Dai, continuiamo a scherzare

Friday, 20 February 2009
Pubblicato nella categoria ARTICOLI

berlusconi-smile

Sta diventando normale, quando il premier fa una gaffe non se ne parla troppo sui media, in TV si arriva anche ad evitare accuratamente l’argomento. Su questa che vi propongo in video, e speriamo sia l’ultima, il governo argentino ha addirittura convocato l’ambasciatore italiano a Buenos Aires per esprimere forte disappunto. Però, come al solito, i mezzi di informazione non fanno bene il proprio dovere e la notizia scompare rapidamente, ammesso che qualcuno l’abbia pubblicata con la dovuta evidenza. Alcuni blog l’hanno fatto, e noi vogliamo essere fra questi. Tra i bloggers c’è chi ha minimizzato e c’è il blog di un sacerdote, don Franco Barbero, che le ha definite “dichiarazioni criminali”. Io mi limito a proporvi il video, giudicate voi (sf)

La certezza del diritto

Friday, 20 February 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

Della possibile costituzione di un archivio informatico per accentrare gli atti giudiziari ne avevo parlato in questo post, ora emerge la proposta di una grande banca dati per raggruppare e centralizzare le normative vigenti, denominata “Normattiva”. L’idea è buona, dipenderà poi dalla qualità finale dell’iniziativa il suo effettivo grado di efficienza e fruibilità, staremo a vedere i risultati. Ne parla Alessandro Bertirotti nell’articolo pubblicato da www.luigiboschi.it (sf)

Per anni sono andate in giro per il Paese battute di vario gusto a proposito dell’esistenza in vita in Italia di leggi vecchissime, risalenti ancora al periodo del Regno. Quindi già la creazione di un dicastero per la semplificazione era stata vista come un atto dovuto, necessario per mettere ordine in un corpus juris ormai diventato assolutamente farraginoso e – per sua stessa natura – non direttamente fruibile da parte dei cittadini: troppo complicato riuscire a star dietro ai numerosissimi atti di modifica o di abrogazione parziale, di modificazione, etc relativi a queste leggi.

Di fronte al famoso adagio “ignorantia legis non excusat” era ovvio domandarsi come fare fronte ad una situazione insostenibile come la nostra: con tutta la buona volontà il cittadino comune, che non  è necessariamente laureato in giurisprudenza, di fronte a qualsiasi atto ormai si trovava nell’impossibilità di essere certo a proposito delle norme applicabili. Situazione, questa, divenuta effettivamente intollerabile.

Perciò l’intero MCPE plaude alla conversione in legge del decreto proposto dal Ministro Calderoli, che finalmente cancella per sempre circa 29 mila leggi emanate tra il 1861 e il 1947.

Ma quello che a noi piace ancora di più è la creazione di “Normattiva”, una banca dati a disposizione di tutti, a titolo gratuito, che costituisce la memoria degli atti normativi effettivamente in vigore.  Questo utilizzo dell’informatica è un esempio intelligente e sicuramente cost-effective, al di là del necessario investimento iniziale.

Giorni fa, durante una discussione a proposito dell’applicazione delle leggi in Italia, uno dei miei interlocutori sottolineava che il nostro problema sta nel fatto che l’applicazione del diritto posi sulla sua interpretazione, e quest’ultima sia causa di un’incertezza non eliminabile.

Personalmente riteniamo che l’interpretazione debba continuare ad essere annoverata tra gli strumenti che concorrono alla corretta applicazione delle leggi, ma che nello Stato la certezza del diritto deve necessariamente partire dal sapere – tutti noi – quali sono le leggi effettivamente vigenti.

Il prossimo passo, per la costruzione di uno stato di concezione moderna e più vicino ai propri cittadini e residenti, sarà quello di sradicare un privilegio di casta, per cui i magistrati che, in applicazione della legge, abbiano avallato provvedimenti palesemente sbagliati (vedi ad esempio quello che ha rimesso in circolazione uno dei due stupratori rumeni della Caffarella, che era stato inizialmente espulso dal nostro Paese) paghino per i loro errori.

Alessandro Bertirotti
Presidente Movimento Civico per il Progresso Europeo

Il paradosso dei buonisti: il vero crimine è dire che chi violenta è romeno

Friday, 20 February 2009
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Di Filippo Facci per ilgiornale.it

Due stupri e due misure: sui giornali si enfatizza l’identità etnica dei criminali e il violentatore straniero ottiene più spazio di quello italiano. Questo hanno denunciato Sergio Romano sul Corriere della Sera e Gad Lerner sul settimanale Vanity Fair, pur con argomenti e stili assai diversi. E questo, beninteso, è quello che in parte accade: si tratta di capire in che misura sia giusto o non lo sia.

