Giornalisti e freelance: 11 punti per cambiare un sistema in declino
Friday, 19 September 2008Riceviamo e volentieri pubblichiamo dai giornalisti freelance Silvia Innocenzi e Francesco Beato (con i quali sono perfettamente d’accordo, gmast)
Diciamo basta censura, basta manleva (la clausola in cui ci si impegna a sollevare l’editore da qualunque responsabilità legale in solido e che un giornalista freelance è spesso costretto a firmare per lavorare), basta chiudere blog scomodi, basta acriticità, basta giornalisti sfruttati e malpagati, asta perquisizioni inquisitorie, basta ad un sistema che sta trascinando, ogni giorno sempre più, il nostro paese verso un destino di declino inesorabile.Riprendiamo nelle nostre mani la delega che per troppo tempo abbiamo ceduto ad altri e chiediamo: 1. SCUOLE DI GIORNALISMO PUBBLICHE
Ogni cittadino deve avere il diritto alla frequenza. Iscrizioni più economiche, tasse più basse, borse di studio per i meno abbienti, frequenza obbligatoria. Sarà il merito a stabilire se la strada intrapresa è quella giusta.
2. CORSI DI AGGIORNAMENTO E SPECIALIZZAZIONE
Ogni giornalista deve potersi occupare solo di un settore dell’informazione, specializzarsi in una materia particolare preferibilmente scegliendo mediante appositi corsi di specializzazione. Non può essere la specializzazione a scegliere il giornalista in base agli articoli e/o servizi che egli pubblica e alle varie situazioni che gli vengono imposte durante le sue esperienze lavorative, ma viceversa è il giornalista stesso a dover scegliere la materia da trattare. Frequenza obbligatoria di corsi di aggiornamento sulla materia e sulle questioni giuridiche, in modo da poterne salvaguardare la professionalità.
3. REGOLAMENTAZIONE DELLE ASSUNZIONI E DEL PRATICANTATO.
Obbligo per gli editori di mantenere una percentuale di assunti pari al 40%, di praticanti pari al 20%.
4. STAGE E TIROCINI RETRIBUITI.
Il mondo dell’informazione resta uno degli ultimi settori in cui stage e tirocini non vengono retribuiti. Come accade per ingegneri, architetti, avvocati, notai, medici (la cui specializzazione può essere considerata alla stregua di uno stage), […], anche gli apprendisti dell’informazione hanno diritto a una retribuzione.
5. NO ALLA CLAUSOLA DI MANLEVA NEI CONTRATTI E DIFESA A CARICO DELL’EDITORE SIA IN AMBITO CIVILE CHE PENALE.
Per ogni servizio o pezzo pubblicato entrano in gioco le responsabilità in primis dell’autore, poi quella del redattore capo e dell’editore, i quali devono verificarne i contenuti prima della pubblicazione e/o messa in onda.
Troppo spesso in Italia i giornalisti (soprattutto i freelance) sono costretti, per poter lavorare, a firmare un contratto con annessa clausola di manleva. Questa clausola prevede l’impegno a sollevare l´editore da qualunque responsabilità legale in solido, permettendogli di poter scaricare tutte le incombenze sul giornalista, l’anello debole della catena che non può permettersi di sostenere il costo di reiterate cause. Un contratto capestro che spinge il giornalista, volente o nolente, ad auto-censurarsi per cercare di evitare ulteriori problemi legali. In qualsiasi caso, a trarne maggior profitto economico sarebbe l’editore: ha tutti i diritti sul pezzo o servizio, la possibilità di replicarlo e quindi anche i ricavi.
6. RISPETTO DEL TARIFFARIO MINIMO.
Capita troppo frequentemente che il tariffario minimo non venga rispettato. A volte si arriva a pagare anche un euro per ogni singolo pezzo, senza contare che i mass media si avvalgono spesso e volentieri di stagisti (non pagati). Come si può pretendere di avere un’informazione quantomeno decente a queste condizioni?
7. FINANZIAMENTI.
Si parla spesso di finanziamenti ai giornali, si parla spesso di abolirli. In pochi sottolineano che, così facendo, si rischia di favorire le testate più grandi, quelle che hanno risorse economiche sufficienti per potersi difendere dalle cause, fonte primaria della morte del giornalismo. Sarebbe opportuna un ridistribuzione in base alla qualità, all’efficienza e al rapporto numerico di praticanti e assunti. Il che metterebbe in una posizione di comodo anche i professionisti dell’informazione: spalle maggiormente coperte e quindi possibilità di lavorare in maggiore autonomia.
Inoltre, altro canone in base al quale elargire finanziamenti, il rapporto copie stampate / copie vendute (minore è la differenza tra i due valori, più alto sarà il finanziamento), in modo da incentivare l’efficienza organizzativa del giornale e la riduzione degli sprechi di carta.
