Tech4You: Grande Fratello che domina la giustizia o snellimento informatico?

Wednesday, 14 January 2009
Pubblicato nella categoria TECH4YOU

di Sergio Fornasini

Un blog titola, riportando un articolo di repubblica.it con l’autorevole firma di Giuseppe D’Avanzo: “In arrivo il grande fratello per controllare PM e polizia“. La preoccupante premessa è riferita al progetto governativo di automatizzare ed accentrare in una cancelleria informatica tutte le comunicazioni “tra polizia giudiziaria e pubblico ministero, tra pubblico ministero e giudice delle indagini preliminari di ogni tribunale italiano”. Con un titolo così il post non può essere che preoccupante, ma vediamo meglio a cosa si sta riferendo.

Tornando all’origine, ovvero all’articolo di D’Avanzo, in estrema sintesi il progetto sembra prevedere una informatizzazione totale dei procedimenti giudiziari, comprensivo delle informazioni relative alle “denunce, le querele, le istanze e i verbali degli interrogatori, delle perquisizioni, dei sequestri, delle sommarie informazioni assunte, degli accertamenti tecnici”. Scenario potenzialmente inquietante se si considera solo la gestione di tutto questo immenso flusso nelle mani di un unico soggetto, ovvero il ministero per la Giustizia già impegnato in una riforma che tende al controllo del potere giudiziario da parte di quello esecutivo. Scenario estremamente preoccupante, qualora non si adottino appropriati strumenti di controllo dei dati e di cifrature degli stessi. Vorrebbe dire consegnare ad una moltitudine di addetti ai lavori o di semplici impiegati le chiavi delle indagini e delle intercettazioni (quelle che sopravviveranno).

Ma le cose non stanno esattamente così, anche se nell’articolo non si entra troppo (ovviamente) nei particolari tecnici il progetto sembra prevedere chiavi crittografiche per effettuare l’upload e la consultazione dei dati sensibili, e non potrebbe essere altrimenti. Per i non addetti ai lavori: tutte le comunicazioni top secret di governi, servizi segreti, forze armate, persino della criminalità (ben) organizzata e del terrorismo internazionale viaggiano in forma criptata, protette da robuste chiavi informatiche. Talmente solide che per essere forzate in tempi utili alla decrittazione dei messaggi stessi potrebbero impegnare tanti di quegli elaboratori elettronici di grande potenza (main frame) da ricoprire superfici misurabili in ettari quadrati, sempre che la chiave adottata sia adeguatamente robusta. Tanto per fare un esempio banale, è da anni ormai che su Internet si possono effettuare operazioni bancarie  ed acquisti online: dalla consultazione del proprio conto corrente, ai bonifici e pagamenti, trading online di titoli, acquisto di beni di consumo, ecc. Il tutto avviene in sufficiente sicurezza, purché si adottino le misure di verifica e cifratura adeguata.

Nell’articolo su repubblica.it, sul tema della sicurezza è stato citato ed interpellato un matematico, docente di sicurezza informatica a Tor Vergata, “dunque con una familiarità con il mondo e i metodi dell’hackeraggio” dice D’Avanzo, sarà. Sicuramente una fonte qualificata per carità, ma di fronte ad una persona che fra le premesse mette il rischio di incendio ad un unico elaboratore che contiene tutti i dati, quasi escludendo la possibilità di prevedere un diverso sito di storage per il backup, io mi permetto umilmente il suggerire di pensare un po’ più in grande. Prevedere un disaster recovery dei dati è una attività normalmente in uso da anni presso gli addetti alla sicurezza informatica di banche ed altri enti che trattano dati sensibili e strategici. Oggi esistono collegamenti di grande capacità di banda, si possono quindi trasferire grosse quantità di informazioni (con un ritardo dell’ordine di pochi millisecondi) dal sito principale a quello di recovery. Anni fa venivano comunque effettuate continue copie di sicurezza degli archivi e trasferite in altro luogo fisico. L’esimio docente pensa invece che “con il botto di danaro che costa” la via da percorrere non sia praticabile, esprimendosi in un linguaggio altamente tecnico ed accademico. Poi si esprime anche sulla sicurezza della singola postazione informatica di un ipotetico procuratore, forse in termini troppo semplicistici e comunque evidenziando un problema già esistente allo stato attuale delle cose. La costituzione di un archivio unico centralizzato, con criteri di sicurezza molto più elevati ed indipendenti dalla vulnerabilità delle postazioni periferiche, non può che aumentare lo standard globale del sistema. Ma questo non sembra essere concepito dal prof interpellato.

Ora ci vorrebero far capire che la semplice trasposizione dei flussi informativi dei tribunali significa mettere in mano a qualcuno la possibilità di dominare lo scenario giudiziario, ma non è proprio così. Potenzialmente potrebbe costituire un vantaggio, in particolare nelle inchieste articolate e complesse, vediamo come.

Prima di tutto centralizzare le informazioni potrebbe costituire un significativo miglioramento della capacità di indagine delle procure e delle forze di polizia giudiziaria: incrociare i dati ed effettuare la ricerca su un sospettato può significare classificarlo adeguatamente ed associarlo ad altre indagini in corso. Instaurare una sinergia tra investigatori che possa portare ad una più rapida ed efficace conclusione delle indagini può essere ottenuto con elaboratori che rendano più agevole il compito agli organi inquirenti. Ne sa qualcosa un certo Antonio Di Pietro, che all’epoca di “Mani pulite” ha fatto largo uso di strumenti informatici e di confronto/incrocio dei dati, tanto per fare un esempio.

Appare inoltre evidente che la banca dati debba essere protetta con efficaci chiavi di cifratura, per rendere disponibile l’accesso ai soli soggetti autorizzati. Purché si adottino le policy di sicurezza di livello adeguato, e questo è fattibile. Se allo stato attuale documenti riservati e fascicoli vengono archiviati sul singolo PC del magistrato inquirente, forzare il sistema è un gioco da ragazzi una volta che ci si è introdotti nella stanza giusta, magari con la complicità di una “talpa”. Compiere la stessa operazione su un main frame remoto e su dati adeguatamente cifrati è un’impresa per veri specialisti, che in aggiunta debbono essere dotati di costosi e velocissimi elaboratori per poter rendere leggibili eventuali dati rubati. Oltretutto le informazioni potrebbero essere decrittate solo dopo un certo tempo non trascurabile, in dipendenza delle chiavi di cifratura adottate (giorni, mesi anni), una bella differenza.

Ma evidentemente non viviamo in un luogo incantato, non tutto ciò che l’intelletto rende fattibile può divenire realtà. Il problema di fondo sono i parametri tecnici e di sicurezza che eventualmente verranno adottati nel sistema, in particolare l’efficienza della blindatura dei dati accentrati ed il livello di know-how degli addetti alla stessa. L’ipotesi che riporta D’Avanzo su repubblica.it prevede la possibilità per il ministero della Giustizia di affidare in outsourcing ad un fornitore esterno la gestione dell’archivio. Si potrebbe anche storcere il naso di fronte a questa ipotesi, se non ci si ponesse un quesito: ma il ministero ha del personale abbastanza preparato da poter svolgere questo tipo di lavoro, o forse è meglio che si limiti al controllo accurato di come opera personale esterno adeguatamente qualificato? Ma a questo si dovrà eventualmente provvedere mediante norme di attuazione appropriate.

Le attuali indicazioni governative sulla riforma della giustizia però non lasciano presagire al momento nulla che esalti particolarmente l’azione dei magistrati e degli organi inquirenti, ci sarà da fidarsi di questo progetto?

Il bavaglio alla libertà di stampa – Si torna alla legislazione del 1930!

Tuesday, 13 January 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

dal blog diPietro Orsatti –  www.orsatti.info – Informazioni e commento di Franco Abruzzo

Ci siamo, è arrivato il bavaglio. Con sincronia perfetta il disegno di legge del ministro Alfano sulla stretta alle intercettazioni approda in commissione e trova un consenso ben più ampio di quello di Pdl e Lega. Le ultime vicende di Napoli e Pescara avrebbero accesso l’interesse e il consenso anche di parti consistenti del Pd. È il colpo di grazia alla libertà di stampa nel nostro Paese?

Ricevo le ultime informazioni dal giornalista Franco Abruzzo e ve le ripropongo.

La commissione Giustizia della Camera adotta il disegno di legge del governo sulle intercettazioni come testo base e fissa al 21 gennaio il termine per la presentazione degli emendamenti. La decisione viene presa con i soli voti della maggioranza e con il no del Pd. Assenti, infatti, i deputati di Udc e Idv. L’intenzione del centrodestra, spiega il capogruppo del Pdl in commissione Enrico Costa, è quello di licenziare il testo entro la fine di gennaio per farlo poi arrivare in Aula entro i primi di febbraio. “Il clima politico – aggiunge – è favorevole per arrivare ad una proposta che non passi con i soli voti della maggioranza”.
Ma se il voto per adottare il ddl del governo come testo base viene preso all’unanimità da Pdl e Lega, le divisioni restano sulle modifiche che si intendono apportare. A cominciare da quella suggerita dal premier Silvio Berlusconi di limitare l’uso delle intercettazioni ai soli reati di mafia e terrorismo. Su questo punto, infatti, An e Lega non la pensano come Forza Italia. E sarebbe questo uno dei motivi per cui si è deciso di fissare al 21 gennaio e non prima il termine per la presentazione degli emendamenti. Il presidente della commissione Giulia Bongiorno esprime soddisfazione per l’andamento dei lavori e avverte che anche lei, relatore del provvedimento, presenterà delle proposte di modifica. Alcune delle quali terranno conto dei suggerimenti avanzati dal Procuratore nazionale Antimafia Pietro Grasso nella sua audizione soprattutto sul fronte della lotta alla crim inalità. Il ddl del governo prevede in sostanza limiti più severi sui reati per i quali si possono chiedere le intercettazioni e un freno per i giornalisti che le pubblicano (fino a tre anni di carcere).
VIA IL MAGISTRATO CHE PARLA TROPPO – La toga che rilascia “pubblicamente dichiarazioni” sul procedimento che gli viene affidato ha l’obbligo di astenersi. E dovrà essere sostituito se iscritto nel registro degli indagati per rivelazione del segreto d’ufficio.
DIVIETO PUBBLICAZIONE – Non si possono più pubblicare gli atti dell’indagine preliminare, o quanto acquisito al fascicolo del Pm o del difensore, fino alla conclusione delle indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare.
REATI INTERCETTABILI – Possono essere ‘spiati’ solo quelli con pene dai 10 anni in su, ma anche i delitti per i quali indaga la Direzione distrettuale antimafia; quelli contro la Pubblica Amministrazione per i quali è prevista la reclusione non inferiore a 5 anni (ci rientrano concussione e corruzione); i reati di ingiuria, minaccia, usura, molestia.
LIMITI DI TEMPO – Non si potrà intercettare per più di tre mesi. Per reati di criminalità organizzata, terrorismo o di minaccia col mezzo del telefono si può arrivare a 40 giorni prorogabili di altri 20.
AUTORIZZA UN COLLEGIO – Non sarà più il gip, ma un tribunale a dare il via libera alle intercettazioni chieste dal Pm, e serve un “decreto motivato, contestuale e non successivamente modificabile o sostituibile, quando vi siano gravi indizi”.
ARCHIVIO RISERVATO E DIVIETO DI ALLEGARE VERBALI A FASCICOLO – Le telefonate saranno custodite in un archivio presso il Pm.
DIVIETO UTILIZZO IN PROCEDIMENTI DIVERSI – Le intercettazioni non potranno essere utilizzate in procedimenti diversi da quelli nei quali sono state disposte. Ad eccezione dei reati di mafia e terrorismo.
CARCERE PER I GIORNALISTI – Chi pubblica le intercettazioni é punito con l’arresto da uno a tre anni e con un’ammenda da 500 a 1.032 euro.

