Strage di Bologna: la risposta del governo all’interpellanza n. 2-00238

Friday, 23 January 2009
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da cielilimpidi.com – Una risposta documentata, dettagliata e finalmente non più inconsistente e vuota come quella data alla stessa interpellanza nella precedente legislatura. Resta solo lo stupore che Kram sia ancora interrogato come persona informata invece che come sospettato.

[…]
Nel 2005 la procura di Bologna ha riaperto le indagini sulla strage alla stazione, prendendo in considerazione la pista internazionale, e, in particolar modo, quella palestinese, non solo sulla base di quanto già a suo tempo fornito dalle autorità tedesche, ma anche sulla scorta di atti presenti nell’archivio della Direzione centrale della polizia di prevenzione.

L’ipotesi avanzata (sottolineo il termine «ipotesi») parte dall’arresto di Abu Anzeh Saleh, nato ad Amman il 15 agosto 1949, cittadino giordano e rappresentante italiano a Bologna del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, segnalato da più fonti come elemento del gruppo Carlos.

Il Saleh, il 13 novembre 1979, viene arrestato a Bologna dall’Arma dei carabinieri, a seguito delle indagini susseguenti gli arresti ad Ortona degli estremisti di sinistra aderenti all’area dell’autonomia Pifano, Baumgartner e Nieri, per una vicenda riguardante il rinvenimento di alcuni lanciamissili.

Successivamente, il 15 gennaio 1980, l’UCIGOS trasmette alle questure di Roma e di Bologna un appunto, pervenuto da fonte qualificata, nel quale si fa riferimento a contatti informali di George Habbash con ambienti diplomatici arabi per far pressione sul Governo italiano al fine di ottenere la liberazione di Saleh.

Nell’appunto viene rappresentato che il leader del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina non escluderebbe il ricatto terroristico nei confronti dell’Italia pur di far liberare Saleh. Il 25 gennaio 1980, Saleh viene condannato dal tribunale di Chieti a 7 anni di reclusione per detenzione e trasporto illegittimo di armi da guerra.

La condanna aveva dato luogo a notevoli reazioni negative negli ambienti del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, a tal punto che erano trapelate notizie circa presunte ritorsioni da parte della stessa organizzazione palestinese nel nostro Paese, dirette anche alla liberazione di Abu Saleh.

Di tali preoccupazioni esiste in atti un appunto datato «Bologna, 8 marzo 1980», ed una nota riservata dell’11 luglio 1980 trasmessa dall’allora UCIGOS alla questura di Bari e al Sisde.
In sintesi l’ipotesi investigativa – e sottolineo sempre il termine «ipotesi» – si fonda sulla seguente scansione: Abu Anzeh Saleh viene arrestato dalle autorità italiane; il Fronte Popolare di Liberazione della Palestina minaccia rappresaglie, prima per l’arresto e poi per la condanna di Saleh; il Fronte potrebbe aver deciso di colpire l’Italia, e per questo di utilizzare la rete terroristica di Carlos alla quale è direttamente collegato e con la quale ha già operato; Carlos, sempre in base a tale ipotesi, incaricherebbe Thomas Kram che conosce l’Italia per avervi vissuto; Thomas Kram, stando a quanto riferiscono le autorità tedesche (basandosi sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia) ha conoscenze solide nel campo delle armi e degli esplosivi, in particolare è esperto di circuiti elettronici; Thomas Kram il 2 agosto 1980 era effettivamente a Bologna; il 2 agosto 1980 è un mese esatto dall’inizio del processo di appello ad Abu Anzeh Saleh e Bologna era la sua città di residenza.
[…]

Diffamazione e querela, ogni tanto i giornalisti vincono

Friday, 23 January 2009
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dall’agenzia Omnimilano

Prosciolti i giornalisti, condannato il querelante. Questa l’originale decisione del giudice per l’udienza preliminare Guido Salvini in merito a un procedimento per diffamazione intentato da un uomo di origine maghrebina che, da quanto si evince dal provvedimento, ha querelato un cronista e il suo direttore pur essendo consapevole che i fatti riportati in un articolo pubblicato il 27 maggio 2004 erano veri. Nell’ articolo si riportava la sentenza con cui un giudice civile di Monza aveva imposto che gli incontri tra il padre e la figlia minorenne, dopo la separazione dalla madre, avvenissero con il controllo dei servizi sociali e che una delle cause della rottura del matrimonio era stato il fatto che l’uomo, di fede islamica, avesse cominciato a imporre alla piccola dei costumi molto rigidi, tra cui l’obbligo di portare il velo.
Ora i giornalisti accusati di diffamazione a mezzo stampa sono stati prosciolti, mentre il querelante è stato condannato a risarcirli con 2mila euro.

Il disinformato sui fatti (e sulle persone)

Friday, 23 January 2009
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di Sergio Fornasini

Clamorosa gaffe televisiva di Marco Travaglio, che ieri sera ha confuso nomi, fatti e persone. Il suo show di apertura era centrato sulle recenti inchieste giudiziarie napoletane in tema di corruzione. Si era preparato bene in apparenza, evitando di sfiorare situazioni nelle quali potesse essere tirato in ballo, in un modo o nell’altro, Antonio Di Pietro (presente in studio) e suo figlio Cristiano.

La toppa è arrivata quando ha parlato di Alfredo Vito, descritto come personaggio chiave nella spartizione della ricca torta degli appalti pubblici. Il politico napoletano è stato condannato in via definitiva a 2 anni (pena patteggiata) con restituzione di 5 miliardi di lire ascrivibili ad episodi di corruzione. È stato deputato fino al 28 aprile 2008, eletto per Forza Italia nella circoscrizione Campania 2.

E qui viene il bello: il documentatissimo (dicono) Travaglio sfodera il suo terribile sorriso ironico e la sua migliore faccia da furbetto, continua a consultare il suo brogliaccio e di Alfredo Vito dice: “ha restituito 5 miliardi di lire di tangenti,  ha promesso e giurato che lasciava la politica per sempre ed infatti oggi è deputato del Popolo della Libertà“.

Incredibile magra! L’unico Vito attualmente deputato, per di più per il PdL, è Elio Vito, ministro per i rapporti con il Parlamento. Non è dato sapere se l’onorevole impropriamente tirato in ballo reagirà, il fatto che qui descrivo per il momento è citato solo da questo blogiornale. Staremo a vedere se ci saranno reazioni.

Il pubblico ride candidamente alla “battuta” di Travaglio, in fondo la sua mission attuale è quella di divertire, mica quella di informare.

Nel dibattito successivo interviene il sottosegretario Alfredo Mantovano (PdL) chiedendo una rettifica a MT e spiegando come stanno in realtà le cose. Aggiunge anche che Alfredo Vito non poteva essere deputato per il PdL, semplicemente perché quando siedeva in parlamento il Popolo delle Libertà non esisteva ancora.

Il candido Travaglio non fa una piega, abbozza il solito sorriso ed invece di rettificare o ammettere l’errore afferma di averlo descritto come “un parlamentare del centro destra”, e dove sta la differenza? Sembrava un bambino preso mentre ruba la marmellata, ha negato spudoratamente nonostante l’evidenza. In diretta Rai in prima serata, che figura di… (completate voi a piacere).

Chissà come commenterebbe l’accaduto il suo maestro, il compianto Montanelli. Non potremo mai saperlo, ma ci possiamo fare un’idea andando a rileggere in questo post del nostro blog le “regole” che invocava il vecchio Indro, provare per credere.

Purtroppo al momento non sono riuscito a reperibire in rete il filmato con l’intervento di Mantovano, lo aggiungerò appena possibile a quello della gaffe travagliesca che trovate qui sotto. Mi scuso per la qualità approssimativa del montaggio ma andavo di fretta. (Updated ore 17:30 – Integrato il video con la precisazione di Mantovano e con Travaglio che nega quanto ha affermato pochi minuti prima)

E’ altresì abbastanza chiaro che nè la redazione del programma né l’emittente tv potevano conoscere e/o intervenire sul testo predisposto da Travaglio e sono pertanto estranei a questa critica che è personale.

Travaglio "bacchettato" dal sottosegretario Mantovano

Thursday, 22 January 2009
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di Sergio Fornasini

Segnalo la “bacchettata” del sottosegretario Alfredo Mantovano a Marco Travaglio. MT nel suo consueto monologo iniziale ha parlato estesamente di Alfredo Vito (2 anni patteggiati e 5 miliardi restituiti per 22 episodi di corruzione a Napoli, ex deputato di FI attualmente non in carica), definendolo invece un parlamentare in carica eletto nel Popolo delle Libertà. Questo è più che sufficiente per offrire a Mantovano l’occasione di evidenziare l’imprecisione: infatti non se la è fatta sfuggire, ricordando che l’unico Vito attualmente parlamentare per il PdL è Elio Vito (ministro per i rapporti con il parlamento) e che quando l’altro Vito era parlamentare il PdL ancora non esisteva. Da parte sua l’opinionista/scrittore/etc ha sfoderato il suo solito sorrisino ironico ed ha debolmente ribattuto, affermando di aver definito genericamente il Vito di cui parlava “un parlamentare del centro destra”.

L’errore se c’è stato (a me sembrerebbe proprio di si) è piuttosto grave, in diretta televisiva e leggendo una traccia scritta.

E’ altresì abbastanza chiaro che nè la redazione del programma né l’emittente tv potevano conoscere e/o intervenire sul testo predisposto da Travaglio e sono pertanto estranei a questa critica che è personale.

Update: Approfondimento e filmato della trasmissione

Ma su Obama non si sarà passato il segno?