8. ELEZIONE DEI DIRETTORI DI TESTATA.
I direttori delle singole testate dovrebbero essere eletti dai giornalisti che compongono la redazione e non nominati dagli editori; mantenuti in carica al massimo per cinque anni consecutivi (non rieleggibili), in modo da favorire un ricambio dal basso e impedire che giornali, tv e radio diventino lo specchio degli editori e dei gruppi di potere che li controllano.
9. ARCHIVIO RAI PUBBLICO E ACCESSIBILE.
La RAI è un servizio pubblico pagato a spese dei cittadini. Chiediamo quindi che si adottino le misure che consentano a tutti di accedere ai contenuti dell’archivio RAI (tenendo naturalmente conto dei legittimi diritti di terzi).
10. NESSUN VINCOLO PER I BLOG.
Il web non deve essere soggetto alle regolamentazioni che riguardano l’informazione, in quanto luogo d’incontro e di scambio. I blog non sono testate giornalistiche e ad essi non vanno applicate le leggi riservate ai mezzi di comunicazione di massa. Serve una regolamentazione che non vada ad intaccare quella che è la libertà d’espressione del singolo cittadino anche nella rete.
11. MAGGIOR IMPEGNO DI ODG E FNSI ALLA TUTELA DEL MONDO DELL’INFORMAZIONE.
Spingere per ottenere leggi a tutela del settore e dei giornalisti stessi, per fare in modo che possano esercitare il loro diritto/dovere di informare indipendentemente dalla protezione politico-economico-sociale di cui si possono avvalere. Sono quindi necessarie iniziative atte a migliorare e garantire l’indipendenza della categoria nel rispetto del codice deontologico.
Per adesioni o info: censurae@hotmail.it


DeanKeaton dice:
Thursday, 18 September 2008 alle 13:35
Ci sono proposte interessanti e rivendicazioni sacrosante.
Ma pretendere che l’editore non possa scegliersi il direttore che preferisce è una richiesta irricevibile, quasi degna della mente di un Francesco Caruso qualsiasi.
Saluti
Francesco B dice:
Thursday, 18 September 2008 alle 14:04
Irricevibile non credo, forse un po’ sopra le righe sì, ma l’Italia è un paese sopra le righe in generale….
Sunny dice:
Thursday, 18 September 2008 alle 18:30
DeanKeaton, posso capire che sia una cosa un pò forte… Ma addirittura irricevibile mi sembra esagerato.
I nostri quotidiani, le nostre tv sono tutte in qualche modo legate alla politica, alle banche, ecc. Insomma son tutte legate a poteri forti. Un modo per preservare la libertà d’informazione a me sembra proprio quello di permettere l’elegibilità del direttore da parte dei giornalisti facente parte la redazione (del resto l’editore ha potere sulla loro permanenza). Se hai altre soluzioni possibili non esiste alcuna preclusione …
Paolo Martocchia dice:
Thursday, 18 September 2008 alle 19:57
Mastellarini, ti ricordi quando facevo il freelance a tempo pieno (e ci campavo la famiglia?)? Nessuno se ne rese conto.A distanza di 12 anni si continua a parlare, a parlare…è l’Italia!!
DeanKeaton dice:
Thursday, 18 September 2008 alle 22:30
Avete ragione.
Non è una richiesta irricevibile.
E’ una minchiata ideologica.
Avanti così.
Saluti
Sunny dice:
Thursday, 18 September 2008 alle 22:54
Proposte DeanKeaton?
Fabrizio Spinella. dice:
Thursday, 18 September 2008 alle 23:46
Osservazioni su alcuni punti della proposta.
Punto 1 – No. La specializzazione (la “monotematica”) è la morte del giornalista. O, almeno, il suo impoverimento culturale.
Punto 5 – Ok. L’assistenza legale deve essere garantita dall’editore per qualsiasi giornalista abbia firmato sul suo giornale un articolo incriminato.
Punto 8 – No. L’editore nomina il direttore che vuole, lo licenzia quando vuole, lo paga quanto concordano entrambi.
Gabriele Mastellarini dice:
Friday, 19 September 2008 alle 00:14
sulla nomina del direttore sono d’accordo con Fabrizio e gli altri, per il resto condivido in toto tutti i restanti punti indicati dai colleghi
gmast
DeanKeaton dice:
Friday, 19 September 2008 alle 00:42
Vede Sunny.
Se discutiamo di soldi e tutele questo documento, che ribadisco essere infarcito di vetusta ideologia, può pure essere un punto di partenza. Come se dovessimo rinnovare il contratto dei metalmeccanici, per intenderci.
Se invece intendiamo porci il problema della situazione attuale del giornalismo in Italia non possiamo prescindere dalla possibilità di abolire l’Ordine stesso come punto di partenza.
Proposta irricevibile?