Sergio Romano, nel rispondere a un lettore, storicizza come suo solito e tira in ballo le regole anglosassoni dell’ «affirmative action», vale a dire le norme che prevedono un trattamento preferenziale per le minoranze etniche: oltre al fatto che negli Stati Uniti, dice Romano, l’etnia degli arrestati e degli imputati «viene generalmente taciuta» in quanto potrebbe «sottointendere un pregiudizio razziale e contribuire a diffonderlo». Ma l’ex ambasciatore in definitiva non pensa che si debbano tacere le nazionalità delle persone menzionate nei vari articoli, tuttavia «è possibile farlo senza dare l’impressione che i romeni sono stupratori e i romeni magnaccia». Gad Lerner, invece, la mette giù dura e scrive che nel caso dello stupratore italiano cala addirittura «un silenzio imbarazzato», mentre viceversa «il branco straniero è meritevole di linciaggio» e non di rado «scatta una furia collettiva che dà luogo a spedizioni punitive, pestaggi di ignari connazionali dei violentatori, devastazioni dei loro negozi etnici o delle baracche in cui vivono».

Anche giustificando il linguaggio generalizzante adottato da Lerner, in tutta onestà, di giornali che abbiano palesemente ammiccato ai linciaggi e alle spedizioni punitive non se ne sono visti: non almeno da queste parti. C’è stato addirittura chi, tra questi lo scrivente, non ha perso l’occasione per precisare che linciatori e sceriffi andrebbero espressamente messi in galera a loro volta. E’ verissimo che sui giornali non si parla di tutti gli stupri nello stesso modo: anche perché ce ne sono mediamente tredici al giorno (peraltro in calo rispetto all’anno precedente) i quali finiscono o non finiscono sui giornali, come il collega Lerner ben sa, secondo infinite varianti: l’etnia del violentatore è una sola di esse, ma non vogliamo essere ipocriti. Il punto vero, infatti, è che oggigiorno un romeno che stupra un’italiana non è una notizia, sono due: è il racconto di una violenza ordinaria ma anche la conferma di un trend straordinario. Nel caso il violentatore romeno sia pure clandestino, ecco, le notizie diventano tre: perché a essere confermato è anche il dato che vede nei clandestini il 62 per cento degli stupratori stranieri.

Negli ultimi vent’anni gli stranieri denunciati per stupro sono passati dal 9 al 40 per cento: significa che uno stupro compiuto da uno straniero è una rondine che sta facendo primavera, e la sua rilevanza sociale è diversa se non maggiore di quella relativamente in disarmo (si fa molto per dire) appartenente a un violentatore italiano: anche se entrambi, romeno o italiano o anche bengalese, sono meritevoli della stessa identica galera come delle stesse identiche garanzie. Se la maggioranza dei violentatori è straniera e se la maggioranza di questi violentatori stranieri è romena, in sostanza, sempre meglio saperlo: anche perché il nascondercelo, come è stato fatto per tanti e troppi anni, ha soltanto alimentato pregiudizi che nel tempo hanno trovato la peggiore delle risposte: una conferma.

Veltroni: hai sbagliato a dimetterti, te lo dice un incollato alla poltrona veramente D.O.C.

Thursday, 19 February 2009
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Notizia dall’agenzia ASCA:  «Rispetto per il travaglio di Walter Veltroni ma certezza che la scelta di lasciare la segreteria del Pd ”sia stata sbagliata”». Tralascio i motivi addotti al presunto sbaglio perché la notizia vera è un’altra, ovvero chi ha espresso questo giudizio: Antonio Bassolino. E se lo dice uno che ha saputo resistere a tanti inviti a dimettersi, un serio professionista della politica, un Governatore di lungo corso, le cose sono due: o Walter non ha ben compreso la politica oppure pensava che il PD potesse davvero diventare una cosa diversa da quello che è in realtà. Mi stavo chiedendo a questo punto come ci starebbe Bassolino a fare il segretario. Certamente sarebbe inamovibile! (sf)

L’Italia condanna un avvocato per aver preso una tangente per proteggere il Premier

Thursday, 19 February 2009
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Articolo del New York Times tradotto da italiadallestero.info

Pubblicato mercoledì 18 febbraio 2009 in USA

[New York Times]

Roma – Martedì il tribunale di Milano ha presentato una sentenza che manderebbe le istituzioni politiche di molti paesi in tilt. Ha accusato l’avvocato inglese David Mills di aver accettato 600.000 dollari per mentire al fine di proteggere il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi.

