, ma almeno alla metà di quanto ho scritto di lui.

Credo che Gianni Chiodi sarebbe rappresentativo di un Abruzzo giovane, europeo, in grado di ridefinirsi e riposizionarsi con la propria unica e straordinaria identità perché… l’abito fa il monaco.

Gabriele Rossi

Caro Gabriele,

la stima professionale che ho per te, come collega e come “uomo di cultura”, mi porta – dopo non poche riflessioni – a pubblicare questa lettera, ma devi lasciarmi una chiosa di commento.

In questo blogiornale ospitiamo volentieri interventi, anche critici, più disparati e accettiamo di tutto e di più. Ma anche il New York Times, di recente, non ha pubblicato una lettera di Mc Cain, ritenendola non in linea con la linea del giornale (mentre aveva mandato in stampa un messaggio di Obama).

Non entro nel merito di quanto tu affermi. Gianni Chiodi, che conosco superficialmente, ha lavorato bene come sindaco di Teramo e potrebbe far altrettanto come Governatore dell’Abruzzo. Ma, prima di pensare alle elezioni – ecco perché questo contributo mi sembra fin troppo prematuro – credo sia necessario analizzare il “caso Abruzzo” per ciò che è oggi. Con un Presidente della Regione, ex Ministro e presidente dell’Antimafia, in stato di arresto nel carcere di Sulmona. Con un debito della sanità tra i primi in Italia. Con un gap infrastrutturale incolmabile. Con enormi problemi occupazionali. Con scarse risorse per la cultura e lo sport. Con pochissima attenzione per le famiglie e le fasce deboli.

Caro Gabriele, ecco perché prima di parlare del futuro sarebbe opportuno soffermarsi sul presente e bere il calice amaro fino all’ultima goccia.

Con immutata stima,

Gabriele Mastellarini

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