Saluti
Francesco B dice:
Friday, 19 September 2008 alle 00:46
Siccome le critiche vedo che colgono praticamente solo il punto 8 (tranne che Fabrizio che critica anche il punto 1), mi piacerebbe sapere nel dettaglio le opinioni.
Questa lettera è assolutissimamente aperta a qualsiasi tipo di critica, anzi è stata scritta appositamente per discuterne con più persone possibili anche mai conosciute prima e per poter sviscerare alcuni dei problemi di questo paese e dell’informazione in generale in primis.
Più critiche ci sono, meglio è, ma se sono critiche secche che falciano il punto senza un contorno su cui poter discutere, allora in questo caso cade la legittimità di questa iniziativa.
Il punto 8 è probabilmente sì un po’ sopra le righe, ma a me piacerebbe discuterne e magari poter trovare un punto in comune tra i due punti di vista.
@Mastellarini
P.s. Io non sono un giornalista (penso si capisca da come scrivo, purtroppo), resta il fatto che alcuni di questi meccanismi distorti li ho però toccati con mano lo stesso seguendo da vicino alcune vicende “nostrane” e discutendone apertamente con chi fa questo lavoro.
Grazie della pubblicazione della lettera.
Gabriele Mastellarini dice:
Friday, 19 September 2008 alle 08:31
X Dean e Francesco B
Queste le mie opinioni:
1) Sull’utilita’ dell’Ordine lascio giudicare ad altri ma deve comunque esserci, come in tutte le professioni, un organismo certificatore della professionalita’. Direi forse di abolire l’elenco dei pubblicisti, perche’ la liberta’ di stampa va garantita a tutti. Creare un secondo elenco per far solo cassa mi sembra insensato. Non ci sono nei medici o negli architetti dei soggetti assimilabili ai medici-pubblicistio o agli architetti-pubblicisti.
2) Anche le scuole di giornalismo vanno, secondo me riformate, bisognerebbe tornare indietro a qualche anno fa quando erano solo poche e garantivano davvero un posto di lavoro. Ora sono solo una fabbrica di giornalisti professionisti molti senza futuro
3) I giornali non assumono piu’. Bisognerebbe che qualcuno ne chieda conto agli editori. I freelance sono sempre meno perche’ non ci sono piu’ i “maestri” del mestiere (il giornalista e’ un lavoro artigianale, in certi casi) e gran parte dei pezzi (lo scrissi tempo fa, trovando l’opposizione del solito Paolo Rossi) sono copia-incolla da Internet o da agenzie.
4) Dal canto loro, quasi tutti i freelance saranno costretti a sparire, a estinguersi. Pochi euro a pezzo, l’impossibilita’ di avere una degna pensione, l’obbligo di riciclarsi come agenti pubblicitari…Ma di loro nessuno si occupa, ne’ l’Ordine ne’ il sindacato
5) Senza dimenticare i vari precari, assunti a termine e poi non riconferamti.
Caro Dean,
sono questi i problemi piu’ urgenti sui quali discutere subito. Che poi si abolisca l’Ordine o che il direttore venga scelto dai giornalisti o dall’editore conta davvero poco.
Buona discussione a tutti
gm
Francesco B dice:
Friday, 19 September 2008 alle 15:49
4) Dal canto loro, quasi tutti i freelance saranno costretti a sparire, a estinguersi. Pochi euro a pezzo, l’impossibilita’ di avere una degna pensione, l’obbligo di riciclarsi come agenti pubblicitari…Ma di loro nessuno si occupa, ne’ l’Ordine ne’ il sindacato.
———–
Eh, sì, purtroppo è proprio così…
Sull’ordine, veramente non capisco la necessità dell’abolizione, sarà una casta, ma se in Italia dovessimo abolire tutto ciò che diventa casta non resterebbe niente, sarebbe da abolire sia la magistratura che la politica, invece se una cosa diventa casta vuol dire che qualche meccanismo non funzione e che bisogna scovare questi meccanismi per potervi mettere un tappo.
Di solito il ricambio regolamentato e frequente dei vertici è il metodo più efficace per ammazzare la casta, qualsiasi essa sia…
Sunny dice:
Friday, 19 September 2008 alle 16:53
La mia sull’ODG la dico: mi sembra assurdo (cos’è una moda?) chiederne l’abolizione.
Ogni ordine è costituito per tutelare la dignità di una categoria. Perchè abolirlo? Dovrebbe essere garanzia di professionalità! Perchè per le altre categorie professionali sì (ingegneri, notai, biologi ecc.) e per i giornalisti no?
Credo utile renderlo responsabile delle decisioni che prende nei riguardi dei suoi associati in relazione al suo statuto anche per migliorare in generale le condizioni d’ accesso e di permanenza nel settore dell’informazione. Quello che non avviene.
Informarsi ed informare è un diritto, il giornalista è, o meglio dovrebbe essere, un professionista dell’informazione.