Thursday, 22 January 2009
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di Nicholas Farrell per Libero

Vi chiedo: possibile che sono l’unico sul pianeta a sentirsi ancora più depresso del solito a causa di tutto questo delirio pro Obama? Non è che Obama in sé mi fa stare peggio, ma il suo pubblico sì. Vedendo in tv ieri tutte quelle facce incantate della folla enorme che assisteva all’insediamento (si parla di due milioni, addirittura), ho pregato: O Dio perdonali, non sanno quello che fanno. Poi ho pensato: tutta questa gente, colma di fede (cieca) e speranza (falsa), a causa dell’arrivo alla Casa bianca del primo uomo nero, mi fa pensare alla gente che vedo dalla mia guaritrice terapeutica. Che palle, con gli angeli. Ed è proprio lì, la morale della mia favola. L’America si trova in una profonda depressione economica, e all’estero ha guai terribili. Come tanti che vanno da tale guaritrice romagnola d’origini sudiste, l’America è stata colpita da un cancro, se non mortale, molto grave. Potrebbe anche essere vero che Obama riuscirà a guarire il paziente. Ma io lo dubito. Per un motivo semplice: Obama è di sinistra. Che vuol dire? Bè, non parla con gli angeli. Fra l’altro, da bravo figlio di Stato, cercherà di risolvere la crisi economica spendendo denaro pubblico. Poi, una volta esauriti quei soldi pubblici, li stamperà. Leggi il resto –> »

Il giorno della memoria, con barzelletta preparatoria di Silvio

Wednesday, 21 January 2009
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Il giorno 27 gennaio 2009 sarà celebrato in tutta Italia il “Giorno della memoria”, nona ricorrenza della manifestazione istituita “in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti” con la legge 211 del 2000. Visitando il sito della Fondazione Memoria della Deportazione mi sono imbattuto in questo articolo.  (sf)

Silvio Berlusconi racconta barzellette sui lager

Il Corriere della sera del 18 gennaio, genuflesso, lo ha definito “Silvio show”. In visita a Nuoro per un giro preelettorale il presidente del consiglio Silvio Berlusconi non ha saputo resistere alla tentazione di raccontare una barzelletta  al pubblico dei sostenitori accorso al suo comizio.
“La sapete quella del campo di concentramento?”, ha chiesto. e subito, incalzante: “Un kapò dice: ‘Per foi ho una puona notizzia e una meno puona. Metà di foi saranno trasferiti in un altro campo’. A questo punto tutti gridano evviva e chiedono quale sia la notizia cattiva. ‘Qvella meno puona è che la parte di foi che sarà traferita è qvella ke va da qui in giù’, e nel dire questo segna dalla cintola in giù”.

La cronaca non dice dell’accoglienza, immaginiamo esultante, del pubblico alla battuta del capo.
Noi, che i campi di concentramento li abbiamo conosciuti bene, vorremmo sommessamente dire al presidente del consiglio che le sue barzellette concentrazionarie non fanno ridere: fanno pena. E non fanno onore né a lui né al suo governo, tanto più alla vigilia del Giorno della memoria.

Il processo invisibile

Wednesday, 21 January 2009
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Un articolo sul processo “dimenticato” citato nel post precedente. È giusto da parte di MT ricordarlo, visto che più che desaparecido è proprio mai comparso sulla stampa nazionale. Già che c’era, qualche parola in più l’avrebbe potuta anche scrivere, visto il coinvolgimento nello stesso procedimento di un nome molto noto, come riportato dalle agenzie di stampa e perfino da voglioscendere.it, seppure con uno scarno post che si limita a copia-incollare un Ansa. Non si tratta però dell’unico processo di rilievo ignorato dai media: ce n’è in corso un altro che dovrebbe essere sotto i riflettori, in teoria. La II sezione della corte d’Appello di Palermo sta infatti processando un imputato eccellente, il senatore Marcello Dell’Utri, nel 2004 condannato in primo grado a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Per chi fosse interessato, segnalo che agoravox.it sta tenendo una cronaca dettagliata delle udienze. Dell’Utri è stato tirato in ballo, marginalmente per il momento, anche nel processo di cui tratta questo articolo, dal blog l-antipatico.blogspot.com che non si limita a riportare le notizie Ansa. Radio Radicale documenta anche l’audio integrale delle udienze (sf)

E’ iniziato con tutti i riflettori (della stampa e dell’informazione in generale) malinconicamente spenti il processo a Palermo contro due alti esponenti della Benemerita, accusati di favoreggiamento per la quarantennale latitanza di Bernardo Provenzano, arrestato l’11 aprile 2006 a Montagna dei Cavalli. I due alti ufficiali dei Carabinieri sul banco degli imputati sono Mario Mori e Mauro Obinu. Il primo, ex-capo del Ros dei Carabinieri e del Sisde, oggi dirige l’ufficio sicurezza del comune di Roma. Il secondo, anche lui del Ros, è un ufficiale di grande esperienza, molto noto negli ambienti dell’Arma. La procura di Palermo li accusa di un reato infamante: favoreggiamento dell’ex primula rossa di Cosa Nostra Bernardo Provenzano. Secondo la Procura, Mori e Obinu avrebbero omesso di catturarlo benché fossero stati informati dal colonnello Riccio della sua presenza a un summit che si tenne il 31 ottobre del 1995 in località Mezzojuso, trenta chilometri a sud di Palermo.

«Il generale Mori mi disse di non citare nel mio rapporto i nomi di tutti i politici, tra questi c’era anche Marcello Dell’Utri: una persona importante, molto vicina ai nostri ambienti. Se lo metto, pensai, succede il finimondo». È questa una delle dichiarazioni più pesanti fatte ieri davanti al tribunale di Palermo dal colonnello Michele Riccio, l’uomo che riuscì a infiltrare nel cuore di Cosa Nostra il mafioso Luigi Ilardo. Pur senza ancora nominare Dell’Utri, Riccio aveva cominciato a rivelare le parti più scabrose delle confidenze di Ilardo fin dal 1996. «Tutti gli appartenenti alle varie organizzazioni mafiose nel territorio nazionale – scrisse in un rapporto – avrebbero dovuto votare Forza Italia. I vertici palermitani avevano stabilito un contatto con un esponente insospettabile di alto livello appartenente all’entourage di Berlusconi. In cambio Cosa Nostra si aspettava leggi a favore degli inquisiti e coperture per gli interessi economici».

Chi era quel politico vicino a Berlusconi? Riccio qualche sospetto lo ebbe subito. Infatti, ha spiegato, chiese esplicitamente a Ilardo se si trattasse di Dell’Utri. La risposta fu: «Ma se lei le cose le sa, che me le chiede a fare?». Non lo mise per iscritto, e non solo per le pressioni dei superiori. Glielo chiese in modo esplicito l’infiltrato: «Ilardo – ha spiegato in aula – voleva fare le sue dichiarazioni a proposito dei politici direttamente ai giudici. Ufficialmente non era ancora un pentito e temeva che, se avesse fatto qualche nome pesante, avrebbe potuto rischiare la vita a causa di talpe istituzionali». Cosa che puntualmente accadde: il 10 maggio 1996, a Catania, due killer mai identificati lo uccisero.

Così, nel processo in corso, è stato a Riccio a parlare del mondo politico. Estendendo il discorso ai rapporti dello stesso suo ex superiore: «In un’occasione – ha testimoniato – vidi un piatto d’argento e Mori mi disse che gli era stato regalato da Cesare Previti». Ma, tra i fatti nuovi emersi nel processo, quello forse più imbarazzante per il generale Mori è connesso ai rapporti di suo fratello col gruppo Fininvest. Una storia vecchia e complicata. Era emersa per la prima volta nel corso delle indagini sui cosiddetti “mandanti esterni” delle stragi mafiose, procedimento poi archiviato nel quale erano indagati Berlusconi e Dell’Utri.

In uno dei rapporti effettuati nel corso delle indagini, la Direzione investigativa antimafia parlava di un’azienda, la “CO.GE. S.p.A”, della quale erano titolari due imprenditori coinvolti in affari di mafia, Filippo Salamone e Giovanni Miccichè. La stessa azienda, sottolineava ancora il rapporto della Dia, all’inizio degli anni Novanta era controllata dalla “Paolo Berlusconi Finanziaria S.p.A.” e, tra i soci, c’era tale Giorgio Mori. Chi era costui? Mori ha sempre smentito che fosse suo parente. L’ha fatto sulla base di argomento in apparenza inoppugnabile: suo fratello si chiama Alberto e non Giorgio. Circostanza, questa, che sembrava aver chiuso definitivamente la questione.

Invece, nel processo in corso, il colonnello Riccio l’ha clamorosamente riaperta. Ha detto infatti di aver saputo da una fonte autorevolissima (Giancarlo Foscale, prima amministratore delegato della Standa, poi vicepresidente della Fininvest) che il fratello di Mario Mori lavorava per l’azienda leader del gruppo Berlusconi. Non più un problema di nomi, dunque, ma un fatto sostanziale. Solo ieri il generale Mori ha ammesso che in effetti suo fratello Alberto, dunque quello vero, ha lavorato per la Fininvest, anche se solo fino al 1991. Se l’avesse detto spontaneamente, la questione si sarebbe chiarita subito per quello che, con tutta probabilità è un errore materiale sul nome.

Il fatto è che il generale Mori vuole tenere l’ambiente berlusconiano, e in particolare Dell’Utri, il più lontano possibile dalla sua persona. Era lui il capo del Sisde quando, nel 2002, il servizio segreto civile diffuse un rapporto che, a sorpresa, collocava dell’Utri e Previti tra le potenziali vittime di Cosa Nostra: questo perché, «al di là dell’effettivo coinvolgimento in affari di mafia» i due erano percepiti come “mascariati”, cioè compromessi, e quindi non difendibili presso l’opinione pubblica. Una testimonianza pesantissima. La descrizione dell’unico incontro tra Ilardo e il generale Mori fa rabbrividire. Secondo il colonnello Riccio, il mafioso infiltrato disse al capo del Ros dei Carabinieri queste parole: «Certe cose che avvengono in Sicilia non sono colpa di Cosa Nostra ma sono poste in essere dalle istituzioni e voi lo sapete». Adesso quella frase, che Mori smentisce di aver mai sentito, è sotto la lente d’ingrandimento della magistratura. Ilardo non può più spiegarla.

Ma forse aveva ragione Provenzano quando in un pizzino scriveva «Ci sono uomini che fanno più danno da morti che da vivi».

Facciamolo, questo contraddittorio a Travaglio

Wednesday, 21 January 2009
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da censurati.it – Testo di Marco Travaglio dalla rubrica “Passaparola” di lunedì scorso, con annotazioni (in maiuscolo) dell’autrice dell’articolo, Antonella. Il processo di cui si parla è definito “dimenticato” da MT e su questo ha ragione, nel senso che i media nazionali se ne stanno beatamente disinteressando. Ecodisicilia.com ne parla così: si tratta del processo che si sta celebrando a Palermo nei confronti del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, che sono entrambi imputati di favoreggiamento aggravato per aver agevolato Cosa nostra. Il processo ruota attorno al mancato blitz che, secondo gli investigatori, nel 1995 avrebbe potuto portare alla cattura di Bernardo Provenzano. Secondo il pubblico ministero, la decisione dei vertici del Ros di non far scattare l’operazione, avrebbe di fatto consentito al super boss latitante di sfuggire agli arresti. Provenzano venne poi arrestato l’undici aprile del 2006. (sf)

A seguito delle infamanti calunnie che ho letto sul sito di beppe grillo nella rubrica “passaparola” di marco travaglio, mi trovo costretta (di nuovo) a fare un’analisi pezzo per pezzo a quanto dichiara. Provando come il suo modo di fare in realtà è pura opinione, provando che non parla di fatti ma di congetture, e di come queste congetture molto (troppo) facilmente le spaccia per verità assolute. Omettendo quando c’è da omettere, citando solo chi dice lui, infamando il più possibile, ovunque colga. Mi sono ritrovata a sgretolare le sue parole dopo che ho commentato con i fatti le sue falsità sul sito di beppe grillo e questa mattina senza stupore ho visto che il commento era stato cancellato.
Allora punto per punto ecco travaglio, suo malgrado con un contraddittorio (le parole in maiuscolo sono le mie, il resto e’ di travaglio)

“Buongiorno a tutti,

A Palermo, in un’aula della quarta sezione penale del Tribunale, si sta processando l’ex capo dei servizi segreti civili […]

E’ un pluridecorato e plurimedagliato per la cattura di Riina e altri latitanti mafiosi, eppure pare nasconda dei segreti. Pare. Nessuno è in grado di affermarlo con certezza.

