Dinasty Caracciolo/Agnelli. Tutti i figli (adottivi, riconosciuti e non) e le proprietà del Principe Carlo Caracciolo, l'editore puro che fondò L'espresso
Friday, 12 September 2008di Andrea Ducci per Il Mondo
Prima il progetto di scissione della holding Gir, con la separazione della parte editoriale dalle altre attività. Poi, la repentina uscita dell’amministratore delegato, Marco Benedetto, dopo 24 anni di onorato servizio. Ora il destino del 10% della società, ossia il secondo pacchetto azionario per importanza dopo quello di Carlo De Benedetti.
Per il gruppo Editoriale L’Espresso si preannuncia una fase storica del tutto nuova. L’ultima novità riguarda proprio la rilevante partecipazione del 10% attualmente in capo all’ottantatreenne Carlo Caracciolo, cognato di Gianni Agnelli, fondatore e storico azionista della casa editrice tenuta a battesimo da Adriano Olivetti negli anni ’50.
Si tratta, in effetti, di una quota tale da incidere sugli equilibri che ora vedono De Benedetti saldamente al controllo, sebbene affiancato da partecipazioni amiche come quella di Caracciolo, delle assicurazioni Generali, di Giulia Maria Mozzoni Crespi e della fondazione Cassa di risparmio di Trieste. Un equilibrio il cui destino è legato a quello del 10% di Caracciolo.
Il motivo è strettamente personale. Da qualche mese l’avvocato Vittorio Ripa di Meana è, infatti, impegnato su incarico del fratello di Marella Agnelli di occuparsi di una delicata questione di famiglia.
Nell’eventuale asse ereditario di Caracciolo potrebbero, oltre alla figlia adottiva Jacaranda Falck, entrare anche altri due figli fino a oggi non riconosciuti. In privato, del resto, l’editore non farebbe mistero di essere il padre di Carlo Revelli e di sua sorella Margherita, sposata con Fabiano Rebecchini, terza generazione della famiglia di costruttori romani.
Non a caso, proprio Ripa di Meana avrebbe a lungo vagliato la strada da seguire per procedere all’adozione o, in alternativa, al riconoscimento dei due nuovi eredi. Una soluzione definitiva sarebbe stata individuata nella seconda opzione per scongiurare dissapori e preservare i rapporti tra i figli.
Certo è che, in caso di difficoltà, la vicenda potrebbe accompagnarsi con una querelle sul destino dei beni e del patrimonio di Caracciolo con tutte le implicazioni del caso per quel pacchetto del 10% del gruppo di Largo Fochetti.
Oltre a quella nell’Espresso, dove siede tuttora come consigliere, il fondatore del quotidiano la Repubblica detiene una partecipazione di peso nel settore della sanità in veste di socio di Giuseppe Ciarrapico. In particolare, si tratta delle attività di Eurosanità, la holding a cui fanno capo una serie di cllniche e laboratori di analisi. Il caso ha, poi, voluto che Caracciolo fosse nella cordata di imprenditori che ha rilevato la gestione della Casina Valadier, storico locale della capitale, appartenuto proprio a Ciarrapico negli anni ’80.
Un altro asset è la quota del 33% del quotidiano francese Liberation, che fa di Caracciolo il secondo azionista della società editrice del giornale dopo Edouard de Rothschild, che a sua volta controlla il 38%.
A fianco delle partecipazioni nell’editoria e nella sanità ci sono, inoltre, i beni immobiliari da lui stesso descritti nel libro intervista a Nello Ajello. Alcune storiche proprietà di famiglia come il palazzo sul lungotevere a Roma e altre acquistate e valorizzate da Caracciolo. E questo il caso della tenuta di Garavicchio a Capalbio (in provincia di Grosseto) e di quella di 600 ettari di Torrecchia nel basso Lazio (Latina), rilevata all’inizio degli anni ’90 all’indomani della vendita a De Benedetti di una quota dell’Espresso. Quota, poi, in seguito riacquistata e che adesso potrebbe diventare oggetto di una saga famigliare.


bart_simpson dice:
Wednesday, 17 December 2008 alle 08:23
Socio di Ciarrapico?
Non me l’aspettavo.
Fabrizio Spinella dice:
Wednesday, 17 December 2008 alle 09:57
Già, anche di Flavio Carboni, in Sardegna.