Avere requisiti, costanza e talento per svolgere una professione non è un diritto universale. Ma una qualità personale coltivata nel tempo (si spera anche con passione).
L’Ordine andrebbe migliorato (anche riformato), non abolito. Perché, per quanto in questo momento dirlo possa sembrare un paradosso, è una delle poche fonti di tutela per i giornalisti (quindi anche per i fruitori dell’informazione).
Concordo con Mastellarini riguardo i pubblicisti. E’ una categoria amorfa. Che prende forma solo grazie ad un tot di articoli all’attivo pubblicati e retribuiti durante due anni consecutivi (il numero varia da regione a regione). Aggiungo che la promessa del tesserino da pubblicista è ormai diventata uno specchietto per le allodole, una mera promessa atta ad attirare giovani con promesse di un futuro migliore. In realtà non cambia assolutamente nulla, non è presupposto per alcunchè. Senza contare che molto spesso accade che siano gli stessi “apprendisti pubblicisti” a pagaresi la parcella.
Alla lista degli sfruttati nel mondo dell’informazione, aggiungo anche gli studenti universitari che frequentano la facoltà di Scienze della comunicazione. Per laurearsi devono fare uno stage (possibilmente presso una testata), ma, a differenza di quello che succede per le altre categorie, questo non viene retribuito (neanche un rimborso spese!).
Sulla specializzazione: i tuttologi non esistono, quindi a mio avviso, sarebbe una cosa utile soprattutto per chi l’informazione la fruisce. Chi andrebbe a farsi difendere da un avvocato divorzista per aver commesso un furto? Perchè devo fruire le notizie economiche da vaticanista, ad esempio?
P.S. Il numero dei freelance diminuisce non solo per mancanza di professionalità(purtroppo è vero: il copia-incolla regna sovrano), ma anche perchè è diventato quasi impossibile viverci. E fare il freelance vuol dire sbattersi parecchio.
Atlantide » Blog Archive » 11 punti per un giornalismo libero. Leggo e sottoscrivo. dice:
Friday, 19 September 2008 alle 17:59
[…] Ne vengo a sapere dal blog di Gabriele Mastellarini. Ma gli undici punti a favore di un giornalismo libero dai condizionamenti politici sempre più imbavagliato portano la firma di Silvia Innocenzi e Francesco Beato. Non posso che leggere e sottoscrivere, diffondete il nostro appello. […]
Gabriele Mastellarini dice:
Friday, 19 September 2008 alle 18:04
@ Rossi
Mi mandi l’articolo su dagospia uscito su Mf?
per email a mastellarini@email.it
grazie
AntonellaP dice:
Friday, 19 September 2008 alle 21:24
Concordo su tutto quello che è scritto nella lettera e lo dico da collaboratrice di un quotidiano locale per diventare pubblicista dove fatico tantissimo e non vedo un euro, ma imparo tanto. Almeno questo.
DeanKeaton dice:
Saturday, 20 September 2008 alle 01:23
Caro Mastellarini,
senza offesa, ma pare che lei parli del giornalismo come fosse un impiego qualsiasi.
Scuole di formazione che un tempo garantivano un posto di lavoro, aziende che non assumono più, contratti a termine, precariato, sindacati autoreferenziali e lavoratori costretti ad arrotondare con una seconda occupazione. Sinceramente manca solo la delocalizzazione.
Santo Cielo Gabriele! Un mestiere così nobile ridotto ad una mera questione di denaro. Così non si va da nessuna parte.
Crede forse che i maestri di giornalismo di cui lei parla non abbiano dovuto inizialmente sgobbare per quattro lire mentre ingoiavano rospi quotidianamente?
Certo. Con la differenza che i maestri dei maestri insegnavano generosamente, mentre i decani attuali sono, diciamo, piuttosto gelosi delle proprie prebende e ben si guardano dal cedere progressivamente il passo alle nuove leve, purchè meritevoli, nonostante la senilità sia ormai manifesta. Condizione questa, badi bene, che possiamo comunque cogliere in ogni campo del nostro Belpaese.
Dal Parlamento in giù.
Saluti
Gabriele Mastellarini dice:
Saturday, 20 September 2008 alle 10:01
Caro Dean,
le scuole di giornalismo (io non l’ho fatta) non valgono nemmeno un’unghia della gavetta fatta sul campo (quella si’ l’ho fatta, eccome). Ma questo mestiere e’ in continua evoluzione e anche i maestri, ahime’, sono spariti da tempo. E puo’ anche capitare che a insegnare il mestiere venga messo qualcuno che e’ uscito dal settore ormai da decenni.
Non solo denaro, ma prospettive, professionalita’. All’orizzonte vedo grigio
gm
Tommaso Farina dice:
Saturday, 20 September 2008 alle 14:35
L’ultimo post di Gabriele Mastellarini meriterebbe 900 minuti d’applausi. E io glieli elargisco comunque, pur sapendo che arriverà di certo qualche scalzacani a rinfacciarmi la paternità illustre.