CARCERE PER CHI DIVULGA – Chiunque “rivela indebitamente notizie inerenti ad atti del procedimento penale coperti dal segreto” o ne agevola la conoscenza è punito con al reclusione da uno a cinque anni. (in: http://www.ansa.it/opencms/export/s…).

In: http://www.francoabruzzo.it/docs/ab…
“Guida al diritto” n. 40/2008 settimanale di “Il Sole 24 Ore”

Analisi del disegno di legge “Alfano”
Con il ddl intercettazioni tramutato in legge, cronaca giudiziaria destinata a scomparire.

I cronisti e i direttori rischiano non solo il carcere “fino a 3 anni”, ma anche la sospensione cautelare dalla professione fino a 3 mesi non solo per la pubblicazione di intercettazioni, ma anche se “mediante modalità o attività illecita, prendono – dice il nuovo articolo 617/septies del Cp – diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti dal segreto”. L’articolo 58 della legge 69/1963 sull’ordinamento della professione di giornalista impedisce, però, al Consiglio dell’Ordine l’adozione di qualsiasi provvedimento prima della conclusione del processo penale. La nuova norma, pertanto, potrebbe essere inapplicabile, perché non è coordinata con l’articolo 58 citato.
Anche i pubblici ufficiali, -che rivelano illecitamente il contenuto di intercettazioni, conversazioni o interrogatori di testimoni e imputati -, rischiano il carcere non più fino a un anno come accade oggi, ma fino a cinque.
DI FRANCO ABRUZZO

In: http://www.francoabruzzo.it/documen…
NAPOLI. Iacopino (Odg):
ANIMOSITÀ della IERVOLINO
CONTRO i GIORNALISTI.
Divieto di accesso ai cronisti in Comune. La protesta dell’Unci

Comunicato del Presidente CIIM.US (Confederation of Italian Entrepreneurs Worldwide – North America)

Tuesday, 13 January 2009
Pubblicato nella categoria ARTICOLI

Salutiamo Tomaso Veneroso, che ha fatto visita al nostro blog lasciando in forma di commento il comunicato che pubblichiamo integralmente, tratto dal sito dell’associazione (www.ciim.us). Auguri di buon lavoro alle associazioni italiane nel mondo

From the President of CIIM.US

Ho appreso dai media che si e’ costituita a Roma la fondazione “Italiani nel mondo”. A guidarla sara’ il senatore Sergio De Gregorio, presidente della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare della Nato. Vicepresidenti e soci fondatori, i senatori Basilio Giordano, delegato per il Canada e il Centro-America, Esteban Caselli, delegato per l’America Latina, Nicola Paolo Di Girolamo, delegato per l’Europa, e l’on. Amato Berardi, delegato per gli Stati Uniti. Con loro, i membri del board Maria Palma, Giuseppe Ioppolo e Bernardo Martano.

“I have  discovered from the media that Senator De Gregorio, president of the Italian delegation at the NATO Parliament Assembly has founded with Senator Basilio Giordano (Representative for Canada and Center-America at the Italian Parliament),Esteban Castelli ( Representative for Latin America at the Italian Parliament), Nicola Paolo di Girolamo ( Representative fro Europe at the Italian Parliament) , On. Amato Berardi (Representative for USA at the Italian Parliament) and Board Members Maria Palma, Giuseppe Loppolo and Bernardo Martano the “Italians in the World “Foundation.”

Non conosco gli scopi e la struttura di questa associazione , la cui nascita mi ha colto di sorpresa, che si ripromette di rafforzre il Popolo delle Liberta’ e sostenere il Made in Italy. Ben venga qualunque iniziativa rivolta a promuovere in maniera reale il prodotto Italiano .

“I do not know the mission statement and the structure of this organization that suddenly appeared. Based on the information on the press its main purpose is to strengthen the “Popolo delle Liberta’ “presence in the world and promote the Made in Italy.

We welcome any initiative to promote products Made in Italy in the World.”

Noi in CIIM.US  ( www.ciim.us)  ( Confederazione degli Imprenditori Italiani nel Mondo USA ) crediamo nel sistema Italia e lottiamo, totalmente autofinanziati e con l’aiuto di volontari, per portare il genio italico e il valore del made in Italy nel mondo  attraverso la condivisione di esperienze e lo scambio delle informazioni dentro e fuori dall’ Italia.

“We , at CIIM.US ( www.ciim.us) ( Confederazione degli Imprenditori Italiani nel Mondo USA), believe in Made in Italy and we fight , totally financially independent and with the help of many volunteers, to bring the Italian skills, virtues and the high ” Made in Italy” quality products around the world sharing our experiences with the universe in and out of Italian Border.

Come presidente della CIIM.US ( Associazione totalmente autonoma ed indipendente dalla Fondazione ” Italiani nel Mondo “) lancio un appello al Senatore De Gregorio e ai colleghi dell’ universo politico Italiano di stare veramente vicino alle nostre imprese con iniziative reali e tangibili.

“As the President of CIIM.US (which is an association totally independent and separate from the ” Italiani nel Mondo ” foundation) I ask Senator De Gregorio and all the fellow colleagues belonging to the Italian Political Universe to support our companies and managers with real and tangible initiatives and not with slogans or propaganda.”

Lavoriamo insieme per ricostruire I rapporti tra Impresa e Istituzioni e valorizziamo il nostro grande potenziale.

“Let’s work together to re build the relationship between Business and Institutions with the goal to promote the great treasure that is called ” Made in Italy” and therefore express at best the potential of Italian Entrepreneurs and Managers around the world and in our beloved country.”

Grazie e buon lavoro,

Thank you and good luck,

Tomaso Veneroso

President

CIIM.US

Complottismo e anticomplottismo, Icke contro Fede. Con Travaglio in mezzo

Tuesday, 13 January 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

dal blog di Paolo Franceschetti (paolofranceschetti.blogspot.com) una lunga ed articolata riflessione in 13 capitoli, che inevitabilmente arriva a toccare una moltitudine di temi. Con tutta questa carne al fuoco messa dall’autore, mi ha colpito il fatto che a tre giorni dalla sua pubblicazione solo un numero esiguo di blog lo abbiano ripreso o citato. Buona lettura (sf)

1. Premessa. Il dibattito. 2. Le banche. 3. Le stragi. 4. Il terrorismo e la regia unica. La P2. 5. La mafia 6. Complicità della Chiesa. 7. La letteratura. 8. Alcune spiegazioni ufficiali che non quadrano. 9. I giornali e la TV. 10. I giornalisti coraggiosi. 11. le leggi. 12. Quasi in conclusione: le vittime. 13. In conclusione.

1. Premessa. Il dibattito.
Da decenni c’è un dibattito tra complottisti e anticomplottisti. Il termine complottista indica in genere qualcuno che vede complotti dietro ad eventi come l’11 settembre, le guerre, le stragi, ecc… Indica colui che non accetta le verità ufficiali e ne va a cercare di alternative, ipotizzando un complotto tra vertici del potere. Spesso questo termine è usato in modo spregiativo per indicare uno un po’ paranoico che vede UFO, maghi, massoni ovunque. Non c’è dubbio che io, con il mio sito e con quello di cui mi occupo, sia considerato un complottista. Basta vedere gli insulti che mi becco quotidianamente sui vari siti di controinformazione.
Allora presento alcune riflessioni. Cercherò di spiegare come uno come me, che non ha mai amato i gialli perché in genere mi scordo i particolari e non ricordo i nomi, diventa all’improvviso grazie al suo lavoro di avvocato, un complottista.
E farò un po’ di considerazioni sul problema del complottismo.
Il dibattito tra complottisti e anticomplottisti è stato affrontato già da molti. Sinteticamente, c’è da dire che spesso l’anticomplottista è un nient’altro che un cretino che pensa che la realtà sia solo quella che ha capito lui. E’ uno quindi che quando una cosa non l’ha mai vista né sentita, anziché farsi venire qualche dubbio, inizia a cercare argomenti per confutarla a priori.
Il complottista, è vero, spesso vede alieni e rettiliani dietro ai problemi mondiali.
Il problema però è quello della prova. Mi spiego. Prima di deridere la teoria degli UFO, dovrei avere delle prove contrarie. Ma il punto è che le prove contrarie non esistono.
Perché il fatto è che, anche se tutti coloro che vedono gli Ufo fossero in mala fede o matti, aver dimostrato la loro pazzia non equivarrebbe a dimostrare che gli Ufo non esistono. Avrei solo dimostrato che tutti coloro che ne parlano sono matti. Ma magari gli ufo esistono davvero.
Un po’ come il problema del mostro di Loch Ness. Qualcuno ci crede. Qualcuno no. Chi ci crede forse è un visionario o un ingenuo. Ma chi non ci crede è senz’altro un imbecille, perché non si può mai dimostrare che una cosa non esiste. Posso tutt’ al più dimostrare che una cosa esiste.
Insomma. E’ vero, il complottista può essere un pazzo o un visionario. Ma è anche vero che l’anticomplottista, essendo uno che critica ciò che non conosce è di conseguenza un cretino perché pensa che la realtà finisca dove lui ha deciso che debba finire.
Ma su questo ci hanno discusso in molti.
Qui invece voglio affrontare il problema da una prospettiva diversa.