COME AL SOLITO, TRAVAGLIO PARLA DI SEGRETI NASCOSTI, NON POTENDO PROVARE NULLA. GIORNALISTICAMENTE PARLANDO, SE NON PUOI DOCUMENTARE E PROVARE, SI PUO’ PARLARE SOLO DI CONGETTURE PERSONALI, E QUI DA INFORMAZIONE DIVENTA OPINIONE. MA QUESTO BASTA PER ALIMENTARE DUBBI, INSINUARE E INFANGARE LA GENTE CON DOLO.

Il processo è in corso. Ma io ne sarei abbastanza certo in quanto penso che questo sia una delle massime eccellenze investigative che abbiamo avuto in Italia. E che evidentemente nella stagione delle stragi di mafia è stato investito da un qualche potere che non conosciamo – ecco perché dico ‘pare’ che nasconda dei segreti – del compito, dell’ingrato compito, del terribile compito di trattare con la mafia mentre l’Italia veniva messa a ferro e fuoco dalle bombe, in Sicilia nel ’92 e addirittura nel continente, a Milano, Roma e Firenze, nel ’93.

SAREBBE UTILE SAPERE (MA FORSE LUI HA FONTI PIU’ VICINE DELLE MIE, TIPO IL MARESCIALLO CIURO, LA TALPA DI PROVENZANO) IN COSA CONSISTEVANO QUESTE TRATTATIVE. MA TRAVAGLIO SI LIMITA A DIRE CHE CI SONO. QUANTO BASTA PER CONVINCERE GLI ORMAI SEMPRE PIU’ SCARSI LETTORI CHE SI RITROVA, USANDO TECNICHE DI DEPISTAGGIO, ESTRAPOLANDO PARTI DI UN PROCESSO

Ora però non è imputato per quello

COME MAI? TROPPI GIUDICI CORROTTI? INCLUSO IL SUO INGROIA? CI SARA’ UN MOTIVO PER CUI PER LA TRATTATIVA PRESUNTA SOLO DAI GIORNALISTI NON C’E’ ALCUN PROCESSO.

..è imputato per una questione che potrebbe spiegare quella trattativa e potrebbe spiegare quel misterioso episodio che è stato oggetto di un altro processo che immediatamente precede l’episodio per il quale Mori adesso è imputato, la mancata perquisizione del covo di Riina dopo la sua cattura.

IN REALTA’ SPIEGATA PER FILO E PER SEGNO DUE VOLTE, UNA NEL CORSO DELLE INDAGINI PRELIMINARI, UNA VOLTA NEL CORSO DEL PROCESSO DEL 2006. FORSE TRAVAGLIO ERA DISTRATTO, MA ULTIMO RIFERISCE CHE LA PERQUISIZIONE NON CI DOVEVA ESSERE SUBITO PERCHE’ LA DISPOSIZIONE ERA DI NON COMUNICARE A NESSUNO CHE L’ARMA ERA A CONOSCENZA DELL’UBICAZIONE DEL COVO. LA RICHIESTA DI INTERCETTAZIONI TELEFONICHE DI VIA BERNINI VIENE FATTA IMMEDIATAMENTE (SALVO POI ATTENDERE CHE IL GIUDICE, DOPO LA PERQUISIZIONE UFFICIALE, HA AUTORIZZATO). TENERE UN CAMIONCINO FERMO DAVANTI AL RESIDENCE DEI MAFIOSI E’ QUANTOMENO SOSPETTO, MA FORSE TRAVAGLIO HA PIU’ ESPERIENZA. FORSE PER LUI E’ NORMALE CHE CON 40 DI FEBBRE SI FACCIANO TURNI DI 18/20 ORE CON UNA SQUADRA RIDOTTA ALL’OSSO. FORSE LUI, TRAVAGLIO, E’ ABITUATO A FARE LE SUE FECI DENTRO UNA BOTTIGLIA DI PLASTICA PER EVITARE DI FAR VEDERE CHE NEL CAMIONCINO C’ERA GENTE CHE SORVEGLIAVA (dai racconti di Ombra durante il processo). FORSE TRAVAGLIO FA TANTI DI QUEGLI APPOSTAMENTI PER LA RICERCA DEI LATITANTI CHE PER LUI SONO SCIOCCHEZZE, QUESTE.

Questo processo si riferisce a un altro episodio, che segue di due anni la mancata perquisizione del covo di Riina e risale al 1995 e precisamente al 31 ottobre 1995. Che cosa accade il 31 ottobre del 1995? Un colonnello dello stesso R.O.S. dei Carabinieri, grazie a un mafioso suo confidente sotto copertura – infiltrato nella mafia, ma confidente dei Carabinieri – riesce a scoprire dove è nascosto Provenzano. Provenzano nel 1995, due anni dopo la cattura di Riina, due anni dopo le ultime stragi, è il capo indiscusso di Cosa Nostra.

IL COLONNELLO RICCIO NON ERA INFILTRATO NELLA MAFIA, ERA SEMPLICEMENTE RIUSCITO AD OTTENERE INFORMAZIONI DA UNA FONTE, (NON SI SAPEVA ANCORA SE ATTENDIBILE O MENO) SUGLI SPOSTAMENTI DEI BOSS. L’INFILTRATO NELLA MAFIA, DIFFICILMENTE DOPO CHE ENTRA E ESCE DALLA CASERMA ALLA LUCE DEL SOLE RIMANE VIVO ABBASTANZA A LUNGO PER RACCONTARLO. E IL COLONNELLO RICCIO NON SI E’ MAI NASCOSTO.

Il confidente avverte il colonnello dei Carabinieri, che si chiama Michele Riccio, il consulente si chiama Luigi Ilardo. Il Carabiniere riesce a scoprire dove è nascosto Provenzano. Di più, incontra Provenzano. Ha un appuntamento con Provenzano in questo capanno di Mezzojuso. È un centro di campagna, una trentina di chilometri a sud di Palermo. Quindi dice: “Sto per incontrare Provenzano, venitemi dietro che vi faccio catturare Provenzano!”. Il colonnello Riccio entusiasta parla con i vertici del R.O.S., che sono i generali – c’è il colonnello Mori che è il capo operativo – c’è il braccio destro di Mori che è l’allora maggiore Mario Obinu, i quali decidono di non catturare Provenzano, ma semplicemente di far pedinare il confidente a distanza per vedere dove va, e poi cercare di catturare Provenzano quando saranno tutti pronti.

SE SI ASCOLTANO LE TESTIMONIANZE (TRAVAGLIO EVIDENTEMENTE STAVA PENSANDO AL PROSSIMO LIBRICINO DA VENDERE, MENTRE ASCOLTAVA QUESTE TESTIMONIANZE, AMMESSO CHE L’ABBIA MAI ASCOLTATE) SI CAPISCE TUTTO. PRIMA DI TUTTO NON C’ERA CERTEZZA CHE PROVENZANO FOSSE NEL POSTO IN CUI C’ERA L’APPUNTAMENTO, PROPRIO PERCHE’ LA FONTE NON ERA CONSIDERATA VANGELO MA SI STAVA ACCERTANDO LA SUA VERIDIRICITA’ (come Falcone insegna), SECONDO POI, SEGUIRE LA FONTE EQUIVALEVA A FARLA UCCIDERE, PERCHE’ IL CAPANNO DI MEZZOJUSO ERA RAGGIUNGIBILE SOLO DOPO AVER PERCORSO UNA STRADINA STERRATA ISOLATA, E SE QUALCUNO L’AVESSE SEGUITO, NON POTEVA DI CERTO PASSARE INOSSERVATO. PER QUESTO MOTIVO SE CI FOSSERO ANDATI, NEL CAPANNO NON AVREBBERO TROVATO NESSUNO PERCHE’ SI SAREBBERO ACCORTI CHE ILARDO NON ERA SOLO, E POI LA FONTE SAREBBE STATA MESSA A RISCHIO DI PERICOLO. MA SI SA, DI SOLITO SE MUORE QUALCUNO DI CUI NON SI E’ AMICO, NON FA NIENTE (basta ascoltare travaglio sui bambini morti a gaza, per farsi un’idea)

Purtroppo passata quella occasione, Provenzano non ne consentirà un’altra. Fino a quando, undici anni dopo, all’indomani delle elezioni vinte dal centro-sinista quasi tre anni fa, Provenzano verrà catturato, o verrà consegnato, o si consegnerà, o si lascerà prendere.

SBAGLIATO. C’E’ STATA UNA SECONDA OCCASIONE, IN CUI UN PENTITO CHE AVEVA INIZIATO A COLLABORARE, HA INDICATO IL POSTO IL GIORNO E L’ORA IN CUI C’ERA POSSIBILITA’ DI PRENDERE PROVENZANO. MORI ERA PERO’ GIA’ ANDATO AL SISDE, E ULTIMO ERA GIA’ AL NOE, E NONOSTANTE AVESSE DATO DISPOSIZIONI DI MONITORARE TUTTO E DARE MASSIMA IMPORTANZA A QUESTA OPERAZIONE, PURTROPPO NEL ROS NON AVEVA PIU’ COMPETENZE. IL GENERALE PALAZZO, CHE INVECE LE AVEVA (E CON LA CARICA CHE AVEVA POTEVA FARE E DISFARE TUTTO) DECISE DI NON PRESENTARSI NEMMENO ALL’APPUNTAMENTO. IL GENERALE PALAZZO RIMANE AL ROS, E DECIDE DI NON PRENDERE PROVENZANO. MA TRAVAGLIO DEL GENERALE PALAZZO NON FA PAROLA. EPPURE E’ UN NOME CHE IN QUEL PROCESSO (CHE COME AL SOLITO HO SENTITO E NON MI SONO FATTA RACCONTARE, COME IL SIGNORE DEL TRONO DA PRIMA SERATA AMA FARE) RICORRE MOLTO SPESSO.