In Italia, la sentenza non era nemmeno una delle notizie principali al telegiornale della sera. Questo onore è andato al maggior opponente politico di Berlusconi, Walter Veltroni, che si è dimesso martedì dopo la netta sconfitta del suo  partito lunedì alle elezioni per presidente della Sardegna, in cui il candidato del Partito Democratico ha perso contro il figlio del commercialista di Berlusconi. Così la storia del giorno non era sulla corruzione, ma sulla presa di potere sempre più asfissiante di Berlusconi in Italia.

Mills afferma che farà ricorso in appello. “Sono innocente, ma questo è un caso altamente politicizzato” ha affermato in una dichiarazione.

In effetti Berlusconi è stato un co-imputato fino all’anno scorso, quando ha fatto passare una legge in Parlamento che garantisce alle più alte cariche, in particolare a sè stesso, l’immunità contro l’azione giudiziaria mentre è in carica.

Nonostante le logiche irrazionali della politica italiana, la sentenza piuttosto che una sconfitta per Mills, sembra l’ennesima vittoria per Berlusconi il quale in 15 anni di dominio della vita politica italiana è riuscito a trasformare ogni sconfitta legale in capitale politico.

Un miliardario che possiede il più grande impero mediatico privato in Italia, Berlusconi è stato ripetutamente accusato di corruzione, solo per vedere le accuse rovesciate in appello o appassire quando cadevano in prescrizione. Lui si è dichiarato innocente in tutti i casi. Più Berlusconi sfrutta il sistema a suo vantaggio, più gli italiani sembrano ammirarlo.

“C’è una parte della società italiana che pensa che sia scandaloso che ci sia un Presidente del Consiglio che ha affrontato così tante accuse, che abbia un enorme conflitto di interessi” ha affermato Sergio Romano, un editorialista per il quotidiano Corriere della Sera. “Probabilmente è una minoranza, ma è abbastanza rumorosa”.

“Credo che la domanda che ci dobbiamo porre è perché c’è una parte della società italiana che non è scandalizzata” ha aggiunto.

La maggior parte degli italiani non può neanche fare ordine fra i vari casi giudiziari di Berlusconi. Sembra che anche lui ci riesca appena. “Sono il detentore universale di un record per il numero di processi nella intera storia dell’uomo e anche delle creature che vivono negli altri pianeti,” ha detto l’anno scorso.

Roberto D’Alimonte, un professore di scienze politiche all’Università di Firenze, ha affermato: “Le sole persone che si preoccupano fanno parte della minoranza anti-Berlusconi. La pubblica opinione non si preoccupa. Tutto questo è parte del fenomeno Berlusconi.”

C’è anche una specie di condiscendenza cattolica, per la quale è accettato che gli esseri umani sono peccatori.

Alexander Stille, l’autore del “Sacco di Roma”, un resoconto critico dell’ascesa di Berlusconi, afferma che la maggior parte degli italiani “si sono convinti che la politica sia un affare sporco, che tutti abbiano degli scheletri nell’armadio. I giudici hanno prestato più attenzione a Berlusconi che a tanti altri cittadini, per cui hanno trovato più scheletri nell’armadio”.

Berlusconi è entrato in politica nel 1994, sulla scia di uno scandalo di corruzione nel quale un terzo del Parlamento è stato coinvolto. La magistratura allora era vista come una eccellente braccio del governo.

Ma nel corso degli anni, Berlusconi è riuscito a trasformare la percezione dell’opinione pubblica nei confronti della magistratura con le sue incessanti accuse secondo le quali i magistrati sono ideologi di sinistra che lo hanno preso ingiustamente di mira. “C’è una parte del paese che è spaventata della sinistra; hanno paura della sinistra e Berlusconi approfitta di quelle paure” ha spiegato Romano.

A dicembre, i Pubblici Ministeri hanno accusato Mills di aver accettato denaro nel 2000 in cambio di aver fornito falsa testimonianza nei processi del 1997 e 1998, collegati alle compagnie estere che Mills aveva contribuito a creare negli anni novanta per la Fininvest, la società per azioni di Berlusconi.