2. Banche.
Partiamo dalle banche. Mi sono reso conto che una disciplina come quella che regola la Banca d’Italia non poteva essere casuale, ma era il parto di una mente criminale, il cui scopo era depredare i cittadini e coprire i peggiori reati.
Vediamo perché.
La Banca d’Italia, come è noto, dovrebbe controllare il funzionamento delle altre banche italiane. E dovrebbe emettere moneta.
Il problema, però, è che la proprietà della Banca d’Italia è delle banche private e dei grandi gruppi assicurativi italiani, San Paolo, Generali, Intesa, ecc.. E allora qui i conti non tornano. Perché il controllato non può essere anche controllore al tempo stesso. E’ come se lo stato decidesse che la mafia dovesse essere combattuta da Riina e Provenzano.
Inoltre, analizzando le leggi che regolano la Banca D’Italia, si scopre che il governo non ha praticamente alcun potere sulla dirigenza della Banca d’Italia.
Ora, siccome è ovvio che tutto il denaro italiano (a parte quello che viene portato all’estero) viene messo nelle banche, è altrettanto ovvio che togliere allo stato il potere di controllo su di esse equivale a perdere un’occasione importante di controllo dei flussi finanziari, che sarebbe invece fondamentale per poter arginare la criminalità.
Ci si accorge, quindi, che il cuore del sistema criminale mondiale è nelle banche. Non a caso la Svizzera è una cassaforte impenetrabile, e il segreto bancario lì ha dei vincoli ancora più forti dei nostri. Perché la Svizzera è la cassaforte della criminalità organizzata europea. In altre parole, un’associazione mafiosa, sistemerà i suoi conti in questo modo: 1) a livello locale metterà i risparmi minimi, quelli per le spese correnti (pochi milioni di euro). 2) In Svizzera metterà i capitali maggiori, quelli però che devono essere sempre a portata di mano e prelevabili nel giro di poche ore dal bisogno. 3) nei paradisi fiscali come la Caiman verranno messe le somme più ingenti.

Quando poi si scopre che la Banca d’Italia ha una sua emanazione nientemeno che alle Caiman, viene qualcosa di più di un sospetto.

Per creare un sistema bancario del genere, però, ci vuole la complicità di TUTTI i governanti. E deve esistere un sistema quasi perfetto, senza smagliature, che comprenda la complicità anche degli organi di informazione. E occorre che i banchieri siano più potenti dei politici. In altre parole, analizzando le leggi che regolano il sistema bancario risulta evidente che la politica è subordinata alle banche, e sono loro che dettano le leggi nei vari paesi Europei.
E questo non è un discorso da complottista, ma da giurista.

3. Le stragi.
Un’altra cosa che non torna è la storia dello stragismo in Italia. In tutti i maggiori disastri italiani non si sono MAI trovati i mandanti. Al massimo qualche esecutore, mentre Gelli è stato condannato per depistaggio in un unico caso.
L’altra cosa che salta agli occhi a chi si occupa di stragi è che tutti i testimoni fanno regolarmente una brutta fine. Una mattanza infinita, e sempre con le stesse tecniche. E sempre con una pervicace volontà degli inquirenti di archiviare come suicidi o incidenti dei palesi omicidi.
Allora i conti qui non tornano.
A meno di non voler dire che tutti gli inquirenti erano dei dementi, e che per una casualità tutti i testimoni muoiono inevitabilmente con le stesse cinque o sei tecniche, vuol dire che c’è un filo rosso che collega tutti questi casi.
Questo filo rosso sono i servizi segreti che uccidono e depistano.
Ma i servizi segreti (non si scappa su questo punto) sono – o dovrebbero essere – sotto il controllo dello Stato.
Poi, per carità, si parla sempre di servizi segreti deviati. Ma i servizi non deviati? Che fanno? Dormono? Non sono mai riusciti a fermare la mattanza ad opera dei servizi segreti deviati.
E allora a fronte di questa situazione è l’anticomplottista che è un imbecille. Non il complottista. Perché quando i servizi segreti fanno regolarmente secchi tutti coloro che si oppongono al sistema, con una tecnica che dopo un po’ la riconoscerebbe anche mia nipote di otto anni, allora vuol dire che il problema non è la mafia. E’ lo stato stesso.

4. Il terrorismo e la regia unica. Il programma P2.
Dagli anni sessanta ad oggi contiamo decine di stragi in Italia. Ustica, Piazza della Loggia, Italicus, Banca dell’Agricoltura, Moby Prince, Strage di Bologna, ecc… Mai nessun colpevole. Ma sempre gli stessi elementi comuni: la presenza dei servizi segreti a depistare. I testimoni che muoiono come mosche con la stessa tecnica identica in ogni vicenda.
I terroristi sono per la maggior parte liberi all’estero, allegramente latitanti; quando sono stati in galera sono stati trattati con i guanti bianchi e vanno addirittura a parlare alle università perché, che diamine, non dobbiamo serbare rancore, il passato è passato. E qualcuno lo hanno addirittura messo in parlamento, con la carica di segretario alla Presidenza della Camera (alludo a D’Elia).
Negli ultimi anni viene fuori che dietro a tutte le stragi, sia rosse che nere, c’era Gladio. Lo scopo del periodo stragista era arrivare all’attuale forma di governo bipolare, per instaurare un governo di destra secondo quello che era il programma della P2. Ma gli anticomplottisti questo non lo sanno. E se lo sanno non lo considerano. E se lo considerano… eh bè, che diamine, esistono pure le coincidenze. Ti pare che dobbiamo cercare per forza un complotto per questa situazione kafkiana?

A leggere il programma della P2 è sorprendente come esso sia proprio identico alla situazione attuale: bipolarismo, indebolimento della magistratura, indebolimento della scuola pubblica, controllo dell’informazione.
Inoltre Gelli non solo è libero, potente e considerato, ma parla in programmi TV.
Allora delle due l’una: o la P2 ha realizzato il suo programma. Oppure è una coincidenza.
Il fatto che dopo la scoperta della P2 tutti gli iscritti abbiano fatto carriera e addirittura la tessera 1816 ce la troviamo come Presidente del Consiglio… ma sì… forse è una coincidenza.

5. La mafia.
Per decenni ce l’hanno menata con questa storia che al sud c’è la mafia. Il che è pure vero.
Poi sempre per decenni ce l’hanno menata con la storia della gente del sud che è omertosa, e complice della mafia. Il che è pure vero.
Solo che, ad un certo punto, i conti non tornano più. Perché oggi esistono tecnologie sofisticatissime e a basso costo che permettono di effettuare intercettazioni telefoniche e ambientali da qualsiasi parte del pianeta. I nostri servizi segreti contano migliaia di dipendenti, senza calcolare tutte le persone che sono comunque pagate dai servizi. Aggiungiamo che abbiamo un esercito che non fa praticamente quasi nulla tranne mantenere se stesso ed andare in missione all’estero.
E allora si capisce che lo Stato ha i mezzi per fermare le varie mafie, se vuole, in pochi mesi. Ma se non lo fa è evidentemente per una volontà precisa di non fermarla.
Allora si capisce anche che hanno ragione i meridionali a non denunciare i fatti che vedono. Perché capiscono che il problema non è la mafia, ma è lo stato.
Ed è dallo stato che i cittadini del sud si difendono, prima ancora che dalla mafia.
Ecco perché i meridionali non parlano e sono omertosi. E hanno ragione.
Tra l’altro, da quando mi occupo di questi argomenti non vivo più sicuro; e la gente attorno a me mi dice “ma chi te lo fa fare? Ma voltati dall’altra parte” Come fanno al sud.
Eppure io abito al centro. Allora il problema della mafia non è che la gente è omertosa. La gente infatti è omertosa anche al nord e al centro, a quanto posso constatare nella esperienza personale. Il problema è un altro. La mafia esiste perché lo Stato lo vuole.

6. Complicità della Chiesa.
Qui il problema è delicato.
Sono stato un cattolico, con tanto di tessera Azione cattolica per anni. Uno zio prete. Una madre insegnante di religione. Insomma, un discreto background.
A un certo punto ho iniziato ad avere qualche sospetto.
Il messaggio di Cristo è preciso. Amore, pace, porgere l’altra guancia.
Allora le domande sono: “1) Ma la Chiesa non dovrebbe essere contro ogni forma di violenza? Che senso ha benedire i soldati che partono per il fronte? Afghanistan, Iraq, Vietnam, sono enormi bagni di sangue, che non dovrebbero essere concepiti. Ci vorrebbe la scomunica per chiunque anche solo osasse pensare di attaccare un altro paese. Invece niente; Benedetto XVI trova addirittura unità di intenti con Bush, cioè con uno che ha dichiarato guerra ad un paese straniero con una scusa ridicola, e che ha mandato a morire milioni di suoi cittadini; che è come dire che un PM Palermitano trova unità di intenti con Cosa Nostra.
Poi c’è il problema rosacrociano. E qui, si sa, gli anticomplottisti in genere neanche sanno chi siano questi rosacroce.
Ma quando uno ha un po’ di cultura più della media capisce che la massoneria rosacrociana è la più potente nel mondo, e capisce altresì che i rosacroce si avvalgono di simboli cristiani, e un uomo di Chiesa e di cultura non può ignorare questo fenomeno. Allora dici a te stesso: ma come mai la Chiesa non denuncia questi fatti? Come mai non parlano mai di Rosacroce? (ad esempio la gesuitica Civiltà cattolica, di cui mio padre possiede centinaia di numeri nella sua biblioteca, non ne fa mai cenno).
E la risposta non è piacevole.
La risposta che uno trova è da complottista, sì; e quella parte cattolica che ancora vive in te perché sei stato educato per decenni così, dentro di sé prega che la risposta non sia quella che pensi. Che sia tutto un abbaglio.
Ma a pensare da anticomplottista mi sembra di pensare come un imbecille. E allora purtroppo preferisco essere complottista.

7. La letteratura.
Quando parlo di massoneria, e in particolare di massoneria rosacrociana, come la chiave della spiegazione della maggior parte dei misteri d’Italia, mi si risponde che sono ipotesi non suffragate da nulla. In fondo, chi li conosce questi Rosacroce?
In realtà basta entrare in una libreria molto fornita per accorgersi che di titoli su templari e rosacroce ce ne sono centinaia.