Perché sapete che le catture dei boss in Sicilia destano sempre degli interrogativi, dubbi, interpretazioni pirandelliane, come quel gioco di specchi, dove non si riesce mai a capire chi ha fatto che cosa. Esattamente come la cattura di Totò Riina nel ’93.

QUESTA DICHIARAZIONE E’ UN DETERRENTE VERSO TUTTI QUEI POLIZIOTTI E CARABINIERI CHE METTONO A RISCHIO LA PROPRIA VITA IN CERCA DI LATITANTI. PERCHE’ FARLO QUANDO POI TRAVAGLIO METTE I DUBBI SUL PERCHE’, SUL COME MAI? LE CATTURE SONO CATTURE, SONO FATTI. I DUBBI DI SOLITO SONO INSINUATI DA PRESUNTE TRATTATIVE, ELUCUBRAZIONI GIORNALISTICHE SU CUI SCRIVERE E RICAVARE UN PO’ DI SOLDI, E TRAVAGLIO LO SA BENE. QUANDO HA SCRITTO IL LIBRO “GLI INTOCCABILI” HA USATO UN DOCUMENTO FALSO DEL PROCURATORE ALIQUO’, UN DIARIO SCRITTO POSTICCIO CON FALSE COSE ACCADUTE. A TUTT’OGGI NON CI RISULTA CHE IL DOTTOR INGROIA ABBIA APERTO UN FASCICOLO CONTRO IL PROCURATORE ALIQUO’ PER AVER PRODOTTO UN DOCUMENTO CON NOTE FALSE. COME MAI?

Lo Stato era compatto nella lotta alla mafia?

NO, QUESTO HA PORTATO ULTIMO ALLA ROTTURA CON IL ROS PER INCOMPATIBILITA’ CON IL GENERALE PALAZZO. TUTTO SCANDITO BENE NEL DIBATTIMENTO CHE IL SIGNORE DI SION SI E’ FATTO RACCONTARE.

Ecco, questo processo, se uno lo conosce, consente alla gente di capire – non solo gli esperti, ma la gente comune – cosa è successo tra lo Stato e la mafia negli ultimi quindici anni.

CHIUNQUE VOGLIA ASCOLTARE QUESTO PROCESSO VERAMENTE (E SPERO CHE CHI E’ INTERESSATO ALL’ARGOMENTO VOGLIA FARLO DAVVERO) PUO’ ASCOLTARE TUTTO SU RADIORADICALE.IT. INCLUSE LE DICHIARAZIONI DI ULTIMO, MOLTO PESANTI DI CUI RIPORTO UN’AGENZIA
MAFIA:FAVOREGGIAMENTO PROVENZANO;ULTIMO DIFENDE MORI E OBINU (ANSA) – PALERMO, 1 DIC – Ultimo ha poi parlato dei contrasti avuti nel 2000 con l’allora comandante del Ros Sabato Palazzo che lo portarono ad abbandonare il reparto operativo. «Obinu lavorava contro Cosa nostra – ha spiegato – Palazzo apparteneva decisamente ad un altro mondo rispetto al nostro». Il testimone, ora in servizio al Noe, rispondendo ad una domanda del pm Nino Di Matteo ha aggiunto: «il colonnello Riccio ci fece intendere molto indirettamente di avere appreso dal padre di Ilardo, legato alla massoneria, che Cosa nostra godeva di protezione presso alcuni ufficiali dei carabinieri, come presso ambienti politici e delle istituzioni». Infine De Caprio ha ricordato il piano della mafia di ucciderlo riferito dal boss Salvatore Cancemi il giorno in cui questi si costituì ai carabinieri. Nello stesso giorno, il 22 luglio del ’93, il capomafia sostenne che avrebbe dovuto incontrare di lì a poco Bernardo Provenzano. Ma la procura di Palermo, come ha fatto notare la difesa degli imputati, non delegò al Ros l’indagine che avrebbe dovuto approfondire gli spunti di Cancemi sull’incontro col latitante. L’udienza è stata rinviata al 17 dicembre per l’esame del colonnello Michele Riccio che gestì l’inizio della collaborazione di Luigi Ilardo, poi assassinato dalla mafia. (ANSA). SR/GIM 01-DIC-08 13:54 NNN
FINE DISPACCIO

Potrebbe riscrivere, questo processo, la storia della mafia e dell’antimafia degli ultimi quindici, vent’anni.

PRATICAMENTE SI STA PREPARANDO LA TESI DI COLPEVOLEZZA PRIMA ANCORA DEL VERDETTO DEL GIUDICE. VERDETTO CHE PER TRAVAGLIO CONTA A VOLTE SI E A VOLTE NO, DIPENDE SE LE COSE DETTE NON COLLIMANO CON LE SUE CONGETTURE.

E infatti i pubblici ministeri – il pubblico ministero principale (sono in tre che lavorano: sono Nico Gozzo, Antonio Ingroia e Nino Di Matteo),

INGROIA E’ STATO IL PM DI MORI NEL PROCESSO SUL COVO DI RIINA, PROCESSO IN CUI AVEVA CHIESTO L’ARCHIVIAZIONE MA POI DOPO L’IMPOSIZIONE DI ANDARE AVANTI HA SPOSATO IL RUOLO DELL’ACCUSA E SI E’ AUTOCONVINTO DELLA COLPEVOLEZZA, ANCHE SE NON E’ RICORSO IN APPELLO DOPO LA SENTENZA DI INNOCENZA DI PRIMO GRADO. MA TANTO CHE GLI FREGA DEL TRIBUNALE, QUANDO C’E’ SANTORO CHE GLI FA FARE IL RUOLO DELL’ANTIMAFIOSO?

quello che si è occupato fin dall’inizio di questa indagine è Nino Di Matteo, il 15 luglio dell’anno scorso quando è iniziato il processo, dopo il rinvio a giudizio di Mori e di Obinu, ha tracciato davanti ai magistrati la sua ipotesi accusatoria. Dicendo: “in questo processo intendiamo dimostrare questo, questo e quest’altro, con le seguenti prove e le seguenti testimonianze ecc.”

NINO DI MATTEO, QUELLO CHE HA FATTO LA SEGUENTE DOMANDA A ULTIMO “COME MAI DOPO CHE LEI E’ ANDATO VIA DAL ROS I SUOI SOSTITUTI NON HANNO PROVVEDUTO A SEGUIRE E INTERCETTARE IL MAFIOSO PINCO PALLO COME LEI AVEVA PROPOSTO DI FARE?” IO, DA CITTADINA SEMPLICE MI CHIEDO: “MA CHE CAZZO DI DOMANDA E’? SONO QUESTI I PROFESSIONISTI?”

Naturalmente è intervenuto l’avvocato Pietro Miglio, in rappresentanza della difesa dei due ufficiali, il quale invece ha detto: “noi dimostreremo che i nostri due clienti, Mori e Obinu, sono innocenti, che non c’è nessun mistero, che Provenzano non si faceva catturare.”

PROBABILMENTE TRAVAGLIO PENSA CHE NE’ MORI NE’ OBINU HANNO DIRITTO DI DIFESA, VISTA L’ARIA SPREZZANTE CON CUI PARLA. STRANO CHE IN QUESTI PROCESSI NON SERVE ESSERE INNOCENTI MA BISOGNA PROVARLO. NOI ITALIANI SEMPLICI PENSAVAMO CHE LA COSA DA PROVARE E’ LA COLPEVOLEZZA, NON L’INNOCENZA. MA NON FA NIENTE, PERCHE’ AGLI OCCHI DI TRAVAGLIO MORI SARA’ SEMPRE COLPEVOLE, OBINU ANCHE, ULTIMO ANCHE.

Qual è l’ipotesi accusatoria che a noi interessa? Non è tanto interessante sapere se Mori e Obinu hanno commesso dei reati, quelli sono fatti loro, dei magistrati, degli avvocati.

E NO, CARO TRAVAGLIO, NON E’ CHE LA GIUSTIZIA FUNZIONA SECONDO UN TUO PERSONALE ARBITRIO. INTERESSA SAPERE SE MORI E UBINO HANNO COMMESSO DEI REATI O NON LI HANNO COMMESSI. E INTERESSA ANCHE COME, NONOSTANTE UN PROCESSO PUBBLICO SIA ANCORA IN ATTO (E TUTTI POSSONO SEGUIRLO E TRARNE PERSONALMENTE LE PROPRIE IDEE A RIGUARDO) TU TI ERGI A GIUDICE ANCOR PIU’ DEL GIUDICE STESSO. CON L’AGGRAVANTE CHE SAI LA VERITA’ (PERCHE’ SI SA CHE CON LE PROCURE HAI UN RAPPORTO MORBOSO) E TI OSTINI A TRASFORMARLA NEL MODO CHE PIU’ TI AGGRADA. MA, MI DUOLE FARTELO NOTARE, CARO TRAVAGLIO, MA TU NON CONTI PIU’ DI UN GIUDICE, IN AMBIENTE GIUDIZIARIO. NON PUOI ERGERTI A MORALIZZATORE, SPECIALMENTE DOPO LE TUE DUBBIE FREQUENTAZIONI AVUTE IN PASSATO.

Poi c’è l’aspetto pubblico e cioè quello che interessa a noi, o dovrebbe interessare a noi se qualcuno ce li raccontasse, e cioè sapere chi ha fatto che cosa e perché.

L’ASPETTO PUBBLICO DI CUI PARLA TRAVAGLIO, IL RESTO DEL MONDO LO CHIAMA GOGNA MEDIATICA. NON C’E’ NIENTE DI PEGGIO PER CHI HA COMBATTUTO COSA NOSTRA VEDERSI ACCUSARE DI COMPLICITA’ CON QUESTA. DOMANDA FORSE STUPIDA: MA SE RIINA E’ STATO VENDUTO, C’ERA BISOGNO DI CHIAMARE ULTIMO DA MILANO? VENDERE RIINA E DARLO IN MANO AI CARABINIERI SICILIANI NON ANDAVA BENE? LE IPOTESI E CONGETTURE CHE FANNO ACQUA, DI SOLITO, SERVONO SOLO PER COSTRUIRSI UN RUOLO IN UNA SOCIETA’ CHE URLA AL COMPLOTTO, ANCHE QUANDO COMPLOTTI E TRATTATIVE NON ESISTONO.