I Pubblici Ministeri affermano che Mills non abbia rivelato alla corte che due compagnie estere  che compravano diritti cinematografici negli Stati Uniti erano collegate a Berlusconi, secondo quanto riportato da Associated Press. Hanno anche detto che Mills non ha rivelato una telefonata con Berlusconi nella quale i due discussero quelli che furono definiti pagamenti illeciti da parte di Berlusconi al leader socialista Bettino Craxi, morto nel 2000.

Martedì Mills ha ricevuto una condanna di quattro anni e mezzo, ma è improbabile che vada in prigione. Secondo la legge italiana, la reclusione comincia solo dopo una sentenza definitiva. È anche improbabile che i due successivi appelli si concludano prima del 2010, quando il limite di dieci anni per la prescrizione sarà scaduto. Analogamente, se Berlusconi rimane in carica fino a quel momento, il caso contro di lui sarà estinto.

I Pubblici Ministeri di Milano incominciarono a investigare Mills nel 2004, dopo un soffiata delle autorità londinesi, quando il commercialista di Mills si era fatto avanti denunciando il potenziale uso improprio di denaro.

Nel 2004, Mills scrisse al suo commercialista, Bon Drennan, riguardo alla situazione fiscale di un pagamento fatto da Berlusconi. In una lettera a Drennan, Mills scrisse: “Non ho mentito, ma ho aggirato ostacoli molto complicati, per dirla con un eufemismo e ho tenuto Mr B. fuori da un mare di guai nei quali l’avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo”, secondo una copia della lettera che è stata ampiamente pubblicata.

In cambio della sua testimonianza, ha affermato, ha ricevuto denaro che “poteva considerare come un prestito a fondo perduto o un regalo”.

Nel luglio 2004, Mills disse ai Pubblici Ministeri di Milano che la lettera era corretta e che aveva ricevuto 600 mila dollari da collaboratori di Berlusconi come premio per aver fornito una testimonianza favorevole. Più tardi Mills ha ritrattato la sua dichiarazione.

Mills è l’ex marito del Ministro per le Olimpiadi britannico, Tessa Jowell, che in una dichiarazione di martedì emanata dal suo ufficio ha affermato: “Questo è un colpo terribile per David e, nonostante la nostra separazione, non ho mai dubitato della sua innocenza.”

Il Pubblico Ministero nel processo Mills, Fabio de Pasquale, ha messo in dubbio la legalità della legge che garantisce l’immunità a Berlusconi e alle più alte cariche dello stato. La Corte Costituzionale non ha ancora emesso una decisione sulla questione.

Le cronache in autunno hanno riportato che Berlusconi stava pensando di nominare Niccolò Ghedini, il suo avvocato,  a una posizione vacante nella Corte Costituzionale. In un’intervista lo scorso autunno Ghedini ha affermato che sarebbe stato improbabile, ma non a causa del suo coinvolgimento nei processi del Presidente del Consiglio. “No, niente affatto” ha affermato allora. “Ma perché mi piace fare l’avvocato. Non vorrei mai diventare giudice”.

Anno nuovo, blog nuovo

Wednesday, 18 February 2009
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blogger

di Sergio Fornasini, un blogger per caso

Di nuovo in rete, in una nuova casa. Dopo pochi mesi si è dovuta purtroppo interrompere l’esperienza del blogiornale di Gabriele Mastellarini, al quale ho avuto l’onore di partecipare, prima come moderatore e successivamente anche quale redattore. Sono stato tirato in ballo per caso e per amicizia da quel mattacchione di onesto giornalista trentenne. Ora è occupato in un’altra attività, dalla parola scritta è passato al giornalismo televisivo. Di nuovo in bocca al lupo per la sua carriera. La grande classe di Gmast qui ci mancherà molto, non potrà infatti partecipare a questo nuovo spazio.

Perché un nuovo blog: ce ne stanno talmente tanti in giro, chi me lo fa fare a ricominciare da zero? Poi in questo mesetto di inattività in fondo mi sono anche riposato. Queste cose me le sono dette, lo ammetto. Ho però avuto modo di rivedere con calma molti scritti del vecchio sito, ed ho concluso che articoli e commenti erano di valore e qualità non comune nel panorama che ci circonda in rete. La domanda allora è diventata: perché non continuare?