I templari sono un ordine esistito ufficialmente fino al 1300.
Mentre i Rosacroce addirittura, secondo alcuni, non esisterebbero.
Ma centinaia di titoli su un ordine cavalleresco che non esiste più da secoli sono decisamente troppi.
Specialmente poi non c’è rapporto tra la diffusione di titoli su queste due istituzioni, a fronte dell’interesse che l’argomento suscita nei media ufficiali. TV e giornali dedicano ad esempio molta attenzione a fenomeni come l’astrologia, la moda, i motori, ecc… ma quasi nulla a templari e rosacroce, mentre il rapporto è invertito in libreria. Di libri su moto e auto ne troverete qualche decina. Ma centinaia su Templari e Rosacroce. Molti di più anche rispetto ad argomenti pure importanti come la seconda guerra mondiale.
Viene il dubbio che i media ufficiali vogliono presentare una realtà che non corrisponde alla reale importanza dei problemi trattati. Cioè viene il dubbio che i media si occupino di cazzate, e tralascino le cose veramente importanti.
E a chi replica che in fondo la massoneria non è così importante, viene da rispondere che se sulla moneta da un dollaro abbiamo raffigurati una marea di simboli massonici come la piramide, la scritta novus ordo seclorum, ecc…, bè, allora forse così insignificante non è. La moneta è infatti il bene materiale più importante per uno stato, quello che andrà comunque nelle mani di tutti, e quello che, in qualche modo, rappresenta lo stato nel mondo.
Insomma, non hanno messo sulla moneta da un dollaro il simbolo di un’organizzazione buddista, o di un’associazione di tutela della flora e della fauna, ma simboli massonici. E un motivo ci deve essere.

8. Alcune spiegazioni ufficiali che non quadrano.
Poi a me alcune spiegazioni ufficiali della storia non mi hanno mai convinto.
Ad esempio, prendiamo i colori della bandiera italiana. Mi era sempre sembrata una gran cazzata che avessero scelto quei colori perché il rosso rappresentava il sangue dei nostri caduti, il bianco la neve delle nostre montagne, e il verde il colore delle nostre valli.
Prima di tutto abbiamo dei mari stupendi e allora non si capisce perché non hanno messo anche il blu. Poi la neve ce l’abbiamo sì, ma in poche zone d’Italia, e non per tutto l’anno. Allora perché non rappresentare anche i colori della Calabria, della Sicilia, ecc..?
Inoltre gli stessi colori li hanno scelti anche altre nazioni. Anche l’Algeria, il Burundi, La Costa D’avorio e il Madagascar hanno gli stessi colori della nostra bandiera ma non mi vengano a dire che il bianco è quello della neve, perché lì fa un caldo che si schiatta e la neve manco sanno cosa è. Poi scopro che l’Ungheria ha la bandiera identica alla nostra, solo che ha i colori per lungo anziché per largo.
No. Decisamente… mi era sempre sembrata una spiegazione demenziale anche quando ero alle elementari.
Se invece capisci che i Rosacroce sono i vertici del potere internazionale, e che i loro colori d’elezione sono il rosso, il verde e il bianco… allora i conti tornano. Ci hanno semplicemente raccontato un mucchio di cazzate.
Chissà che gli raccontano in Madagascar…

Quando studiavo la storia, al liceo, mi annoiavo. Da una parte mi affascinava, ma da un’altra c’era qualcosa che mi respingeva. Non capivo il perché.
Ad esempio la seconda guerra mondiale. Non si sa quanti libri ho letto sulla seconda guerra mondiale e sull’ascesa del nazismo. Ero affascinato dal fenomeno del nazismo e ho letto libri di tutti i tipi; da quelli di Wiesenthal, alle varie biografie di Hitler…. Eppure i conti non mi tornavano mai e alle fine regolarmente mi scordavo tutto quello che avevo letto.
Già. Perché la storia come ce la presentano la maggior parte dei libri è una serie di avvenimenti messi in fila senza apparente logica, a meno di non pensare di essere stati per secoli governati da degli idioti.
Alcuni esempi. Non sono mai riuscito a capire come cazzo avesse fatto Garibaldi con soli mille uomini a compiere la sua impresa.
E che dire della prima guerra mondiale? Non ho mai capito come si possa far scoppiare una guerra per colpa di un anarchico che spara all’arciduca Francesco Ferdinando.
Ma il capolavoro della demenza umana è la seconda guerra mondiale. Non ho mai capito come avesse fatto Hitler ad armarsi, poi conquistare l’Austria, poi la Polonia, nella assoluta tranquillità degli stati attorno, che avrebbero dovuto fermarlo molto ma molto prima. Quello si armava, conquistava un paese e poi rassicurava tutti: “state tranquilli… ho conquistato l’Austria ma ora mi fermo qui…. Vogliamo la pace noi….”.
Sembra l’America di oggi: “siamo un popolo democratico noi. Vogliamo pace e prosperità. Ora conquistiamo uno staterello, ma poi basta. Poi un altro e ancora basta. Poi un altro ancora….” E nessuno dice nulla, tranne qualche lurido comunista, o qualche anarchico; gente ingrata che anzichè ringraziare l’America per averci liberato dagli americani, li considera dei guerrafondai imperialisti solo per qualche misero milione di morti e qualche decina di guerre negli ultimi 60 anni.
Quando capisci che Hitler fu armato dalle banche inglesi allora sì che i conti tornano e capisci perché nessuno lo fermò. E quando poi capisci che le stesse banche che hanno finanziato Hitler hanno finanziato anche gli angloamericani… bè… un pochino ti incazzi… ma giusto un po’.
Poi Garibaldi. Quando capisci che l’impresa di Garibaldi fu preparata dalla massoneria e le truppe borboniche non combattevano neanche perché avevano ricevuto ordine di ritirarsi, allora i conti tornano. Ecco perchè mille uomini hanno avuto la meglio sulle truppe borboniche.

Per non parlare del conflitto Israeliano Palestinese. Dopo decenni di guerre sanguinose credo che tutti si siano stancati e pur di una tregua, sia palestinesi che israeliani darebbero chissà cosa. Ma è evidente che non c’è questa volontà, anzi, c’è una fortissima volontà contraria da parte di tutti i governanti del mondo. E quando studi il problema alla luce della volontà massonica di creare un focolaio di guerra permanente per poi scatenare un gigantesco conflitto futuro, allora i conti tornano.
Allora essere complottisti nello studio della storia non è una volontà di vedere complotti ovunque. Ma è una necessità scaturita dalla volontà di capire le cause, apparentemente inspiegabili, di certi avvenimenti.

9. I Giornali e le TV.
Per anni dall’età di venti fino ai trenta anni, ho letto anche due quotidiani al giorno, oltre ai vari settimanali, Panorama e l’Espresso. A un certo punto smisi di leggerli perché mi pareva che dicessero sempre le stesse cose.
Tralasciando la politica, che pare che da circa un secolo vada avanti con le stesse dichiarazioni e gli stessi comportamenti (la maggioranza dice o fa qualcosa; l’opposizione dice che è contro gli interessi del paese; la maggioranza dice che l’opposizione non collabora, poi ogni volta che va su qualcuno dice che la colpa dello sfascio è del governo precedente che nega) anche nella cronaca succedevano sempre le stesse cose.
I fatti seguono sempre lo stesso schema identico in 3 punti:

1) Esiste il problema mafia? 2) Chi indaga viene ammazzato. 3) Se non vengono ammazzati i giornali li attaccano e il problema italiano diventano non la mafia, ma i giudici stessi (ricordate Falcone e Borsellino?), poi si solleva il problema dei giudici che devono lavorare in silenzio e che sono troppo giustizialisti.

1) Esiste il problema massoneria? 2) Arrivano Cordova, Woodcock, De Magistris. 3) I giornali li attaccano e il problema italiano diventano Cordova, Woodcock, De Magistris, i magistrati che devono lavorare in silenzio e che hanno troppo potere.

Scoppia il casino di Tangentopoli? Arrivano quelli che indagano, Di Pietro, Borrelli, il pool di Milano. Dopo un po’ il problema diventa non che esiste un sistema criminale che corrompe tutto e tutti; ma i magistrati, troppo politicizzati, con troppi poteri, che non lavorano in silenzio, ecc…

Sempre le stesse cose. Sempre uguali. Basta. Pietà. Non ne possiamo più.
Insomma.
A un certo punto uno si rompe le palle e smette di leggere. Tanto si può sempre anticipare cosa succede.
Però a questo punto uno si pone qualche domanda. Come mai sempre le stesse cose, sempre gli stessi meccanismi?
Ovviamente per anni non avevo capito dove era il bandolo della matassa. Non avevo capito che esisteva un sistema perfetto come un orologio per azzerare qualsiasi tentativo di legalità.
E allora se qualcuno formula una teoria complottista occorrerebbe perlomeno farsi venire il beneficio del dubbio. Altrimenti è l’anticomplottista che è un imbecille. Ma si sa. Gli imbecilli non sanno di essere imbecilli. Se no che imbecilli sarebbero?

10. I giornalisti coraggiosi.
A un certo punto quando avevo trenta anni, il mondo dell’informazione mi pareva diviso in due. Da una parte Vespa, Fede, Liguori, Ferrara, Belpietro, Jas Gawronski, Farina, Mario Giordano, cioè i giornalisti totalmente asserviti al potere in modo conclamato. E poi i giornalisti coraggiosi, quelli che dicono la verità e denunciano le complicità tra la mafia e lo stato, ovvero Nando Dalla Chiesa, Travaglio, Gomez, Santoro, ecc…
Certo, qualche domanda te la fai… Noti che non si occupano di certi temi e quando li toccano lo fanno in modo superficiale.
Noti che l’inchiesta del giudice Cordova aveva messo in luce che la massoneria deviata è lo strumento di collegamento tra mafia, politica e imprenditoria, e che aveva toccato problematiche addirittura più pericolose di quelle sollevate da Falcone e Borsellino.
Dopo un po’ capisci.
Capisci che questi giornalisti stanno lì come specchietti per le allodole, per far vedere che il sistema è democratico, che le voci fuori dal coro esistono. Ma capisci che deviano accuratamente l’attenzione della gente dalle problematiche principali: cioè la proprietà privata della banche centrali, che è la vera ragione dello sfascio economico programmato di questi ultimi tempi; il ruolo della massoneria in politica; Gladio come regia unica di tutte le stragi in Italia.
Ma loro, questi giornalisti d’assalto, non se ne sono resi conto.