Sapere poi se quello è un reato o no, poco importa.

PRATICAMENTE TRAVAGLIO DICE CHE NON E’ IMPORTANTE SAPERE SE UNA PERSONA E’ INNOCENTE O NO, L’IMPORTANTE E’ RIUSCIRE A DELEGITTIMARE CHI FA LE COSE. MI CHIEDO DA CHE PARTE SAREBBE STATO TRAVAGLIO QUANDO TUTTI I GIORNALISTI GRIDAVANO CHE FALCONE SI ERA MESSA LA BOMBA DA SOLO, E CHE DICEVANO CHE SI ERA VENDUTO QUANDO SI E’ TRASFERITO A ROMA. SAREBBE STATO DALLA PARTE DI FALCONE O DALLA PARTE DI CHI VOLEVA VEDERE IL MALE?

Importa sapere se lo Stato era tutto compatto nel combattere la mafia, se lo Stato aveva una sola strategia per combattere la mafia, se è vero che la mafia e lo Stato si sono sempre contrapposti in questi ultimi vent’anni e se è vero quello che ci veniva raccontato mentre esplodevano le bombe che uccidevano Falcone, la scorta e la moglie, poi Borsellino e la scorta e tanti innocenti cittadini comuni presi per caso dalle bombe di via Palestro a Milano o di via dei Georgofili a Firenze, e delle basiliche di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano a Roma, per non parlare dell’attentato di via Fauro contro Maurizio Costanzo. Se quello che ci veniva detto, e cioè “non abbasseremo la guardia!”, “nessuna pietà” era vero o era solo una declamazione retorica.

LO STATO NON ERA COMPATTO PER COMBATTERE LA MAFIA. IL GENERALE PALAZZO, A DISTANZA DI QUALCHE ANNO DALL’ALLONTANAMENTO DI ULTIMO DAL ROS, A SEGUITO DI UN BLITZ ANTICAMORRA A POZZUOLI, E’ STATO CHIAMATO A RISPONDERE A REATI QUALI CORRUZIONE, FALSO, FAVOREGGIAMENTO AGGRAVATO E ABUSO D’UFFICIO. MA TRAVAGLIO NON PARLA MAI MALE DI PALAZZO, MA DI QUELLI CHE SI SONO TROVATI OSTACOLATI DAL GENERALE CORROTTO. PRATICAMENTE TRAVAGLIO PARTEGGIA PER I CORROTTI, GLI AMICI DELLA CAMORRA.

Qui sembrerebbe che dietro le quinte, mentre lo Stato faceva la faccia feroce davanti alle telecamere, dietro le quinte fosse in realtà affaccendato a trattare con in mafiosi evidentemente perché l’aveva sempre fatto in passo, ed evidentemente perché l’ha sempre fatto in futuro.

RIMANIAMO IN TREPIDANTE ATTESA PER CAPIRE CHE TRATTATIVE SONO. TRAVAGLIO L’ESPERTO CI FA ATTENDERE MA PRIMA O POI CE LE DOVRA’ DIRE, QUESTE TRATTATIVE, QUALI SONO.

[…]Viene ucciso Falcone, viene ucciso Borsellino perché? Perché nel frattempo si è avviata una trattativa. Tra chi? Tra l’allora colonnello Mori e il suo collaboratore del momento più fedele, il capitano De Donno, e Vito Ciancimino, un sindaco mafioso di Palermo che in quel momento stava agli arresti domiciliari a Roma, per motivi di salute.

QUESTE LE ACCUSE CHE CI FURONO AL PROCESSO DEL 2006, CONFUTATE E SMENTITE, TANTO CHE LO STESSO INGROIA CHIEDERA’ L’ASSOLUZIONE DEGLI IMPUTATI (PER LA SECONDA VOLTA)

Cioè questi due alti ufficiali dei Carabinieri vanno da un noto mafioso, condannato per mafia, e gli chiedono di fare da tramite coi vertici di Cosa Nostra.

TRAVAGLIO DIMENTICA (COME SUA USANZA) DI DIRE CHE A PARLARE CON CIANCIMINO C’ERA ANCHE INGROIA INSIEME A MORI, E CIANCIMINO ERA GIA’ IN CARCERE. FANNO FEDE LE FIRME D’INGRESSO DEL CARCERE. MA FORSE SONO DETTAGLI CHE A TRAVAGLIO SFUGGONO. O FORSE E’ LA SUA TECNICA GIORNALISTICA, IN CUI DICE UNA COSA E NE OMETTE TRE. PER FORTUNA NON GLI ABBIAMO CREDUTO E LE RICERCHE LE FACCIAMO DA SOLI E LE INCHIESTE LE FACCIAMO PER FARE CRONACA GIUDIZIARIA, NON PER VEICOLARE L’OPINIONE DELLA GENTE.

In quel momento, siamo nel 1992, c’è ancora la diarchia Riina – Provenzano. Ciancimino è più uomo di Provenzano che non di Riina, in ogni caso fa da tramite – i Carabinieri diranno di aver voluto avviare quella trattativa nella speranza di avere un aiuto per arrestare dei latitanti mafiosi e di iniziare in qualche modo le stragi che erano iniziate con quella di Capaci. Il risultato è che Riina capisce esattamente a rovescio, e cioè vede i Carabinieri, lo Stato, col cappello in mano dopo la strage di Capaci, e si felicita per aver avuto quella brillante idea di ricattare lo Stato con una strage dopo l’altra.

CONGETTURE, NESSUN DOCUMENTO A TESTIMONIARE CHE QUESTE CONGETTURE SIANO VERE, SE NON LA PAROLA DI TRAVAGLIO. CHE SICURAMENTE VALE PIU’ DI UN PROCESSO.

Riina voleva naturalmente non lo scontro con lo Stato, lui voleva punire chi aveva tradito per conto dello Stato gli accordi con Cosa Nostra e voleva fare un nuovo accordo con persone che fossero in grado di rispettarlo. Voleva un nuovo trattato di reciproca non belligeranza, convenienza, convivenza, connivenza.

MI AUGURO CHE QUESTE INFORMAZIONI NON LE ABBIA AVUTE PROPRIO DA RIINA IN PERSONA, PERCHE’ GIA’ I DUBBI SULLA MORALITA’ DI TRAVAGLIO SONO MOLTI, POI CON CERTE AFFERMAZIONI DOVREBBE PROVARE LE COSE CHE STA DICENDO. E RIINA NON E’ CERTO STATO UN GRAN CHIACCHIERONE, IN CARCERE. ANZI, LA MANCANZA DI COLLABORAZIONE LO CARATTERIZZANO DA TUTTI I PENTITI. A SENTIRE BRUSCA (ASCOLTATO NELL’AULA BUNKER DI REBIBBIA AL PROCESSO DEL 2006) LA PERSONA CHE IN REALTA’ DESCRIVE TRAVAGLIO E’ PROVENZANO. RIINA VUOLE LO SCONTRO A FUOCO, PROVENZANO ERA PIU’ PER ABBASSARE I RIFLETTORI CON MENO STRAGI. LO STRAGISTA VERO ERA NOTORIAMENTE, TOTO’ RIINA.

E dato che la classe politica se ne stava praticamente andando con l’indagine di Mani Pulite, bisognava attrarre qualche nuovo soggetto politico in grado di prendersi la responsabilità di fare questo nuovo accordo con la mafia.

RIPETO: QUALE ACCORDO?

Per questo Riina mette le bombe, per questo si felicita che siano arrivati subito i Carabinieri col cappello in mano. E allora Riina dice: “perché cedere subito per un piatto di lenticchie? Possiamo rilanciare alzando il tiro con altre stragi e alzando quindi la posta della trattativa, così lo Stato ci darà molto di più”.

QUESTO E’ UN ROMANZO, NON UN ARTICOLO GIORNALISTICO. QUI TRAVAGLIO INTERPRETA NON LE PAROLE, ADDIRITTURA I PENSIERI DI RIINA! NON IMMAGINAVO UN CONTATTO COSI’ DIRETTO. PERCHE’ SE NON C’E’ INFORMAZIONE, C’E’ DEPISTAGGIO. DELLE DUE L’UNA.

La trattativa prosegue, parte subito dopo la strage di Capaci, e produce – questo è molto probabile – la strage di via D’Amelio, perché Borsellino è il simbolo vivente del partito della non trattativa. Adesso c’è tutta una polemica nata dalle rivelazioni dei figlio di Ciancimino e ripresa giustamente da Salvatore Borsellino a proposito di un incontro che ci sarebbe stato al Viminale il 2 luglio del 1992 tra Borsellino e l’allora ministro dell’Interno Mancino, dove secondo alcuni avrebbe fatto capolino anche Bruno Contrada e dopo il quale incontro Borsellino sarebbe rientrato agitatissimo nell’interrogatorio che stava facendo con Gaspare Mutolo che guarda caso era uno dei primi pentiti che parlavano di Andreotti, di Contrada e di Carnevale. Agitatissimo perché, così sostiene il figlio di Ciancimino, Borsellino era stato in qualche modo informato al Viminale che c’era in corso una trattativa e si chiedeva il suo consenso. E immaginate se Borsellino avrebbe acconsentito a trattare con la mafia che il mese precedente gli aveva ammazzato il migliore amico.

PRATICAMENTE BORSELLINO E’ STATO UCCISO NON PERCHE’ LAVORAVA CON FALCONE SUI LEGAMI TRA POLITICA E IMPRENDITORIA CON COSA NOSTRA, MA PER LA TRATTATIVA, DI CUI NON C’E’ TRACCIA DA NESSUNA PARTE SE NON NELLA MENTE PERVERSA DI TRAVAGLIO (CHE NELLA SUA VITA DI TRATTATIVE DEVE AVERNE FATTE MOLTE, VISTO CON QUALE VISIONE DA ESPERTO PARLA)

È evidente che Borsellino diventa l’ostacolo numero uno sulla strada della trattativa e Riina lo intende così tant’è che lo elimina da quella strada, per spianare la strada della trattativa. Dopodiché vengono pianificati gli attentati del ’93 ai monumenti e ai simboli dell’arte, della religione, ai simboli dell’Italia praticamente, ma Riina il 14 gennaio del 1993 viene arrestato dagli stessi uomini del R.O.S. che stanno trattando con Cosa Nostra.

C’E’ STATO UN PROCESSO PER STABILIRE SE ERA VERO. NESSUNO HA POTUTO PROVARE UNA COSA DEL GENERE, MA TRAVAGLIO NE E’ CERTO. TROPPO CERTO. LUI SA COSE CHE PROBABILMENTE GLI STESSI CARABINIERI NON SANNO, ALTRIMENTI NON AVREBBERO CERTO RISCHIATO LA PELLE PER UN MILIONE E 300 MILA VECCHIE LIRE DI STIPENDIO.

