Sorpresa: Farina jr mangia il kebab. "Quelli islamici egiziani sono i migliori"

Friday, 25 July 2008
Pubblicato nella categoria BEVI&MANGIA

di Tommaso Farina

Troppi kebab a Milano sono tutti uguali, fatti con lo stampino, intercambiabili. Sembrano una sola, immensa catena. In particolare i kebab turchi sono desolantemente omogeneizzati. Anche l’aspetto, in certi casi, è uniforme: quanti di loro hanno insegne gialle? Quanti di loro, all’interno, hanno il tabellone con foto, piatti e prezzi identico da un negozio all’altro, manco fosse un fast food unificato? Lo so, alcuni negozi (tipo quelli che si chiamano Istanbul Aya Sofia) hanno il medesimo proprietario, ma altri no. E sono identici.Ma questo sarebbe il meno.

Il problema è la carne. La carne del kebab ha lo stesso sapore almeno nell’80% degli esercizi turchi che ho visitato. E’ facile dire perché. Arriva congelata dalla Germania, prodotta da alcune ditte che hanno in questo il loro core business (scusate il linguaggio markettaro). Le ditte non solo servono la Teutonia, ma esportano anche da noi. Inevitabile che le rosticcerie con lo stesso fornitore abbiano la medesima carne. Solitamente una mistura di vitello e tacchino. O anche, addirittura, di tacchino e pollo.

Quando visiti tre rosticcerie con lo spiedone, e ti accorgi che in tutte e tre mangi lo stesso panino (o la stessa carne al piatto), puoi anche rimanere un poco deluso. E voglio sperare che restino delusi anche quelli che vedono i kebab come ultimi baluardi contro la globalizzazione americanizzante: questa non è globalizzazione? Tutti i panini identici, come i vituperati Burger King, che però da un punto di vista igienico-sanitario rispettano standard che i kebabbari non sempre possono vantare?

Una prevalenza esagerata di carne bianchissima di pollo si riscontra anche nei kebab venduti dai take away di cucina indiana. Presso questi ultimi, inoltre, si è radicata l’abitudine deprecabile di tagliare la carne prima dell’arrivo dei clienti, lasciando i pezzettini a languire con melanconia ai piedi dello spiedo. Poi, infornatina risolutiva a microonde. Risultato? Tutto s’affloscia e immiserisce, enfatizzando vieppiù una caratteristica dei kebab serviti da questi esercizi: l’acidità letale, pachidermica.

Certo, i turchi fuori dal coro non mancano. Mi viene in mente Mekan di viale Troya, che oltretutto serve una selezione di altre golosità turche, e ha un kebab effettivamente di gusto diverso. Oppure Euro Doner di via Borsieri, gestito da ragazzi turchi davvero appassionati, che cucinano anche altro, tipo gustosissime melanzane ripiene di carne, e passano il pane su una gran teglia calda prima del servizio.
Però i migliori kebab, personalmente, li ho gustati nelle macellerie islamiche egiziane, e nei locali a esse correlati.

Ne cito uno, forse il più interessante tra quelli provati finora: il Grill Al Mulk di via Imbonati 23. E’ legato alla gestione della vicina macelleria halal Al Mulk, ed è aperto dalle 10 alle 24. Uno dei “commessi”, evidentemente coinvolto nella gestione, notando il mio interessamento mi ha dato il biglietto da visita del locale e delle macellerie, spiegandomi oltretutto che loro fanno kebab di solo vitello. E “fanno” è la parola giusta. Da Mulk non si limitano a cuocere spiedi decongelati, ma confezionano in proprio la gran pila da arrostire con carni del loro macello, fresche. E la differenza si sente, anche perché la ricetta, all’assaggio, libera profumi fascinosi di spezie orientali (sa di curry) sapientemente dosate dal cuoco. Avete provato ad annusare la carne di un kebab turco senza pretese? Se va bene, sa di grasso o di bruciaticcio, o al massimo di petto di pollo. Il cassiere-gestore oltretutto confeziona le vaschette di carne da portar via sormontandole con un pane arabo aperto, e avvolgendo il tutto nella carta stagnola, per mantenere fragranze e sapori. Onestamente, non ho provato le altre specialità alla griglia proposte, ma il kebab basta e avanza. La frequentazione, come sempre in questi posti, è molto “composita”, con pochi italiani. Peccato per la zona molto squallida: decisamente inquietante, questo primo tratto di via Imbonati.

Però non fateci caso. Una volta di più, l’artigiano vince sull’industria. Non è ancora un kebab di montone come avrei voluto, ma il compromesso è più che accettabile.

tratto da www.tommasofarina.com

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  1. Domenica dice:

    Saturday, 26 July 2008 alle 21:51

    Kebab turco… Sarò sofisticata, ma perfino dalle parti di Trinità dei Monti si preferisce la porchetta. Kebabbi a sostituirla con la carne congelata degli ottomani.

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