Gabriele Mastellarini dice:
Saturday, 20 September 2008 alle 15:02
Grazie Tommaso, di cuore.
Colgo anch’io l’occasione per fare alcune considerazioni su di te e sul perche’ ti abbiamo fortemente voluto in questo bloGiornale.
Dico subito che con Tommaso Farina non ci conosciamo di persona, ci siamo sentiti al telefono una volta e scambiati delle mail. Il padre di Tommaso non l’ho mai sentito ne’ visto di persona e non sto a giudicare sulla professionalita’ e i comportamenti altrui, non e’ il mio lavoro.
Ho apprezzato Tommaso come giornalista enogastronomico leggendo le pagine del suo blog http://www.tommasofarina.com e anche i vari colleghi (Martocchia, Fornasini, etc) hanno condiviso con me che non dovevamo farci scappare la possibile collaborazione di un “vero” giornalista enogastronomico (io non riesco nemmeno a capire se un vino sa di tappo o se e’ buono sul serio).
Tommaso conosce benissimo come la penso politicamente, sa insomma che sono lontano anni luce da una concezione veteroclericale della politica, dal populismo mediatico e quant’altro e sapra’ certamente che non voto Fi o Pdl, ne’ tantomeno voterei mai per la Lega.
Eppure Tommaso Farina puo’ scrivere quello che vuole su questo blog, puo’ parlare del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, puo’ fare critica culinaria o parlare di giornalismo.
Ecco cos’e’ per me il rispetto delle persone. Ecco cosa intendo per liberta’ di stampa. Ecco come valuto le persone (per quello che sanno fare, non per le etichette appiccicate addosso dal marcotravagliato di turno).
Pensavo di essere il solo, invece, in pochi mesi ho trovato un drappello di persone che la pensano come me. Alcuni li leggete ogni giorno su questo bloGiornale, come autori o commentatori.
Senza preconcetti, of course.
gmast
Paolo Martocchia dice:
Saturday, 20 September 2008 alle 15:08
1. Freelance si scrive con una sola parola
2. Il lavoro autonomo è tosto
3. Le proposte (ergo, le professionalità)sono quelle che ti permettono di entrare in circuiti riservati.
4. Prima di tutto, però, bisogna imparare a “studiare” il giornale
5. Buon lavoro a tutti
DeanKeaton dice:
Saturday, 20 September 2008 alle 15:42
Caro Mastellarini,
mi ripropongo di risponderle in maniera più esaustiva in serata. Ora il tempo è tiranno.
Le basti sapere comunque che ho apprezzato anch’io i toni della sua ultima risposta al sottoscritto. Meno retorica e più praticità e passione per il mestiere. Tutto il contrario rispetto ai toni della lettera che aveva avviato questa discussione.
A proposito. Ora, a mente fredda, è ancora convinto di condividerne i punti in questione? Perchè a leggerla, Gabriele, non parrebbe proprio. Ed io la preferisco così.
Saluti
Gabriele Mastellarini dice:
Saturday, 20 September 2008 alle 16:56
sempre d’accordo sul senso delle richieste fatte da fr. beato
gm
Francesco B dice:
Saturday, 20 September 2008 alle 18:44
Meno retorica e più praticità e passione per il mestiere. Tutto il contrario rispetto ai toni della lettera che aveva avviato questa discussione.
———–
Nessuno sta qui a dire che la lettera è il padre nostro, aspetterò anche io il suo post per poter leggere più dettagliatamente le sue osservazioni, ci tengo a sottolineare che ogni critica è ben accetta specialmente se aspra, ma costruttiva.
Un saluto
Francesco B dice:
Saturday, 20 September 2008 alle 20:30
fr. beato e silvia innocenzi(sennò se mi prende mi fa un culo tanto 😀 ) e pure Salvatore Marcello che sulla mail in un momento d’impeto non abbiamo aggiunto…
Sunny dice:
Sunday, 21 September 2008 alle 00:19
@DeanKeaton
Chi non ha passione per il mestiere del giornalista, mi creda, non si pone nemmeno il problema di come cercare di cambiare questo mondo. Non lo sfiora l’idea. La passione deve essere alla base di tutto. I problemi son reali e mi creda, per quanta passione uno possa mettere in questo mestiere, i calci in bocca che si ricevono, leggere pezzi copia-incollati di giornalisti che molto spesso non conoscono la materia di cui trattano, il peso di non riuscire ad arrivare alla fine del mese perchè ti pagano un pezzo 1 misero euro (ecc…), si sente tutto sulle spalle. Dica che i punti fanno schifo, che è roba da cretini e quel che vuole, ma per favore la passione non la tocchi.