11. Le leggi.
Ma soprattutto l’esistenza di un sistema ben organizzato risulta dalle leggi. Per risolvere buona parte dei problemi italiani basterebbero riforme semplici.
Anzitutto la prescrizione dei reati. Ora tutti i reati vanno in prescrizione a causa della lunghezza dei processi. Sarebbe sufficiente fare una piccola modifica di poche parole, e prevedere che la prescrizione si interrompa con l’inizio del processo, come del resto è previsto in quasi tutte le legislazioni del mondo. E una buona parte dei problemi della giustizia penale sarebbero risolti.
Poi basterebbe semplificare i vari riti civili e prevedere che la maggior parte delle udienze siano orali, con la registrazione meccanografica delle udienze. Alla prima udienza il giudice verifica il contraddittorio e le parti dibattono il problema; la maggior parte delle cause palesemente pretestuose o dilatorie scomparirebbero perchè verrebbero eliminate dal filtro della prima udienza. La maggior parte dei processi si risolverebbe in pochi giorni, anziché durare anni.
La giustizia amministrativa poi è una vergogna. E’ inammissibile che occorrano anni di causa solo per capire se il giudice che deve conoscere una certa causa è il giudice amministrativo o civile. Qualche mese fa è uscita una sentenza della cassazione a sezioni unite solo per decidere a chi spettava il compito di decidere riguardo ad un diritto di pascolo su un prato; in altre parole ci sono voluti anni, e milioni di euro dei contribuenti, solo per capire a quale giudice doveva essere affidata la causa.
Quando sei studente non capisci il sistema. Studi e basta. E più studi più pensi che prima o poi capirai sempre di più. Ma in realtà più capisci e più il sistema sembra folle; e a un certo punto, quando – come ho fatto io – ho scritto un manuale di diritto amministrativo ad uso degli studi post-universitari, capisci che il sistema è quello che è perché se lo si semplificasse, verrebbero fuori le magagne del potere. E che potrebbe semplificarsi con un semplice leggina, fatta da un articolo, che dicesse semplicemente: tutte le cause che riguardano gli enti pubblici sono devolute al Giudice amministrativo. Tutte le cause che riguardano enti privati sono devolute al giudice ordinario. Sarebbe la fine di anni, o decenni di processi inutili che vanno avanti solo per capire il giudice chiamato a decidere.
Il nostro sistema giudiziario è una immensa presa in giro per non far capire nulla al cittadino di come vanno realmente le cose. E’ una immensa macchina mangiasoldi che serve solo per dare stipendi ai magistrati e soldi agli avvocati. Ma non serve ad altro che a proteggere i delinquenti e a non fare quasi mai una vera giustizia.
Sono i tempi del processo, è la mancanza di soldi, è l’esigenza del rispetto del contraddittorio, si pensa quando si è studenti. No. La verità è che l’unico motivo di questo sistema allucinante è il mantenimento dello status quo.

12. Quasi in conclusione. Le vittime.
Per un po’ di tempo pensavo che il problema fosse solo processuale e culturale. Cioè pensavo, in altre parole, che siamo ancora culturalmente lontani dal poter ragionare collegando i vari pezzi della storia e ravvisando nella massoneria questo filo rosso; inoltre pensavo che fosse anche un problema di prove, nel senso che in effetti, in passato, anche se di prove ne hanno lasciate tante, esse erano tutte di difficile reperibilità e anche di difficile lettura.
Tuttavia pensavo che mostrando dei documenti, facendo una serie di collegamenti per me assolutamente evidenti, e ascoltando le testimonianze di varie persone, nel singolo individuo si potesse creare una visione non distorta della realtà.
Ma qui mi sono scontrato con un dato di fatto che, lo ammetto, non mi aspettavo.
La gente non vuole capire.
Anche quando porti delle prove documentali precise, anche quando inviti a leggere libri scritti da autori accreditati, la gente non ne vuole sapere lo stesso.
Quando ad un certo punto il sistema mi è stato chiaro, ogni tanto mi sono imbattuto nelle mie ricerche in alcune verità contrarie a quelle ufficiali. Per almeno tre volte mi è capitato di vedere che delitti palesi e di gente famosa, fatti passare per incidenti e suicidi, non erano tali. La prima cosa che fareste voi quale sarebbe? Io ho chiamato i diretti interessati, i familiari delle vittime.
La reazione di rifiuto di costoro, che pure, a loro dire, cercano la verità, mi ha fatto capire che il problema non è solo culturale e processuale. E’ psicologico e sociologico.
Perché accettare la realtà è duro e, anche se uno si lamenta delle ingiustizie subite dallo stato, degli inquinamenti delle indagini, dei depistaggi, è molto più facile accettare la realtà ufficiale e sperare che un giorno tutto torni alla normalità.
In questo senso è un esempio mio padre. Pur avendo vissuto accanto a me determinati avvenimenti, pur avendo ricevuto minacce di vario tipo che gli hanno fatto perdere il sonno e la tranquillità per sempre, non accetta l’idea della Rosa Rossa. I miei incidenti sono casuali, nessuno ha mai tentato i uccidermi, quella notte del 2 gennaio in un albergo di Modena, e mi sono semplicemente suggestionato. E così può continuare a votare quelle stesse persone che sono i mandanti delle minacce da lui subite. E se un giorno mi uccideranno, a parte il comprensibile sollievo per la fine di un incubo che incombe nella loro vita, il mio sarà stato senz’altro un incidente. E continuerà a votare le stesse persone.
In tal modo sarà ristabilito lo status quo. E finalmente la sua mente troverà pace.
Con la mia famiglia non ho più molti rapporti. In particolare con mio padre non ci parliamo più perché ritiene che io sia il problema. Non il sistema io cui viviamo, e la necessità di non voltarsi dall’altra parte. Io.
Come meravigliarsi allora se qualcuno legge i miei articoli e poi passa agli insulti, alle derisioni, ecc…?
Invece di porsi il problema e studiare e approfondire, meglio pensare che il problema sia io. E’ più comodo. Si perde meno tempo e non si deve ribaltare convinzioni che oramai sono acquisite da anni.
E quando qualche magistrato coraggioso fa un’inchiesta coraggiosa… meglio mandare via lui, piuttosto che parlare dei problemi da questo sollevati. Il problema è chi indaga, mica l’indagato.
Il meccanismo è lo stesso in tutti i campi.

13. In Conclusione.
Ricapitoliamo dunque.
L’anticomplottista è quella persona intelligente e razionale che:
– ritiene che non siano mai stati individuati i responsabili delle stragi perché i mandanti sono davvero bravi ad occultarsi e a non farsi scoprire. E i nostri poliziotti e magistrati sono dei deficienti.
– ritiene che la mafia non può essere sconfitta perché i meridionali sono omertosi. E poi la mafia ha ancora un forte consenso sociale nelle campagne e nei paesi.
– ritiene che la politica demenziale della sinistra di questi ultimi decenni è dovuta a scarsa coesione interna, dissidi, ecc…
– ritiene che i giornali siano assolutamente uniformati quanto a qualità e quantità di notizie, e quanto alla ripetitività di esse, perché succedono sempre le stesse cose;
– ritiene che la Chiesa non prenda posizione contro la guerra, non condanni i guerrafondai, nello IOR nasconda i soldi della mafia mondiale, perché il messaggio di Cristo impone di amare prima di tutto il delinquente e la prostituta; la parabola del figliuol prodigo non dice forse che per il figlio perduto si allestisce il banchetto col vitello grasso? E lei infatti la parabola l’ha presa alla lettera. Ecco perché ad esempio Paolo VI diede delle importanti cariche vaticane a Gelli e Ortolani, gli ideatori della P2. Erano le pecorelle smarrite. Erano i figli perduti e poi ritrovati e quindi gli ha allestito un bel banchetto con le casse dello IOR.
– Ritiene sia un caso se molti membri che erano nella lista della P2 ora ricoprono cariche importanti, da Berlusconi, a Maurizio Costanzo.
– Ritiene che l’11 settembre è stato organizzato da uno che vive in una caverna; poi gli aerei hanno centrato il bersaglio, e per puro caso le torri sono venute giù interamente. Dopodichè Bush, avendo a cuore la sua gente, ha deciso di attaccare l’Iraq perché era uno stato canaglia, sperando in tal modo di risolvere il problema terroristico, non avvedendosi della leggerissima contraddizione tra il voler combattere il terrorismo (cioè un fenomeno interno) con lo scatenare una guerra (cioè un fenomeno esterno); si sa che le guerre in genere aumentano gli odi e i dissidi, ma si vede che i suoi analisti non arrivano a un simile livello di profondità.
– Ritiene che la Banca d’Italia è privatizzata e la BCE è fuori dal controllo dei governi perché si sa, il privato è più efficiente del pubblico. Stesso discorso vale per la privatizzazione dell’acqua, del servizio delle esattorie degli enti locali, ecc… Meglio darli ai privati. Siamo in un’epoca liberale, che diamine, e basta con questo centralismo statale di tipo comunista!!!
– Ritiene che non si facciano leggi serie di riforma dei codici perché i parlamentari non hanno tempo. Sono troppo impegnati a combattere la mafia, il terrorismo, la situazione economica attuale, ecc… hanno altre priorità loro. Le riforme possono aspettare.

In realtà l’anticomplottista è due tipi. C’è l’ignorante che non ha mai letto un atto giudiziario, che non ha mai approfondito la cultura massonica, e quindi segue le vicende politiche solo sui giornali ritenendo magari che leggere due o tre quotidiani sia sufficiente per essere informato veramente. E quindi il suo anticomplottismo è sintomo unicamente di chiusura mentale e ignoranza ma non di mala fede.
E poi c’è l’anticomplottista colto, il giornalista che scrive libri e ci informa su tutte le vicende della vita italiana, lo scrittore, ecc…. Questo anticmplottista in genere non è deficiente. E’ intelligente, spesso anche tanto, ma è solo in mala fede e fa parte del sistema. E il sistema presuppone che chi ne fa parte debba negare i fenomeni che abbiamo elencato.

Il complottista invece è quella persona che vede una regia unica dietro tutti questi fatti, una precisa volontà di non perseguire i reati dei colletti bianchi, ma di vessare la povera gente, gli extracomunitari, la gente che non ce la fa ad arrivare a fine mese. Il complottista arriva addirittura – orrore orrore – a ipotizzare un accordo tra Chiesa Cattolica e poteri massonici…. Davvero una cosa inconcepibile, eretica.
Il complottista è quello che crede alle scie chimiche, alla massoneria rosacrociana come regia unica delle mafie e delle varie criminalità mondiali, all’esistenza di un’organizzazione chiamata Rosa Rossa dietro a molti dei delitti che la stampa ci propina come delitti comuni. Talvolta, si sa, alcuni complottisti sfociano nel paranoico, credono agli UFO, e pure ai rettiliani di Icke.

Ma se la scelta è questa… allora preferisco essere paranoico. Meglio paranoico che deficiente. E sono orgoglioso di essere un complottista.
Il giorno che andrò in giro a dire le stesse cose che dice Icke non mi preoccuperò più di tanto. Al massimo mi curo con qualche pastiglia di Serenase (un antidelirante).
Mi preoccuperei invece se cominciassi a dire le cose che dicono Vespa, Gawronski, Facci, Giordano, Ferrara, ecc. Perchè per questi casi non c’è cura: Sono troppo gravi, e alcuni di loro, forse, sono pure in buona fede.
Ma se comincerò a parlare come Travaglio o Santoro, per cortesia uccidetemi. Perché vorrà dire che mi hanno comprato, o mi hanno fatto il lavaggio del cervello col programma MK Ultra (che ovviamente a quel punto dirò di non conoscere).