E lì succede quel fatto increscioso: il R.O.S. arresta Riina

E SI, E’ PROPRIO UN FATTO INCRESCIOSO. RAGAZZI DI CRIMOR, CHIEDETE SCUSA A TRAVAGLIO. QUEST’ARRESTO NON SI DOVEVA FARE.

promette che sorveglierà giorno e notte la casa dove Riina era latitante per vedere se arrivavano altri mafiosi, perché i mafiosi non sapevano che era stato scoperto il covo,

INNANZITUTTO I MAFIOSI SAPEVANO CHE ERA STATO SCOPERTO IL COVO GRAZIE AI GIORNALISTI CHE L’HANNO AVVISATI (BOLZONI E LODATO, COMPARE DI TRAVAGLIO) E POI QUI SI VEDE UN TIPO DI LAVORO CHE TRAVAGLIO NON HA MAI FATTO: PEDINAMENTI E APPOSTAMENTI PER LA CATTURA LATITANTI. CHIUNQUE ABBIA FATTO UN LAVORO DI PEDINAMENTO, SA CHE QUESTO PUO’ ESSERE FATTO PER BREVI O LUNGHI PERIODI, E CHE IN UN CASO VENGONO USATE DELLE TECNICHE, NELL’ALTRO NE VENGONO USATE ALTRE. NEI PEDINAMENTI E APPOSTAMENTI PER LUNGHI PERIODI E’ RIGOROSAMENTE VIETATO STAZIONARE IN UN POSTO A RISCHIO (E QUI SI PARLA DEL COVO DEL CAPO DEI CAPI, NON DI UN PICCIOTTO) PER EVITARE DI ESSERE SCOPERTI, PER EVITARE DI ESSERE UCCISI, PER EVITARE CHE UNA VOLTA SCOPERTI IL MAFIOSO DI TURNO POSSA COMPORTARSI IN MANIERA DIVERSA PER DEPISTARE LE INDAGINI DEI PEDINATORI. TUTTE QUESTE COSE, SONO IN TUTTI I MANUALI DI UN SEMPLICISSIMO CORSO PER INVESTIGATORE PRIVATO. MA SI SA, TRAVAGLIO LAVORA SUI DOCUMENTI NON SUI METODI DI POLIZIA GIUDIZIARIA. E ALLORA UNA DOMANDA VIENE D’OBBLIGO: COME MAI CASELLI NON CI MANDO’ TRAVAGLIO A LAVORARE SULLA RICERCA LATITANTI, LUI CHE TANTO SA E CHE TANTO GIUDICA?

Riina era stato arrestato lontano da casa, dopodiché ingannando la procura di Caselli, gli uomini del R.O.S. abbandonano il covo, lo lasciano incustodito e lo lasciano perquisire a Cosa Nostra.

LA PROCURA DI CASELLI E’ STATA SI INGANNATA, MA DAI CARABINIERI CHE HANNO RIFERITO DOVE ERA IL COVO. I METODI DI POLIZIA GIUDIZIARIA NON SONO DI COMPETENZA DI UN MAGISTRATO. LA RICHIESTA DI CONTROLLARE TUTTI I TELEFONI FU FATTA DAI ROS IMMEDIATAMENTE. LA PROCURA NON AUTORIZZO’ MAI (SE NON A PERQUISIZIONE AVVENUTA). MA ANCHE QUESTO TRAVAGLIO LO OMETTE. TACE SULLE COSE IMPORTANTI

Che l’abbiano fatto apposta, che non l’abbiano fatto apposta, che si siano dimenticati, che si siano sbagliati, non lo sappiamo.

E NO, TRAVAGLIO, E’ DA PEZZENTI INSINUARE IL DUBBIO SU FATTI CERTI. C’E’ STATO UN PROCESSO, UN PROCESSO IN CUI ULTIMO HA PUNTUALIZZATO CHE NON ERA PROPRIO POSSIBILE FISICAMENTE PER I SUOI UOMINI RESTARE ANCORA, PROPRIO PERCHE’ GLI AVEVANO DATO IL COMPITO DI CONTROLLARE ANCHE UN ALTRO STABILE E AVEVANO DECIMATO LA SUA SQUADRA, GIA’ IN CONDIZIONI FISICHE PRECARIE. LA DOMANDA DI CONTROLLARE I CONTI CORRENTI DEI FRATELLI SANSONE E DI CONTROLLARE TUTTI I TELEFONI DEL COMPRENSORIO FU FATTA IMMEDIATAMENTE SUBITO L’ARRESTO. LA PROCURA, E RIPETO LA PROCURA, NON HA AUTORIZZATO. LO SAPPIAMO ECCOME COME SONO ANDATI I FATTI.

Il processo che si è tenuto fino a due anni fa a Palermo, non ha appurato il dolo,

COME MAI NON HA APPURATO IL DOLO? CHE COSI’ INCALZANTEMENTE TRAVAGLIO DICE CHE C’ERA? PER TRAVAGLIO C’E’ STATO DOLO E NE’ UN MAGISTRATO, NE’ UN GIUDICE SONO STATI IN GRADO DI SCOPRIRLO. EH, SI, TRAVAGLIO DEVE SICURAMENTE SAPERE QUALCOSA DI PIU’.

non poteva del resto appurare che Mori e l’allora capitano Ultimo avessero fatto apposta queste omissioni per favorire la mafia,

COSA CHE HA APPURATO TRAVAGLIO, PROBABILMENTE DA UNA SEDUTA SPIRITICA, PURE LUI.

questa era l’accusa, da questa sono stati assolti, ma il processo ha appurato che il covo non è stato sorvegliato e non è stato perquisito e quindi chi lo ha perquisito?

SE TRAVAGLIO AVESSE ASCOLTATO I PENTITI, AVREBBE SENTITO CHI DICEVA CHE IL COVO ERA STATO PERQUISITO E AVEVANO BRUCIATO TUTTO QUELLO CHE ERA DENTRO, MA CI SONO 16 PAGINE DI DOSSIER DEI CARABINIERI DOVE NON SOLO SI VEDONO MOBILI, MA ANCHE FOTO, TAVOLA IMBANDITA, CASSAFORTE SIGILLATA (ALTRO CHE SMURATA, COME RIFERIVA TRAVAGLIO TEMPO OR SONO). MATERIALE DI CANCELLERIA. TUTTO LI’, A CASA DI RIINA. ANZI, A CASA DI NINETTA BAGARELLA (PERCHE’ IL VERO COVO NON ERA QUELLO, MA SOLAMENTE UN APPOGGIO TEMPORANEO DEL BOSS). IL VERO COVO PER UN BOSS E’ COME LA MASSERIA IN CUI SI TROVAVA PROVENZANO, COME LE BETTOLE IN CUI SI RITROVANO I CASALESI. LE MEGAVILLE NON SONO MAI PUNTI STRATEGICI.

Cosa Nostra, capeggiata da chi? Dopo l’arresto di Riina, da Provenzano. C’erano i segreti, le carte della trattativa? C’era il famoso ‘papello’ che il figlio di Ciancimino assicura essere stato passato da suo padre al generale Mori, con le l’elenco delle richieste che la mafia faceva allo Stato per interrompere le stragi?

AAAAAAAAH, SE LO DICE IL FIGLIO DI CIANCIMINO, DEVE ESSERE PER FORZA COSI’. GARANTISCE TRAVAGLIO.

Fine dei pentiti, fine del 41bis, fine dell’ergastolo, revisione del maxiprocesso e fine del sequestro dei beni. Non lo sappiamo. Sappiamo che lo Stato rinuncia a perquisire il covo di Riina. Cosa succede subito dopo? Succede che due anni dopo c’è la possibilità di prendere Provenzano. C’è la possibilità di prendere Provenzano perché il confidente Ilardo porta praticamente a casa di Provenzano i Carabinieri. Ma, dice il colonnello Riccio che gestisce il confidente Ilardo, il R.O.S. dei Carabinieri Provenzano non lo voleva prendere.

STRANO, PERCHE’ ULTIMO FA DICHIARAZIONI IN CUI OGNI VOLTA CHE STAVA PER PRENDERE PROVENZANO QUALCUNO (LA TALPA AMICA DI TRAVAGLIO) AVVERTIVA CHE C’ERANO CIMICI E INTERCETTAZIONI, E I CARABINIERI ARRIVAVANO SEMPRE UN ATTIMO DOPO CHE PROVENZANO ERA SCAPPATO.  IL PROBLEMA DI PRENDERE PROVENZANO A MEZZOJUSO E’ STATO SPIEGATO IN PRECEDENZA. O FORSE TRAVAGLIO AVREBBE FATTO AMMAZZARE VOLENTIERI CHIUNQUE TAGLIANDO L’UNICO CONTATTO CHE SI AVEVA CON PROVENZANO. SICURAMENTE POSSO AFFERMARE UNA COSA: TRAVAGLIO NELLA RICERCA E NELLA CATTURA LATITANTI MEGLIO NON CI LAVORI MAI. PER FORTUNA FA UN ALTRO LAVORO. IL DEPISTATORE.

Per chi vuole entrare nel dettaglio di questo processo, non dimenticatevi che alla fine di questo mese, il 30 gennaio, uscirà un piccolo librino che ho curato io, un fascicoletto insieme alla rivista Micromega. Lì troverete tutti i dettagli con le parole, la versione dell’accusa, la versione della difesa e tutto il racconto del colonnello Riccio, che è spaventoso.

IO AVREI CONSIGLIATO: SENTITEVI IL PROCESSO CHE RADIO RADICALE TRASMETTE, SENZA PASSARE PER TERZE PERSONE. PERO’ SAREBBE STATO UTILE PER SAPERE LA VERITA’, NON PER FARE SOLDI. MEGLIO I SOLDI, VERO TRAVAGLIO? (consiglio personale, non comprate chi il processo lo manipola, ma scaricatevi gli mp3 da radio radicale)

[…] Ilardo quindi muore. Il colonnello Riccio pagherà un prezzo altissimo perché due anni dopo essersi scontrato coi vertici del R.O.S. che non avevano voluto catturare Provenzano viene arrestato a sua volta dal R.O.S., cioè da suoi colleghi, per delle operazioni antidroga a Genova, molto controverse.