Per inciso l’enfasi non aiuta, a volte serve anche un pò di pragmaticità…
@Frà
L’idea è tutta tua, quindi anche il merito. Grazie per aver ricordato Salvatore Marcello, colpa mia se la sua firma non è presente (scusa Salvo!!!)
Sunny dice:
Sunday, 21 September 2008 alle 00:38
Scusate, chiedete a Paolo Barnard cosa è la passione per questo mestiere, chiedete a lui cosa si prova nelle condizioni attuali…
DeanKeaton dice:
Sunday, 21 September 2008 alle 11:15
Carissimi.
Innanzitutto vorrei scusarmi con Silvia e Francesco poichè in questa discussione dove mettete nome e cognome io mi presento con uno pseudonimo.
Detto questo vorrei concentrarmi sullo sfogo di Sunny, della quale non oso mettere in discussione la passione per il mestiere. L’unica cosa che mi ero permesso di far notare è che forse proprio per troppo coinvolgimento le proposte della lettera mi erano parse un po’ troppo infarcite di ideologie che non condivido.
D’altronde se lei intende mettere la professione del del giornalista sullo stesso piano delle altre deve essere pronta anche a pagarne il pegno.
Userò anch’io un po’ di pragmatismo (non pragmaticità, perdoni la correzione) e le dirò che tutti questi mestieri in cui emergono un numero limitato di talenti e/o raccomandati sono particolarmente duri all’inizio e quei pochi euro che fruttano sicuramente non bastano per arrivare alla fine del mese. Così ci si ingegna cercando di arrotondare, ma pensare che siano i privati e lo Stato a dover pagare i lavoratori di un settore in crisi è uno dei motivi che ha condotto il nostro Belpaese allo sfascio economico.
Aggiungiamoci poi il fatto che non tutti quelli che intraprendono la professione sono poi in grado di svolgerla nonostante tutta la passione che possono metterci ed il gioco è fatto.
Insomma, cara Silvia, non tutti possiamo essere medici, avvocati, ingegneri e nemmeno giornalisti. Pochi emergono, molti restano in un anonimo limbo e la maggior parte cambia mestiere.
Il settore dell’informazione, poi, è in rapida trasformazione. Ma questo non devo certo spiegarlo io a voi. Il ruolo tradizionale del giornalista non è più quello di qualche anno fa e anche le firme o le facce più prestigiose, quando cadono in fallo, vengono sbugiardate da blogger curiosi o tenaci colleghi alle prime armi.
Questa controinformazione però in Italia non coinvolge ancora il grande pubblico ed è spesso diretta in un’unica direzione. Succede così che il popolo del web, per esempio, crede nelle grandi rimonte di Veltroni salvo poi risvegliarsi con una sonora bastonata tra i denti e scoprire che il mondo reale è tutt’altra cosa. E, per collegarmi ad un altro post di questo blog, la stessa cosa è successa a Roma.
L’informazione è in crisi anche per questi motivi. Il giornalista non sa più parlare alla gente e gli italiani, alle prese con tutti i problemi quotidiani, non hanno tempo e voglia di starli ad ascoltare mentre starnazzano di argomenti che interessano solo a loro e a pochi scalmanati o mentre deformano la realtà.
Nell’editoriale odierno Scalfari addossa ovviamente a Berlusconi tutta la colpa del prossimo fallimento di Alitalia minimizzando tutto il resto della questione, colpe dei piloti comprese, di cui lui ha già detto, però poverini bla bla bla.
http://www.repubblica.it/2008/09/sezioni/economia/alitalia-29/alitalia-29/alitalia-29.html
Ed ecco la sua soluzione, per sostenere la quale arriva addirittura a lodare Bush jr.e i suoi recenti interventi: che paghi lo Stato, cioè i contribuenti, cioè tutti noi.
Secondo lei questo decano è uno che sa parlare alla gente? Che la informa? Lo sa cosa pensa mediamente un cittadino che ha visto quelle ignobili scene dell’altro giorno al grido di “meglio falliti che in mano ai banditi”?
Ecco perchè dico meno retorica e più passione. E la passione significa parlare al cuore delle persone, coinvolgerle, interessarle, dar loro notizie ed opinioni possibilmente che trovino riscontro nella realtà.
Se ad appassionarsi è il solo giornalista c’è qualcosa che non va. E l’informazione diventa propaganda.
ps: ritornerò sulle proposte. Non preoccupatevi.
Saluti
Sunny dice:
Sunday, 21 September 2008 alle 19:03
Dean,
non c’è bisogno di scuse, quella di dare nome e cognome è una scelta (comunque, come vedi, continuo lo stesso ad usare uno pseudonimo nonostante tutto).
Concordo in gran parte con quel che dice (accipicchia grazie per la correzione roba da nascondermi a vita!!! :P).