Ps. Termino il post con una frase tratta da un blog che lessi tempo fa. Il blog è “Tra cielo e terra” di Santaruina.
Quello che ho scoperto in questi anni è che il “complottismo” per come lo si intende generalmente, è fenomeno alquanto raro.
Vi sono invece numerose persone che ad un certo momento della loro vita scoprono, qual novità, che i governi mentono, scoprono che la storia che si insegna a scuola omette alcuni particolari alquanto importanti, che gli eventi spesso si svolgono in modi molto più complessi di come potrebbe apparire ad uno sguardo superficiale.
E’ una questione di ricerca, perché, per quanto possa sembrare strano, documenti e fonti autorevoli che svelano la faccia occulta della storia esistono, sono a disposizione.
Basta cercarli.

E' quasi Sport

Tuesday, 13 January 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

Calciopoli: i giudici hanno impiegato 10 ore, chiusi in camera di consiglio, per emettere una sentenza mite.
Poi Moggi li ha liberati.

(commento di PuroNanoVergine sul blog spinoza.it)

Azouz Marzouk diventa stilista di occhiali: costeranno 220 euro

Monday, 12 January 2009
Pubblicato nella categoria ARTICOLI, WEBNEWS

da Affaritaliani

Entro fine mese saranno messi sul mercato gli occhiali firmati “Azuz Marzuk” al costo di 220 euro al paio. Una iniziativa commerciale del discusso imprenditore e “manager televisivo”, come egli stesso si definisce, Alessio Sundas, che gia’ aveva scandalizzato l’opinione pubblica per aver deciso di lanciare la “Linea Rom” sfruttando l’immagine di Marco Ahemtovic, il romeno condannato a sei anni di reclusione per aver travolto e ucciso quattro ragazzini. Leggi il resto –> »

C'è una "questione gay" nel PRC

Monday, 12 January 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

da aprileonline.info

Nella Rifondazione di Ferrero, che sta affidando Liberazione alla coppia Bonaccorsi-Fagioli, non c’è spazio per gli omosessuali e la cultura libertaria. Una conferma di quanto accaduto nel corso della storia, dove il comunismo non ha brillato certo per tolleranza verso l’amore tra le persone dello stesso sesso.

Lo dicevo io che il voto degli operai di Mirafiori alla Lega di Bossi sarebbe stato pesante e ingombrante come un macigno. “Il partito pensa solo a froci e zingari, non a noi” avevano dichiarato le tute blu. Un voto, un interruttore che ha spento un partito storico dove ormai i lavoratori erano divenuti elementi accessori, tessere che forse non avevano colto pienamente la rivoluzione culturale di Bertinotti, ma che alla fine del mese dovevano comunque fare i conti con la crisi, con il caro vita, gli stipendi magri e i figli da far studiare.

Un partito allo sbando, fuori dal Parlamento, con il nuovo segretario politico, l’operaissimo Ferrero, che ha sbaragliato l’avversario, il gayssimo Niki Vendola. E che ha portato un’ondata di aria non proprio nuova, dove per i gay non c’è spazio. Perché Rifondazione Comunista non può proprio perdere il voto degli operai per quello dei froci.

Ma chi lo dice che i comunisti sono tradizionalmente amici dei gay? In realtà l’avvicinamento delle istanze degli omosessuali alla lotta comunista è cosa recente, recentissima al punto da non essere mai stata metabolizzata dalla base, tanto che se in Spagna i gay si sposano grazie a Zapatero, in Italia il frizzante partito della Falce e Martello arriva al massimo al riconoscimento della coppia di fatto, dal momento che il matrimonio è un istituto borghese, decadente, superato e ormai in fallimento.

Sulla pesante omofobia comunista e sulla morale socialista degli anni del Dopoguerra fino alla metà degli Anni Settanta vi sono così tante testimonianze e così tanto materiale che ci sto scrivendo un libro: persino quando venne ucciso Pasolini, che da quel momento divenne un martire ad uso e consumo della propaganda comunista, si fece fatica a pronunciare quel dannato termine omosessuale.

Ma è il nuovo corso di Rifondazione a lasciare di stucco, perché è in atto nel partito una vera e propria epurazione di personaggi e di idee, come se fossimo tornati all’epoca di Breznev: elegantemente l’ex deputato Vladimir Luxuria ha dichiarato di non voler occuparsi più di politica e di no pensare alle europee, mentre Saverio Aversa, noto militante impegnato nella lotta per i diritti dei gay, oggi afferma di essersi sentito costretto a lasciare il partito perché “il lavoro fatto è stato reso inutile dagli attuali dirigenti che hanno deciso di non avvalersi più della mia collaborazione, mi hanno invitato ad occuparmi d’altro in sostanza, senza neppure chiedere un passaggio di consegne, senza volere neanche un bilancio complessivo, un resoconto e nemmeno le informazioni e i contatti che avevo stabilito a livello nazionale e a livello europeo”.

L’idea che il quotidiano comunista Liberazione fosse venduto a Luca Bonaccorsi, amico e discepolo di Massimo Fagioli, ha fatto andar fuori di matto ben più di un rappresentante del movimento gay: lo psichiatra Fagioli, considerato il guru di Bertinotti ed il suo padre spirituale, se ne era ben uscito dichiarando che l’omosessualità è negazione, che va curata e riferendosi a Nicki Vendola: “Per me può anche andare a letto con un termosifone, ma non si può essere allo stesso tempo gay, cattolico e comunista”.

L’aria che tira intorno a Rifondazione è davvero malsana per i gay, ma è inutile nasconderci dietro un dito: se si vuole rimettere insieme il partito, a qualcosa bisognerà pur rinunciare. Ed è meglio voltare le spalle alle proprie idee che ai seggi in Parlamento.

Il Grande Fratello si annuncia 'sociale'

Monday, 12 January 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

da inviatospeciale.com

Dopo la ‘lotta di classe’ dell’Isola dei famosi arrivano immigrati, non vedenti e cassintegrati Alitalia. Una televisione che divora tutto senza pietà.

Stasera parte la risposta Fininvest all’Isola dei famosi Rai, il Grande Fratello. Sono passati nove anni e la formula del reality sembra ormai aver raschiato il barile, anche se le principali reti televisive non demordono. Se la Ventura ha cercato la strada ‘politica’, lanciando il suo programma con la ‘lotta di classe’ tra vip e nip, gli autori del biscione sembrano non essere da meno e così nella casa ci dovrebero essere un non vedente, una assistente di volo Alitalia e un immigrato clandestino romanì.

Ma non finisce qui. Insieme ai rappresentanti dei ‘macroproblemi’ ci saranno una ‘delegata’ del volontariato, un ex surfista colpito da un fulmine e finito in coma, il solito presunto imprenditore, questa volta a cavallo tra Napoli e Hollywood e qualche altra sorperesa non ancora annunciata.

L’idea di banalizzare tutto è diventata la chiave della tv di secondo livello (ammesso in Italia ce ne sa una di primo) e così si sceglie di inserire all’interno di produzioni di spettacolo  senza spettacolo problematiche ben più complesse, raggiungendo il risultato di generare consapevolezze immerse nella superficialità.

Se i cittadini di Paese sono nutriti di approssimazioni perchè mai dovrebbero essere esigenti per quel che riguarda la qualità della propria esistenza? Non è più necessario il Piano di Rinascita inventato da Gelli e P2, perchè gli autori sono ormai teleguidati da se stessi e riproducono moduli forse addirittura in modo inconscio.

L’esempio Luxuria all’Isola è emblematico. Oggi la si vede ovunque parlare di omosessuali e transgender, in salotti indignati per il trattamento che viene loro riservato. Mentre nulla cambia, si pensa possa cambiare e cambierà, perchè oltre parole e chiacchiere televisive nessuno ha davvero compreso la tragedia di chi è al centro di quelle problematiche. Eppure l’eroina di Supersimo è molto compresa nel suo ruolo e tutti fanno a gara per averla.

Andrea Palazzo, a capo dell’equipe di autori, trovando del tutto ovvio costuire squadre di personaggi con caratteristiche ‘sociali’ le include senza fare una piega nel reality trash e dice che tutto è normale, si rimarrà nell’ambito delle finalità del Grande Fratello: sopravvivere all’interno della casa.

Valo a raccontare ad un cieco che non trova la strada, agli oltre diecimila cacciati da Alitalia ed agli immigrati stranieri che alla fine le ‘difficoltà’ premiano.

Ovviamente il tinello mediatico che ha sostituito i grandi produttori di tv degli anni sessanta e settanta forma professionisti tanto superficiali quanto i cittadini che si cercano in veste di pubblico ed allora quest’anno nella casa entra anche l’ecologia.

L’appartamento di Cinecittà imporrà comportamenti ‘risparmiosi’. Siamo in recessione? Il premio finale è sceso a 300mila euro (costerà meno anche televotare?), la costruzione della casa fa ricorso a pannelli solari, mobili in legno con vernici ecologiche, dispenser per i detersivi e per l’acqua potabile, assenza di bottiglie di plastica e shoppers riciclabili e i nuovi reclusi effettueranno la raccolta differenziata dei rifiuti.

Dopo la prima puntata, nella quale sarà presentata la nona edizione coi ‘fenomeni’, nella seconda puntata arriveranno nuovi reclusi fino a raggiungere il numero di sedici. E siccome anche la cultura coloniale sembra in ripresa, tra loro potrebbe esserci una ragazza italiana che però è stata concorrente dell’edizione spagnola. Contaminazioni fraterne.

Tech4You: WIRED Is Coming

Monday, 12 January 2009
Pubblicato nella categoria TECH4YOU

di Sergio Fornasini

Sarà disponibile in edicola dal 19 febbraio l’edizione italiana di WIRED, rivista “cult” a stelle e strisce fondata nel 1993. Non si tratta di una delle solite pubblicazioni di informatica, gadget elettronici, ecc. Si potrebbe invece definire un magazine di costume, con uno spiccato interesse per la tecnologia in generale. Wired Italia avrà cadenza mensile, prezzo di copertina 4 Euro, sito internet wewired.it. Nell’immagine in alto il numero zero, click sulla foto per ingrandire.

L’editore sarà Condè Nast, già presente nel nostro paese con Vanity Fair e GQ. Per dirigerlo è stato chiamato Riccardo Luna, ex giornalista di Repubblica e proveniente dalla direzione del periodico “Il Romanista”, testata decisamente di altro genere. Luna promette una rivista vivace ed interessante, non ridotta al rango della semplice traduzione dall’edizione americana. Ha inoltre un dichiarato obiettivo particolarmente ambizioso: cambiare il mondo, ne parla nel filmato che ho inserito alla fine di questo articolo. In bocca al lupo!