IL GENERALE PALAZZO (E TORNO A FARE NOME E COGNOME) CHE ERA AI VERTICI DEL ROS, NON HA VOLUTO CATTURARE PROVENZANO. INCOMPATIBILITA’ CHE PORTO’ ULTIMO A CHIEDERE IL TRASFERIMENTO. MORI SI TROVAVA GIA’ AL SISDE, E NON COORDINAVA PIU’ IL ROS QUANDO CANGEMI HA SPIFFERATO DOVE SI TROVAVA PROVENZANO E DIEDE LA DRITTA A PALAZZO, CHE NON SI PRESENTO’ ALL’APPUNTAMENTO. C’E’ UNA DOMANDA CHE CI SORGE SPONTANEA: COME MAI PALAZZO, IL VERO RESPONSABILE, NON VIENE MAI MENZIONATO DA TRAVAGLIO? IL GIOCO DI CHI STA FACENDO TRAVAGLIO?

In questo processo, tramite il colonnello Riccio, Ilardo dall’aldilà parla tramite le agende del colonnello Riccio. E il colonnello Riccio conclude i tre giorni, lettura e udienza, dedicati al suo esame, alla sua deposizione ricordando che il generale Mori gli ordinò di non scrivere nei rapporti investigativi nessun nome politico tra quelli fattigli da Ilardo, nemmeno quello di Dell’Utri.

[…] RIFLETTIAMO: IO DOMANI APRO UN DIARIO, SCRIVO CHE TRAVAGLIO MI HA MINACCIATO, O CONFESSATO IN AMICIZIA CHE AMA BERLUSCONI E CHE SI VERGOGNA DI DIRLO, O CHE HA ISTINTI PEDOFILI, O PEGGIO ANCORA . E IN FUTURO QUESTO DIARIO AVRA’ PESO IN UN PROCEDIMENTO PENALE A CARICO DI TRAVAGLIO? BUONO A SAPERSI!

Mori e altri spiegarono al colonnello Riccio che Dell’Utri e Berlusconi stavano facendo le stesse battaglie contro i giudici che interessavano al R.O.S. e che insomma, questa fu l’espressione, ‘Berlusconi e Dell’Utri sono di ‘casa nostra’. Cioè noi dei R.O.S. dei Carabinieri, apparteniamo alla stessa casa di Berlusconi e di Dell’Utri’.

AAAAH, ECCO, MI SEMBRAVA STRANO. NON CI PUO’ STARE SENZA NOMINARE BERLUSCONI. BELLO CHE ASSOCI L’INTERA ARMA A COSA NOSTRA. SENZA CHE NESSUNO DICA NULLA. E’ LO STATO DI DIRITTO. IL DIRITTO DI DIRE INFAMIE SAPENDO CHE DALL’ALTRA PARTE I DIFFAMATI STANNO FACENDO IL PROPRIO LAVORO DI INTELLIGENCE, DI POLIZIA GIUDIZIARIA, A 360 °, MENTRE IL PICCOLO LORD PENSA A RECUPERARE I CONSENSI PERDUTI CON ANNOZERO USANDO IL BLOG DI GRILLO PER DIFFONDERE IL SUO LIBRICINO E LUCRARE COSI’ SU UNA CERTA ANTIMAFIA CHE SI BEA DEI RIFLETTORI E CHE NON SI MUOVE SE NON C’E’ PROFITTO.

Nel processo vedremo se questa mancata cattura di Provenzano è reato, se è stata fatta per favorire la mafia oppure no, già sappiamo, per quello che dice Riccio, che Provenzano poteva essere catturato undici anni prima, quando era ancora un po’ più in carne, un po’ più in forze e soprattutto un po’ più potente, un po’ più importante. Soprattutto sappiamo che di questo processo non si deve parlare. Non si deve parlare perché ci riporta alle stragi e alle trattative tra Stato e mafia. E quello è un tema che non può essere affrontato dall’informazione italiana perché è un tema che riguarda la nascita della Seconda Repubblica. Una Seconda Repubblica che non è purtroppo nata dal sangue della Resistenza, ma è nata dal sangue delle stragi e quindi chi ne parla o chi ne vuole parlare, letteralmente, muore. Passate parola!”

LA PASSO, LA PAROLA, CON IL CONTRADDITTORIO, STAVOLTA. TRAVAGLIO, TI OFFENDI SE TI DICO CHE SEI UN VERME?

Gmast in onda al Tg1

Tuesday, 20 January 2009
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Primo servizio di Gabriele Mastellarini al Tg1, in onda ieri 19 gennaio nell’edizione delle 13:30. Vai Gmast, avanti così! (sf)

All'Unità si taglia: chiude "Emme", l'inserto satirico

Tuesday, 20 January 2009
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di Sergio Fornasini

Questioni finanziarie determinano la chiusura di “Emme“, inserto satirico in edicola il lunedì con l’Unità. La decisione era stata già presa ad ottobre scorso, mitigata però dall’accordo con il direttore Concita De Gregorio di mantenere la satira all’interno del giornale. Non più come inserto, e con una edizione mensile da vendersi come allegato a richiesta del lettore. L’editore invece la pensa diversamente, fondi a disposizione non ce ne sono e quindi si chiude. Ne parla Sergio Staino in una amara lettera di commiato, augurandosi si tratti solo di un arrivederci.

Arrivederci Emme

Ieri alle 23.29
In un incontro che ho avuto in queste ore alla sede de l’Unità con il direttore Concita De Gregorio e con il nuovo amministratore delegato Antonio Saracino, sono stato informato, con mia grande sorpresa, che la proprietà del giornale considera tuttora valido e in vigore, per quanto riguarda il supplemento Emme, il contratto stipulato nel 2007 e la conseguente disdetta inviatami nell’Ottobre 2008. In altre parole, Emme, per la proprietà, chiude con l’ultimo numero di Gennaio, cioè con il prossimo.

E gli accordi presi con il direttore per il proseguimento di Emme all’interno del giornale ad 8 pagine, affiancato da un mensile da vendersi come allegato ad acquisto facoltativo? Un bellissimo progetto che però non ha, per usare un linguaggio governativo, alcuna copertura finanziaria e quindi va considerato nullo. Insomma, sembra che Concita ed io abbiamo fatto i conti senza l’oste, cioè senza considerare la situazione economica e finanziaria dell’editoria italiana e de l’Unità in specifico. Oggi, per quasi tutti i consigli d’amministrazione, sembra che la riduzione dei costi sia il problema assolutamente prioritario e molti quotidiani, assai più agguerriti e forti della nostra Unità, stanno tagliando supplementi, decurtando pagine, collaboratori e stipendi di collaboratori. Quest’oggi tocca ad Emme e mi sembra che ci sia davvero ben poco su cui insistere o recriminare.

Rimangono alcune speranze aperte, non certo di facile realizzazione: una forte e significativa impennata nelle vendite del quotidiano e il possibile inserimento di Emme in una rinnovata e fortificata presenza online de l’Unità. Vedremo. Per ora ci piace salutarvi con un arrivederci e, pur nel dispiacere della chiusura, gioire per questi due anni di vita che hanno riaperto le speranze di un giornale satirico in Italia, che ha messo insieme, in buona armonia, una discreta serie di cervelli satirici, molti dei quali davvero giovani e nuovi. Li ringrazio tutti, uno ad uno, così come ringrazio i lettori che ci sono stati vicini in questo non breve periodo.

Ma un grazie ovviamente speciale lo rivolgo volentieri al direttore Padellaro e all’amministratore delegato Poidomani, che vollero darmi, nella primavera 2007, la possibilità di mettere in piedi questa bella scommessa e all’attuale direttrice De Gregorio, che ci ha dimostrato grande simpatia e fino all’ultimo ha tentato di farci sopravvivere sulle pagine del suo bel giornale.
Speriamo di rivederci presto,

Sergio Staino

"LA REPUBBLICA" LICENZIA E RIDUCE I COMPENSI

Saturday, 17 January 2009
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In questi giorni la fortissima Repubblica ha chiuso i supplementi Viaggi e Salute, ha licenziato i quattro quinti dei grafici e ridotto del 30% i compensi dei propri collaboratori. La forte caduta del volume di pubblicità sul cartaceo, riflesso della più generale crisi economica, è alla base di questa drammatica situazione. (Sergio Staino. http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/articolo-2776.htm)

Gaza e gazzarra

Saturday, 17 January 2009
Pubblicato nella categoria ARTICOLI

di Filippo Facci per ilgiornale.it

Ci sono state puntate peggiori di quella scorsa di Annozero, anche se riguardavano il nostro Paese e nessun ambasciatore ha protestato. Le avrete magari pure guardate, quelle puntate: anche perché non c’è nient’altro del genere, in tv. I programmi di Vespa e Floris e Mentana sono un altro prodotto, una diversa temperatura: non sono alternativi, sono complementari. Santoro, coi suoi travaglini e la sua impar-condicio, è certo arrogante e insopportabile: ma se nessun’altra trasmissione ha i difetti di Annozero, tuttavia, nessun’altra ha neppure i suoi pregi, perlomeno le sue caratteristiche, lo sforzo produttivo.

Perché? Perché un’altra trasmissione come Annozero non la vogliono fare. Non la Rai, che pure butta i soldi in cento modi. Non Mediaset, che è disinteressata persino a bilanciare Ballarò. Così abbiamo solo Annozero e la periodica tentazione, provocatissima, di cancellarlo anziché affiancarlo ad altro, levarle il monopolio, farle concorrenza, relativizzarlo. La classe politica ogni tanto sbraita contro Annozero, ma non c’è da fidarsi di chi ora martirizza Lucia Annunziata, l’unica che è ancora più ego-riferita di Santoro, dopo averla giustamente esecrata per quella sua esibizionistica intervista a Berlusconi. La classe politica sbraita anche perché vorrebbe che fosse tutto come a Ballarò: dove c’è la scaletta, le domande sono programmate, e si può ciarlare che è un piacere.

Questa mozione è un colpo di culo!

Saturday, 17 January 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

Pittoresco intervento di Stefano Galli, capogruppo della Lega Nord in Consiglio Regionale Lombardia, che nella seduta del 13 gennaio interviene con le dichiarazioni di voto alla mozione contro l’omofobia presentata dal centro sinistra. […] “Noi diciamo subito di no per tre motivi, il primo perchè chiede di celebrare con una ricorrenza il riconoscimento della omosessualità come NON malattia mentale” […]

Segnalato dal blog di Marcello Saponaro, consigliere regionale dei Verdi che ha documentato con video l’intervento

Garantismo e privacy

Saturday, 17 January 2009
Pubblicato nella categoria LETTERE

Merita di essere evidenziato il contributo di una nostra commentatrice. Il riferimento è all’articolo pubblicato in questo blog riguardante il disegno di legge del ministro Alfano sulle intercettazioni telefoniche (sf)

Qui si parla di garantismo, di privacy et similia. Ma da quando viene rispetta la privacy dei cittadini? Siamo spiati da telecamere ovunque, i nostri cellulari rilevano costantemente la nostra posizione, i ragazzi che lavorano inbound nei call center possono con un semplice click leggere sms e ascoltare telefonate altrui, etc, etc.