Ci tengo però a precisare un paio di cose. Prima di tutto credo che non sia un qualcosa che riguardi solo un determinato settore. Sono coinvolti tutti in prima persona in quanto fruitori. Senza informazione è difficile che possa svilupparsi una coscienza civica, senza coscienza civica addio diritti e doveri, addio democrazia. Proprio perchè non considero il mestiere di chi fa informazione “normale”, credo che non si possa paragonare un giornale ad una azienda in cui la cosa fondamentale sono i profitti. Per questo sono convinta che non vadano aboliti i finanziamenti pubblici.
E’ verissimo, “che non tutti quelli che intraprendono la professione sono poi in grado di svolgerla nonostante tutta la passione che possono metterci” (io sono tra questi), ma questo non vuol dire che non debba battermi per i miei diritti (non dimentichiamo i diritti dei fruitori).
Permetta un piccolo inciso, la passione serve sempre ma quando per lavorare si è costretti a firmare un contratto con annessa clausola di manleva. Di fronte ad una denuncia o a qualsiasi procedimento (come ad esempio è successo a Barnard) gli editori ti scaricano, resti solo. E in molti casi vuol dire non potersi permettere di pagare un avvocato che ti difenda. La conseguenza è l’autocensura (indotta in questo caso). Perchè può esserci tutta la passione che vuoi, ma si arriva ad un punto in cui la bocca te la tappano i tribunali. Ti dirò di più, a mio parere sono tantissimi a conoscere le reali condizioni in cui riversa questo mondo. Si parla di disinformazione, di giornalisti venduti (ecc..), ma molto poco della condizione in cui versano i freelance e i precari dell’informazione. A volte c’è bisogno di indicare la luna per farla vedere…
Ringrazio per la pacatezza della risposta.
Sunny dice:
Monday, 22 September 2008 alle 02:47
Scusate se scrivo a rate, ma ci sono delle considerazione che ritengo importanti fare.
Molto spesso il problema dell’informazione sono i giornalisti stessi che si dimenticano quali siano le basi del proprio mestiere. La professione del giornalista consiste nel vagliare le fonti del potere (esecutivo, giudiziario, legislativo e quello che detiene la stessa informazione: il cosiddetto quarto potere) passando il maggior numero di notizie (verosimili, plausibili e d’interesse pubblico). Quello che avviene nei giornali in realtà è una selezione in base alle convenienze, una cernita delle notizie. Ma quali sono i criteri che regolano questo vaglio preventivo? Capita frequentemente che notizie vere vengano scartate per non incorrere in denunce oppure perché fare un lavoro autoreferenziale di controllo è diventato sempre più difficile per la sussistenza di interessi, amicizie e sudditanze (Mastellarini ne sa qualcosa). Quindi anche il mondo dell’informazione e i giornalisti stessi dovrebbero fare autocritica, dovrebbero rivedere e riconsiderare il loro modus operandi.
Inoltre si sta venendo a formare una sorta di bipartizione dell’informazione. Da una parte c’è chi può permettersi di dire e pubblicare ciò che gli pare perché “premiato” dagli inserzionisti. Il che comporta l’acquisizione di un potere economico tale, da poter far fronte a qualsiasi tipo di problemi legali che possono sopraggiungere. Dall’altra c’è chi non può perché non ne dispone. (Ricordo che da un po’ è possibile intentare direttamente cause civili senza passare dal vaglio penale.)
Deankeaton dice: “Se ad appassionarsi è il solo giornalista c’è qualcosa che non va.” C’è da chiedersi, cosa vuole leggere la gente? Se non usciamo da questo stato catatonico che annulla le coscienze, se non usciamo da questa logica di adesione acritica che ci impone e obbliga a passare per lo strumento della visibilità di qualcuno per avanzare una qualsiasi istanza sociale, se non riprendiamo la delega nelle nostre mani, sicuramente non c’è alcun punto che tenga.
Detto questo, il giornalista rimane la parte più debole. Debole perché ricattabile: un editore può cancellarti non pubblicandoti, una clausola di manleva può costringerti all’autocensura ecc.
Tutto questo, ovvietà da maestrina saccentella comprese, per dire che la consapevolezza che dei punti da soli non possano bastare c’è. Fermo restando che condivido quel che dice Francesco: ogni critica costruttiva è ben accetta (nonostante io mi faccia prendere la mano dall’impulsività. Mea Culpa).
DeanKeaton dice:
Monday, 22 September 2008 alle 14:42
Sunny.
Le notizie non sono mai verosimili o plausibili. Sono vere o false.
Il resto fa parte del campo delle deduzioni e delle opinioni.
Ciò non toglie che da una notizia vera si possa essere indotti a trarre conclusioni sbagliate. Dipende da come il giornalista ce la racconta. Prenda una biografia che esalta un determinato personaggio ed un’altra che vuole metterne in mostra i lati negativi e confronti la narrazione di uno stesso episodio per rendersi conto di quello che dico.