Da aprile Wired sbarca anche nel Regno Unito con una sua edizione localizzata. Ci avevano già provato 11 anni fa ma con scarso successo, l’esperienza si era esaurita in pochi mesi.

Cultur@. Cartesio: il teschio vagante "è o non è"?

Sunday, 11 January 2009
Pubblicato nella categoria CULTUR@

di Nicoletta Salata

In questi giorni in Francia è andata in scena una sorta di amletico dilemma riguardante il teschio di Descartes: restare o trasferirsi? In qual caso, considerata la sua attuale collocazione sulla “rive droite”, si tratterebbe infondo di attraversare la Senna per scendere più a sud. Senza tra l’altro neppure scomodare lo psicopompo Caronte il quale a Cartesio, il servizio di traghetto, l’aveva mitologicamente già offerto a Stoccolma l’11 febbraio del 1650 (giorno in cui appunto morì).

L’intrigante e un po’ grottesco dramma è così riassumibile.

René Descartes alias Cartesio nasce a La Haie nella regione di Touraine il 31 marzo 1596, cittadina che in suo onore prenderà successivamente il nome di Descartes. Tra il 1607 e il 1615 studia però nell’allora College Henri IV (proprio da lui considerato uno dei migliori licei d’Europa) che si trova non lontano nella cittadina di La Fleche e che attualmente è divenuto la scuola militare Prytanée (che ospita tra l’altro parte della sua biblioteca). Alla sua morte, avvenuta in Svezia a causa di una polmonite anche se nel 1980 fu avanzata un’ipotesi di assassinio per avvelenamento che però a tutt’oggi non è ancora stata dimostrata, i suoi resti furono sballottati per tutta l’Europa. Tralasciando le varie tappe di questo macabro peregrinare, consideriamo ora soltanto il traguardo ovvero l’attuale collocazione delle sue spoglie, le quali sono custodite in una cappellina della chiesa di Saint- Germain-des-Prés. All’appello manca però il teschio, il quale evidentemente ha vagato nei secoli in solitaria e stando a quanto riferito da Philippe Comar nel suo libro del ’97 “Mémoires de mon crâne, René Descartes” fu inviato nel 1821 al naturalista Georges Cuvier da un chimico svedese. Il reperto, del quale però non si ha certezza (Philippe Charlier, paleopatologo specialista di antiche spoglie, sostiene infatti che di crani di Descartes in circolazione ce ne sarebbero almeno cinque, uno a Stoccolma e altre tre in collezioni private!) è esposto a Parigi al Musée de l’Homme tra il cranio di un uomo di Cromagnon, risalente al paleolitico, e una riproduzione di quello dell’ex calciatore Lilian Thuram. A testimonianza del travagliato vagare del cranio, va sottolineato che la parete occipitale porta incise 12 firme di altrettanti proprietari passati. Ed ecco la ragione del dilemma: il primo ministro francese François Fillon, il quale ha nella cittadina di La Fleche il centro del suo potenziale elettorato, e che già nel 1996 l’aveva reclamato in occasione di un simposio sul filosofo-matematico, è tornato all’attacco. Vorrebbe infatti che il cranio venisse trasferito al Prytanée. Ma anche in Touraine i cittadini insorgono: infondo sono loro ad aver dato i natali a Cartesio. La questione, che avrebbe dovuto essere discussa il 13 gennaio prossimo in occasione di una riunione del consiglio, sembra però essersi risolta venerdì. Fillon ha dichiarato che il cranio resterà al momento nel luogo in cui si trova. E ci sarebbe un’ altra soluzione avanzata da altri studiosi: riunirlo al resto del corpo che come già detto è ospitato dal 1819 nella chiesa parigina.

Una variante interpretativa della teoria cartesiana “cogito ergo sum” sembrerebbe esser stata applicata ed aver fatto quanto meno temporaneamente rinsavire il primo ministro!

Se è vero che Cesare Lombroso fondatore del Museo di Antropologia criminale di Torino che porta il suo nome, decise personalmente che dopo la morte il suo corpo venisse decapitato e sezionato (la sua testa è conservata in un vaso di vetro in formalina), non sappiamo come Cartesio, certamente ignaro della sorte che avrebbe avuto la sua testa e sostenitore del metodo del dubbio, considererebbe questa faccenda che si affanna su un teschio che oltretutto non si sa neppure se sia il suo.

Se da un lato il primo dilemma sembra essersi risolto ecco che ne appare e permane un secondo, ancora più legittimo e azzeccato: è o non è?

 

Lo chiamavano Faber, metteva la poesia sopra ogni cosa

Sunday, 11 January 2009
Pubblicato nella categoria ARTICOLI

11 gennaio 1999. Dieci anni fa è scomparso Fabrizio Cristiano De Andre’, poeta e cantautore fuori dagli schemi. Da via Del Campo è volato su una delle sue Nuvole Barocche. Ciao amico fragile (sf)

Leggi il resto –> »

Motivazione della sentenza di condanna a 8 mesi per Marco Travaglio

Sunday, 11 January 2009
Pubblicato nella categoria ARTICOLI

Sulla vicenda leggi anche gli altri articoli di questo blog (1) (2) (3) (4) (5)

Apc-Travaglio/ Giudice: Diffamò Previti con accostamento insinuante. Motivazione della condanna a 8 mesi di reclusione.

Milano, 9 gen. (Apcom) – “La circostanza relativa alla presenza dell’onorevole Previti in un contesto di affari illeciti e di pressioni indebite è stata inserita nel corpo dell’articolo mediante un accostamento indubbiamente insinuante con l’effetto di gettare una pesante ombra sul ruolo avuto da Previti in quella specifica situazione e con chiara allusione ad un suo coinvolgimento nlla vicenda, acquisendo perciò una evidente connotazione diffamatoria”.

E’ il passaggio cruciale del provvedimento con cui il giudice del Tribunale di Roma Roberta Di Gioia spiega i motivi per cui il 15 ottobre scorso aveva condannato il giornalista Marco Travaglio a 8 mesi di reclusione e 100 euro di multa per diffamazione ai danni di Cesare Previti attraverso la pubblicazione di un articolo sul settimanale “L’Espresso” dal titolo “Patto scellerato tra mafia e Forza Italia” pubblicato il 3 ottobre del 2002.

Il direttore Daniela Hamaui era stata condannata a 5 mesi e 10 giorni di reclusione, 75 euro di multa. Per entrambi gli imputati pena sospesa (tutto coperto dall’indulto) e la condanna anche a un risarcimento a favore di Previti di 20 mila euro più 2500 di spese processuali. Secondo il giudice “nel caso di specie non risulta rispettato il fondamentale limite della scriminante, vale a dire la veridicità della notizia. La notizia come riportata non risponde a verità”. Scrive ancora il giudice: “Dai verbali delle dichiarazioni rese dal colonnello Riccio risulta che questi richiesto più volte di precisare se in quella occasione in cui si discuteva della posizione di Marcello Dell’Utri in relazione a quanto appreso da Ilardo circa i rapporti tra lo stesso Dell’Utri e Cosa Nostra, fosse presente presso lo studio dell’avvocato Carlo Taormina anche l’onorevole Previti, ha dapprima escluso che Previti fosse presente. Poi chiariva di non essere in grado di ricordare se lo avesse visto in quella o in altra occasione ma solo per un attimo, precisando che Previti comunque non aveva partecipato in alcun modo all’incontro o ascoltato la conversazione”.

“E’ EVIDENTE – CONCLUDE IL GIUDICE – CHE L’OMISSIONE DEL CONTENUTO INTEGRALE DELLA FRASE DI RICCIO, RIPORTATA SOLO PARZIALMENTE NELL’ARTICOLO REDATTO DA TRAVAGLIO NE HA STRAVOLTO IL SIGNIFICATO. TRAVAGLIO HA FORNITO UNA DISTORTA RAPPRESENTAZIONE DEL FATTO RIFERITO DALLA FONTE LE CUI DICHIARAZIONI LETTE INTEGRALMENTE MODIFICANO IN MANIERA RADICALE IL TENORE DELLA FRASE CHE NELL’ARTICOLO È STATA AGGANCIATA AD ARTE IN MANIERA PARZIALE SUBITO DOPO LA DESCRIZIONE DEL NEBULOSO CONTESTO DI INTRECCI RELATIVI AD AFFARI ILLEGALI, AL PRECIPUO SCOPO DI INSINUARE SOSPETTI SULL’EFFETTIVO RUOLO SVOLTO DA PREVITI”.

“LE MODALITÀ DI CONFEZIONAMENTO DELL’ARTICOLO RISULTANO PERALTRO SINGOLARMENTE SINTOMATICHE – secondo il Tribunale – DELLA SUSSISTENZA IN CAPO ALL’AUTORE DI UNA PRECISA CONSAPEVOLEZZA DELL’ATTITUDINE OFFENSIVA DELLA CONDOTTA E DELLA SUA CONCRETA IDONEITÀ LESIVA DELLA REPUTAZIONE DI PREVITI”.
Il 22 dicembre scorso Travaglio era tornato sulla vicenda in un articolo sul quotidiano “L’Unità” spiegando: ” Il Tg1 aveva dato la notizia della mia condanna. Ora che Riccio in Tribunale ha ribadito e arricchito il suo racconto il Tg1 tace. Viva il servizio pubblico”. Travaglio e il direttore del settimanale ricorreranno in Appello.

Fratelli di sangue

Sunday, 11 January 2009
Pubblicato nella categoria LETTERE

riceviamo e volentieri pubblichiamo – di Fabrizio Spinella

L’editore Pellegrini di Cosenza lo ha lanciato con un buon risultato di vendite, ma sarà l’editore Mondadori di Milano a imporlo nella grande distribuzione: si tratta del libro del magistrato antimafia Nicola Gratteri e del giornalista italo-canadese Antonio Nicaso, intitolato “Fratelli di sangue“, i cui diritti di ristampa sarebbero passati dal marchio calabrese alla scuderia di Segrate, dove, si spera, il testo sarà sottoposto a nuovo editing, per correggere imprecisioni e snellire la narrazione.

Evidentemente, Mondadori, dopo il successo mondiale di “Gomorra”, il libro di Roberto Saviano sulla camorra sostenuto da un poderoso battage pubblicitario, vorrebbe replicarlo con la ‘ndrangheta. Magari poi ci sarà la cessione dei diritti di riproduzione per il cinema: “Fratelli di sangue” è già un titolo, una sceneggiatura, un business.

Il 'grumo' della questione morale

Friday, 9 January 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

articolo di Antonio Ruggeri per ilbenecomune.it

Da Berlinguer a Saviano, com’è cambiato il rapporto fra la politica e gli affari, ma soprattutto com’è cambiata la percezione di questo problema nell’opinione pubblica del Paese

Uno studio recente dell’Università di Cambridge rileva come gli italiani, fra i popoli europei, siano quelli meno soddisfatti delle loro Istituzioni, a causa di un fenomeno dai contorni drammatici e sfrangiati, che va sotto il nome di questione morale.