Non raccontiamoci favole, la privacy non esiste. Se poi si è personaggi pubblici ancora meno. È giusto sapere, è giusto conoscere. Si parla di questione morale, io voglio sapere se cotali personaggi siano all’altezza almeno della parola; si proibisce l’uso di droghe leggere e in parlamento la cocaina si trova più facilmente che da uno spacciatore professionista; si parla di famiglia, DICO e diritti civili e chi risiede nelle alte sfere gode di diritti che nega agli altri; si sbandierano i valori cristiani e poi si scopre che chi lo fa è divorziato, risposato, razzista etc.

Ma quale garantismo? Quale privacy?

Io sono per l’abolizione della legge sulla privacy (una buffonata inaudita, se riprendo un omicidio l’assassino può denunciarmi e anche vincere la causa viste le ultime sentenze), per la banca del DNA (tutti dal primo all’ultimo cittadino), per la banca delle impronte digitali (dal primo all’ultimo cittadino), per la libertà di intercettare da parte della magistratura, per la pubblicazione delle intercettazioni.
Mi intercettassero pure, non ho nulla da nascondere.

In nome della legge sulla privacy sono stati condannati giornalisti che riprendevano con la telecamera nascosta gentiluomini presi in flagranza di reato: i suddetti gentiluomini sono liberi ed impuniti, chi ha rivelato il reato è costretto a pagar fior fior di quattrini.

Il disegno di legge è palesemente una porcata, non sto a ripetere le motivazioni, cito solamente un episodio che ne dimostra l’illegalità.

La Francia è stata condannata per violazione della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo da parte della Corte Europea, causa l’aver condannato a una sanzione pecuniaria due giornalisti (Jérôme Dupuis e Jean-Marie Pontaut) che avevano pubblicato intercettazioni telefoniche illegali contenute in fascicoli istruttori (quindi perfino sottoposti a segreto e in violazione di tale segreto!!!).

La Corte Europea ha riconosciuto l’interesse pubblico di quelle intercettazioni, ha riconosciuto il diritto e il dovere dei due giornalisti alla pubblicazione (la violazione del segreto istruttorio va in secondo piano rispetto al dovere del giornalista di informare), ha riconosciuto il diritto del pubblico a ricevere informazione, ha riconosciuto  la condanna dei due come “un’ingerenza spropositata del diritto alla libertà di espressione e di informazione” in contrasto con i valori di una società democratica. Se entrano in conflitto il diritto alla privacy e il diritto di informare e di essere informati, prevale il secondo.

Figurarsi quando sono coinvolti personaggi pubblici e politici! I limiti in questo caso sono più ampi. Devono essere più ampi. La stampa deve svolgere la sua funzione di controllo e chi ricopre compiti istituzionali o più semplicemente ottiene popolarità,  si espone volontariamente a questo controllo e alla conseguente limitazione della propria privacy. “Ciò che conta è che i giornalisti agiscano in buona fede, fornendo dati esatti e informazioni precise e autentiche nel rispetto delle regole deontologiche della professione” (se un giornalista ha una notizia ha il dovere di pubblicarla, DOVERE!).

Questa sentenza è vincolante anche per l’Italia, quindi i giornalisti che verranno condannati potranno appellarsi ed essere assolti dalla Corte Europea.

Detto questo il bavaglio all’informazione passa in secondo piano rispetto alle indecenti limitazioni che questo disegno di legge (come i precedenti) impone al potere giudiziario. Una vera e propria ingerenza della politica. Ricordo che per la nostra Costituzione potere giudiziario, esecutivo e  legislativo dovrebbero essere nettamente indipendenti.

Qual è il problema? Cosa si perde  finendo all’interno di intercettazioni telefoniche se si è innocenti e se il proprio comportamento è lungi dal poter essere considerato amorale? Vi lascio con le parole di un ragazzo che in questa situazione ci si è ritrovato. Un ragazzo che partecipando ad un concorso aveva ottenuto il miglior risultato ed è stato scartato per far posto a dei raccomandati. Una bella mattina ha ricevuto la telefonata di un giornalista che lo informava di aver trovato il suo nome all’interno di alcune intercettazioni telefoniche.

“Quello è stato il primo e unico concorso a cui ho partecipato, e non volevo nemmeno andarci perché si sa che i concorsi li vincono i raccomandati. Non ho studiato nemmeno. Mi sono buttato: per titoli ero tra i primi. Due giorni dopo la prova scritta vado all’università e uno dei miei professori, che faceva parte di quella commissione e che io ho evitato durante tutto l’arco del compito, mi ha fatto i complimenti per non aver cercato una raccomandazione. Mi dice che il mio è stato il miglior compito e che l’orale sarebbe stato sicuramente una formalità. L’orale infatti va benissimo. Ma non sono stato più richiamato. Quel giorno vengo a sapere di essere rientrato in delle intercettazioni telefoniche : mi citavano come migliore della prova, ma mi sbeffeggiavano come un cretino perché tanto sarebbero passati altri. Nei giorni successivi vengo contattato dalla trasmissione ‘AnnoZero’. Non ci volevo andare. Sai quando ho deciso di partecipare? Quando uno dei professori con cui avevo collaborato fin dalla tesi, mi dice di non andare perché mi si sarebbero chiuse tutte le porte e uno dei vincitori di quel concorso mi ha chiesto cosa ci andavo a fare. Proprio per questo ci sono andato. Delle intercettazioni non me ne frega nulla. Sono assolutamente favorevole alle intercettazioni telefoniche e alla loro pubblicazione.

Non ho nulla da nascondere. Sai che mi frega se dico ‘amoruccio’ alla mia ragazza e poi mi pubblicano? Proprio nulla! Le intercettazioni servono per scoprire le magagne, se ci finisco dentro sto tranquillo, io sono a posto, vado avanti a testa alta. E sai una cosa? Ora lavoro dalla mattina alla sera e guadagno in due giorni quello che all’università mi hanno dato in sei mesi”.

pubblicato da Sunny – 17/01/2009 at 5:03:26

Alitalia è morta, viva Alitalia

Thursday, 15 January 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

articolo di www.tagesschau.de tradotto da italiadall’estero.info

Aerei quasi vuoti, scioperi selvaggi, una montagna di debiti, licenza di volo a rischio, Lufthansa entra nella compagnia, no, lo farà Air France – quel che è successo negli ultimi mesi con la privatizzazione di Alitalia non ha certo contribuito a migliorare l’immagine della compagnia di bandiera italiana. Al contrario. Il continuo via vai di proposte ha piuttosto rafforzato i pregiudizi sugli italiani, inadeguati e completamente incapaci di pianificazione, che purtroppo molti di noi hanno. La cosa peggiore è che questa volta i critici hanno – almeno in parte – ragione.

Le chiacchiere di Berlusconi sull’italianità

La colpa è principalmente dei politici italiani, e in particolare del capo del Governo Silvio Berlusconi. Hanno usato Alitalia per i loro giochetti di potere, per imporre senza alcun riguardo i propri interessi. A quali condizioni Alitalia continuerà a volare è un argomento che ai politici, soprattutto a quelli del Nord, non interessa. Per fare un esempio, per loro era molto più importante sapere se in futuro decolleranno più aerei da Milano Malpensa o da Roma. E un anno fa lo stesso Berlusconi aveva mandato all’aria una prima occasione di risanamento con i suoi stupidi discorsi sull’italianità (in italiano nel testo, NdT).

A suo tempo Air France voleva acquisire Alitalia e i debiti della compagnia italiana sull’orlo della bancarotta. Ma durante la campagna elettorale Berlusconi ha ribadito quanto fosse importante avere una compagnia di bandiera. Risultato: i francesi hanno abbandonato le trattative per l’acquisto. Adesso però sono anche loro nell’affare, come ultima ancora di salvataggio – a condizioni per loro decisamente più favorevoli. L’italianità di Berlusconi è costata ai contribuenti italiani più di un miliardo di euro.

Viva la nuova Alitalia

Almeno ora la tragedia è giunta a un epilogo. Alitalia è morta. Viva Alitalia. Da oggi le responsabilità sono dei nuovi dirigenti, il primo aereo della vecchia, nuova compagnia è decollato questa mattina presto. Solo che adesso è difficile credere che le cose cambieranno, l’eredità è troppo pesante. Il personale rilevato dalla nuova compagnia ha visto peggiorare le condizioni di lavoro. E’ già annunciato il primo sciopero.

Anche per i clienti sarà difficile notare una differenza tra la vecchia e la nuova Alitalia. In maniera del tutto incomprensibile si è deciso di non dare un nuovo nome alla nuova compagnia. Sarebbe stato almeno un segno del rilancio, un’occasione per lasciarsi alle spalle i vecchi problemi, come si è fatto qualche anno fa nel caso Swissair-Swiss. Alitalia dovrà perciò combattere sempre con la sua vecchia immagine.

Volare costerà di più

Un altro punto sono i prezzi. Volare in Italia sarà più caro, perché il rilancio di Alitalia altro non è se non una silenziosa fusione con Air One, fino ad oggi concorrente diretta, il cui marchio scompare dal mercato. Perciò su alcune rotte la nuova Alitalia detiene quasi un monopolio, senza più alcuna concorrenza.

Quel che confonde ancora di più le idee: i clienti Alitalia potranno in futuro raccogliere i punti miglia in due circuiti di compagnie. Al momento sulle vecchie rotte di Air One sono ancora in vigore gli accordi di code sharing con l’attuale partner Lufthansa, nonostante questa abbia declinato una partecipazione nella nuova Alitalia. Perciò i passeggeri possono prenotare un volo con Lufthansa, volare con Alitalia, ed utilizzare tuttavia la carta frequent flyer di Lufthansa – e non quella di Alitalia. Insomma: un’ulteriore complicazione per i clienti.

Se la nuova Alitalia riuscirà a risollevarsi da terra in queste condizioni è ancora dubbio. Troppi sono i punti ancora non chiariti. Non si tratta di un vero rilancio. E, a parte questo, difficilmente i francesi si accontenteranno a lungo del ruolo di partner di minoranza. Tuttavia questa potrebbe anche essere l’unica occasione per Alitalia. Air France acquisisce sempre maggiori quote azionarie – per poi rivoltarla come un calzino. Ma questa prospettiva in Italia non dovrebbe piacere a nessuno.