Poi ci sono le notizie raccontate a metà. Che per me sono peggio di quelle false. Ma questa è un’altra storia.
Saluti
DeanKeaton dice:
Monday, 22 September 2008 alle 22:21
Ancora.
Che un giornalista rischi di essere rovinato dalle querele pure se pubblica notizie vere è un dato di fatto. Lei però suggerisce di abolire la clausola di manleva e che quindi le condanne vengano sponsorizzate dagli editori.
Sbagliato, dico io. Bisogna agire alla radice del problema, cioè si deve impedire che si possa ricorrere alla causa civile per ogni alito di vento e che per certe categorie di professionisti anche l’uso infelice di un aggettivo sia sufficiente per ricevere risarcimenti faraonici, tra l’altro in tempi molto più brevi che per un comune mortale.
In altre parole non credo che il problema si possa risolvere semplicemente delegando ad altri il pagamento.
Queste incresciose situazioni hanno raggiunto livelli preoccupanti negli anni 90, complice Tangentopoli. Sulle teste dei giornalisti più garantisti, e di conseguenza sulle testate su cui scrivevano, piovvero richieste di risarcimenti francamente esorbitanti.
La FNSI? Silenzio. L’ODG? Assente. E questo nonostante testate come “L’Espresso” e “Repubblica”, certamente meno critiche nei confronti della Magistratura, tra il 1997 e il 2000 dovettero risarcire complessivi 2675 milioni di lire su decisione del Tribunale di Roma.
Ecco però che nel a cavallo tra il 1999 e il 2000 successe qualcosa che smosse le coscienze della FNSI. Un certo Marco Travaglio, professione giornalista, venne condannato a risarcire un certo Cesare Previti, professione avvocato e politico, con 79 milioni di lire per un articolo comparso sull'”Indipendente” nel 1995.
L’allora Segretario della FNSI, Paolo Serventi Longhi, parlò del caso affermando che “la vicenda ripropone la drammatica situazione di decine di giornalisti denunciati in sede civile e spesso non tutelati dagli editori”. Chiese perfino un incontro urgente con l’allora guardasigilli Oliviero Diliberto.
Peccato che quando ad essere condannati erano, chessò, un Feltri o uno Jannuzzi, tutto tacesse.
Nell’ottobre 2002 gli Editori Riuniti, la Baldini&Castoldi e il settimanale “Diario” arrivarono a convocare una conferenza stampa presso la sede romana della FNSI per presentare un appello in difesa della libertà e della democrazia. Appello firmato, manco a dirlo dai soliti Dario Fo, Franca Rame, Michele Santoro, Francesco “Pancho” Pardi, Giulietto Chiesa, Nanni Moretti, Gianni Vattimo, il già citato Paolo Serventi Longhi e tutta la compagnia cantante.
Cosa sarà mai successo? C’entrava ovviamente Berlusconi che giudicò diffamatori i contenuti di alcuni libri, tra cui il celeberrimo “L’Odore Dei Soldi”, e chiese, assieme ad altri, un risarcimento complessivo di 50 milioni di euro.
La geniale tesi dei firmatari di questo appello era che se proprio il Cavaliere doveva far causa, almeno la facesse in sede penale e non civile, così un PM avrebbe potuto indagare di nuovo sui procedimenti che già l’avevano visto assolto o neppure processato e un Giudice avrebbe rifatto i processi daccapo. Chiaro, no?
Saluti
Sunny dice:
Monday, 22 September 2008 alle 22:56
DeanKeaton, abolire la clausola di manleva non vuol dire affatto lasciare le incombenze tutte in mano degli editori. Semplicemnte vuol dire salvaguardare il giornalista che in caso di soccombenza, pagherebbe la sua parte e basta, senza ritrovarsi sul groppone anche quella di editore e caporedattore. Perchè editore e caporedattore sono corresponsabili (sia in ambito civile che penale) in quanto devono verificare.
La maleva rente un contratto capestro (sbilanciato), a monte c’è sicuramente altro, ma questa clausola va assolutamente abolita. Perchè un giornalista deve pagare per colpe non sue?
Scusa Dean, nella fretta ho riportato una parte sbagliata, i tre valori notizia sono veridicità, continenza e interesse pubblico.
Francesco B dice:
Wednesday, 24 September 2008 alle 20:05
In altri lidi mi son imbattuto su uno che dice: tutto inutile c’è Berlusconi, ecco un altro danno da Travaglismo…
Far credere che se non si toglie lui non si può fare niente che tutto è Berlusconi e intanto nessuno fa niente in generale e nessuno fa niente neanche per togliere lui e chi propone qualcosa viene liquidato con un: tanto c’è Silvio….
E quando si è “tolto” lui che si fa? Ci si guarda nelle palle degli occhi?