In un’intervista del 28 luglio 1981 richiamata più volte nelle cronache avvilenti di questi ultimi mesi che raccontano il groviglio ormai inestricabile fra politica e affari, l’allora Segretario del Partito Comunista Italiano Enrico Berlinguer, dichiarava senza infingimenti il suo punto di vista:”La “questione morale” nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati”.

Da questo scenario fosco e minaccioso per la stessa tenuta democratica del Paese, Berlinguer teneva fuori il suo partito, “diverso” secondo lui per tre motivi di fondo: 1. perché non occupava lo Stato con le clientele; 2. perché lottava contro i privilegi e quelli della politica in particolare; 3. perché lavorava per il superamento del capitalismo e delle sue ingiustizie.

Si può ben dire che la sinistra italiana abbia dissipato questa “diversità” e che la corruzione attraversi ormai trasversalmente il nostro impianto istituzionale. Così commentano sconsolatamente i cittadini e quasi baldanzosamente i rappresentanti del Pdl, rivendicando una triste e proterva “pari opportunità” con una sinistra sempre più alla deriva e lontana dall’universo etico-politico di Berlinguer.

Dal 2006 però, clamorosamente, la nostra “questione morale” si è decisamente complicata.
Esce “Gomorra”, il romanzo/inchiesta di Roberto Saviano che delinea con nomi e fatti circostanziati una nuova e devastante fisionomia per la delinquenza organizzata, sempre meno delinquente (nel senso iconografico del termine) e sempre più organizzata.

I Casalesi si percepiscono e si raccontano come imprenditori. Il “core business” (viene da dire) dei loro affari sta nella rete dei subappalti, nell’edilizia come nel tessile, nei trasporti e nella panificazione, nello smaltimento dei rifiuti e “discretamente” nella finanza, oltre che naturalmente, nella prostituzione e negli stupefacenti.

In ambiti di compensazione del tutto fuori controllo, l’economia malavitosa si mescola a quella “dal volto umano”, della quale si discute convintamente alla televisione.
Lo abbiamo compreso senza possibilità di equivoco con la vicenda (tutt’altro che conclusa) dei rifiuti napoletani.

Dalle Istituzioni alla Camorra, passando per il salotto buono del capitalismo italiano; tutti insieme ad aggiornare la sordida fisionomia di una questione morale sempre più proterva, strutturata e pervasiva. Non a caso i camorristi di Gomorra, il loro sodalizio totalizzante lo chiamano “O Sistema”.
Per ribadirne l’egemonia senza eccezioni.

Il peggiore dei mondi possibili, in mancanza d’alternative concrete. Siamo alla “corruzione inconsapevole”, ha detto Saviano con un intervento seguito all’ondata di arresti che ha decimato la Giunta napoletana di centrosinistra.

Da Berlinguer a oggi la “questione morale” è cambiata radicalmente. L’autore di Gomorra rileva come la corruzione abbia colonizzato la vita pubblica italiana, fino al punto che gli amministratori dello Stato, nell’esercizio delle loro funzioni, perpetrano reati dei quali non hanno addirittura contezza e non percepiscono l’infrazione etica.
La Casta si è abituata a sguazzare nell’abuso di potere agendo alla luce del sole; passando da dimissioni tattiche rimesse a telegiornali compiacenti, ribadendo i criteri di un garantismo d’accatto che per accumulazione, ha modificato la sensibilità dell’opinione pubblica su questo versante.
La corruzione in Italia è tutt’altro che inconsapevole come dice Saviano, sia pur suggestivamente. I nuovi termini della nostra questione morale ce la pongono come un fatto culturale, prima ancora che giudiziario.

La reiterazione dei reati e la sostanziale impunità dei responsabili – anzi, la loro ridanciana sovraesposizione mediatica – hanno diffuso fra i cittadini prima un senso d’impotenza, poi un’etologica tolleranza e infine un’adesione entusiastica e spregiudicata alla loro resistibile ascesa.

Per delineare con maggiore dettaglio la nostra condizione, voglio ricordare che a metà dello scorso dicembre il Primo Ministro democristiano belga, Yves Leterme, si è dimesso perché accusato di aver esercitato indebite pressioni sulla magistratura, nella vicenda del salvataggio della importante banca Fortis.

Il nostro Primo Ministro in carica, nei confronti della Giustizia, si trova nella condizione seguente: Nel ’90 viene condannato per aver giurato il falso a proposito della sua iscrizione alla Loggia massonica P2.
E’ stato condannato a 2 anni e 9 mesi di carcere (la condanna è andata prescritta) per aver pagato tangenti alla Guardia di Finanza per ammorbidire i controlli sulle sue aziende.
E’ stato condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione (la condanna è andata prescritta) per aver pagato 21 miliardi di tangenti a Bettino Craxi attraverso la società estera All Iberian.

E’ stato accertato che la sua Fininvest, fra l’89 e il 96, ha occultato almeno 2.000 miliardi di fondi neri. Di conseguenza è stato accusato di falso in bilancio ma il suo Governo nel 2002 ha depenalizzato il reato. E’ stato rinviato a giudizio per aver versato una decina di miliardi al nero dal Milan al Torino calcio per l’acquisto di Lentini, ma il reato è andato prescritto dopo la depenalizzazione del falso in bilancio. E’ stato accusato di appropriazione indebita, di frode fiscale e di falso in bilancio, per l’acquisto dei terreni intorno alla sua villa di Macherio. L’accusa è caduta dopo la depenalizzazione del falso in bilancio e per l’amnistia.
E’ stato accusato di corruzione nei confronti dei giudici di Roma affinché fosse favorito nella vicenda del “Lodo Mondadori”. Il reato è andato prescritto nel 2001. E’ stato accusato di corruzione dei giudici nell’acquisto della Sme. La sua posizione viene stralciata per il “Lodo Maccanico” del 2003 che prevedeva la non processabilità delle più alte cariche dello Stato. Dopo che la Corte costiutuzionale boccia il Lodo Maccanico, Berlusconi viene assolto per insufficienza di prove. Con Dell’Utri e altri manager della Fininvest proprietaria di Telecinco, è accusato in Spagna di frode fiscale per 100 miliardi. Il processo è tutt’ora sospeso.

L’11 dicembre 2004, il tribunale di Palermo condanna il suo braccio destro Marcello Dell’Utri a 9 anni di carcerazione per concorso esterno in associazione mafiosa. Nella sentenza si chiarisce che Dell’Utri fin dal 1974 era a disposizione di Cosa Nostra e che egli portò il pregiudicato Vittorio Mangano nella villa di Arcore di Berlusconi, come “garanzia” per la mafia. Va sottolineato che se il Sovrano del Belgio Alberto II ha accettato le dimissioni di Leterme, in Italia Berlusconi lavora alla riforma della Costituzione, per diventare egli medesimo Presidente della Repubblica.

“E ho detto tutto”, avrebbe commentato lapidariamente l’indimenticabile Peppino De Filippo.

LE BANCHE VENDONO I GIOIELLI DI FAMIGLIA

Thursday, 8 January 2009
Pubblicato nella categoria NONSOLOSOLDI

di Gianluigi De Marchi

Nel giro di poche settimane le due maggiori banche italiane hanno venduto i “gioielli di famiglia” per fare cassa.
Unicredit ha ceduto duecento palazzi (fra i quali il prestigioso palazzo di Piazza Cordusio a Milano in cui ha la propria sede!) ad una società immobiliare, la Fimit di Massimo Caputi. Valore della transazione circa 2 miliardi di euro, che l’acquirente dovrà cercare di raccogliere collocando sul mercato quote di un fondo immobiliare. Unicredit non dovrà cercarsi altre sedi, perché prenderà n affitto i locali venduti e naturalmente se li ricomprerà non appena sarà passata la tempesta sul mercato finanziario.

Intesa San Paolo ha ceduto 285 immobili per circa 850 milioni di euro alla Fimit (toh, chi si rivede…) e, non contenta dell’operazione, ha anche cartolarizzato 13 miliardi di mutui (sono circa 190.000 contratti!).
In entrambi i casi le operazioni sono state dettate dalla necessità di “fare cassa”, cioè di raccogliere denaro fresco per cifre ingenti e sistemare i conti di fine anno che, malgrado le tante assicurazioni verbali profuse a piene mani in questi mesi, sono decisamente brutte.
La maxi cartolarizzazione della banca ambro-torinese è un colpo di bacchetta magica, un vero esempio della finanza “creativa”. Il compratore delle obbligazioni rappresentative dei mutui è infatti una sconosciutissima società che si chiama Adriano Finance2, che non ha messo mano al portafoglio, perché i soldi per comprare le obbligazioni glieli ha gentilmente dati Intesa San Paolo stessa che li ha immediatamente ricomprate. Passera e Salza sono matti? No, hanno semplicemente messo fieno in cascina per cautelarsi se il futuro fosse nero. I mutui cartolarizzati, infatti, possono diventare moneta sonante andando alla BCE per avere prestiti garantiti da obbligazioni. Oplà, doppio salto con avvitamento e la cassa esangue delle banche può riprendere colore senza chiedere l’elemosina al Tesoro (disposto a finanziare tutte le banche, ma ponendo condizioni che i “signori del denaro” non vogliono evidentemente accettare…).

E così i due maggiori simboli della “grandeur” del sistema bancario italiano si trovano in condizioni non diverse da quelle di molte famiglie, costrette a portare al banco pegni anelli, braccialetti, collane per incassare i contanti di cui hanno bisogno per tirare avanti. Tra qualche anno, ne siamo sicuri, i gioielli saranno ricomprati, ma nel frattempo i tempi sono duri anche per Profumo e Passera che hanno impostato la loro attività solo sulla crescita dimensionale delle loro banche senza fare attenzione ai costi ed ai rischi (per non parlare delle spericolate operazioni finanziarie legate ai derivati, ai mutui subprime e, notizia fresca fresca, ai fondi farlocchi dello pseudo finanziere Madoff, il Giuffré d’America).
In questo quadro le piccole banche vivono un momento magico: il loro comportamento considerato un po’ sbiadito, un po’ “rétro”, un po’ fuori dei tempi si è rivelato quello giusto: hanno semplicemente “fatto la banca” senza lanciarsi in avventure rischiose ed oggi possono tranquillamente andare in giro sfoggiando loro gioielli. Meno male che oltre a Profumo e Passera in Italia ci sono tanti Brambilla, Rebaudengo, Parodi o Cacace che gestiscono banche popolari o casse rurali senza tanti grilli in testa…