E dunque si riparte, ovviamente non potrà essere esattamente la stessa cosa senza Gmast, ma ce la metterò tutta. Ce la metteremo anzi, alla nuova blogfamiglia hanno già dato aderito Nicoletta Salata e Paolo Martocchia, gli altri non hanno negato di potersi affacciare da queste parti e spero proprio lo facciano spesso. La rubrica NONSOLOSOLDI ad esempio, curata dall’eccellente Gianluigi De Marchi,  era una costante fonte di informazione e di interessanti spunti di discussione. E che dire poi di STORIE DI MAFIA curata dal giornalista Francesco D. Caridi, dal suo archivio spuntavano spesso brani che ridisegnavano l’attualità. Last but not least BEVI&MANGIA curata da Tommaso Farina, attivissimo nel proporre post e commenti. Fortunatamente nulla è andato perduto, l’intero archivio del blogiornale è stato trasferito qui, commenti compresi. C’è ancora qualche immagine e link da sistemare ma l’astinenza è durata abbastanza.

Come per la precedente esperienza, mi propongo di non porre freni a critiche verso qualunque personaggio pubblico, quando saranno meritate e doverose. Il nuovo blog è aperto a tutti gli argomenti, i suggerimenti e le critiche. Ed anche a nuovi autori e collaboratori, perché no.

Nell’ultimo mese di inattività come blogger di cose ne sono accadute parecchie. Peccato non averle commentate pubblicamente su queste nuove pagine, sono stati però necessari alcuni giorni per la messa a punto tecnica del sito. Sono comunque convinto che l’attualità politica e sociale del nostro paese continuerà ad offrire molto materiale del quale discutere in queste pagine, un grande benvenuto a tutti.

Il negazionista perdonato

Tuesday, 27 January 2009
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di Sergio Fornasini

Nel giorno della memoria vale la pena di ricordare anche l’esistenza di negazionisti come il vescovo Williamson. Per lui nessun ebreo è stato mai ucciso nelle camere a gas. La spampa in genere ha trattato tutto sommato bene questo personaggio, a fronte delle sue dichiarazioni. Per completezza di informazione vi propongo il video con sottotitoli in italiano, lo potete trovare anche su corriere.it dal quale vi segnalo anche l’editoriale di Pierluigi Battista. Questo Williamson è uno dei quattro vescovi ordinati dall’arcivescovo Lefebvre, atto che costò la scomunica all’alto prelato ed ai suoi seguaci. Pochi giorni fa l’annuncio del perdono da parte della Chiesa cattolica, che nella sua infinita bontà li ha riammessi fra i propri ranghi. (continua per vedere il filmato)

CESSIONE DEL QUINTO, USURA TOLLERATA. QUOUSQUE TANDEM?

Monday, 26 January 2009
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di Gianluigi De Marchi

“Non si arriva alla fine del mese, non riusciamo a pagare le bollette, non si riesce a far fronte alle spese impreviste…” sono le lamentele più diffuse da un anno a questa parte.

La crisi economica sta colpendo tutti, specie quelli con minori redditi e con minor capacità negoziale nei confronti delle banche.

Purtroppo, proprio per la crisi, molti si sono visti costretti a ricorrere a prestiti personali e molto hanno trovato una soluzione nella cessione del quinto dello stipendio, una formula che sembrava arcaica e destinata a sparire ma che invece ha dimostrato la sua validità per la sua grande semplicità.

Infatti basta cedere una parte dello stipendio (un quinto, considerato il massimo cedibile senza fare eccessivi sacrifici) per il periodo necessario a rimborsare il prestito ottenuto ed a pagare gli interessi. La pratica è facile ed immediata, basta esibire i cedolini degli stipendi dimostrando quanto si percepisce ai fini del calcolo dell’importo massimo ottenibile.

Ma attenzione: al boom di richieste di finanziamenti non si è accompagnata una parallela diminuzione dei costi, anzi; e sono riaffiorati vecchi e mai risolti problemi legati alla “vendita” del credito da parte di affaristi di vario tipo non sempre operanti nell’ambito della legalità.

Attenzione infatti a chiedere il prestito all’intermediario giusto.

Le banche erogano i soldi a tassi relativamente bassi (attualmente intorno al 7,5-10% annuo tutto compreso), mentre le finanziarie “indipendenti” (anche se fanno capo a banche!) applicano tassi nettamente superiori, che in molti casi toccano (e superano) il 25% annuo. Il tutto con un tasso massimo (soglia “usura“) fissato, per il primo trimestre 2009, al 20% per le operazioni fino a 5.000 euro, ed al 14,28% per quelle d’importo superiore).

Il costo è indicato dal cosiddetto TAEG (tasso annuale effettivo globale) che comprende tutti i costi e quindi dà un’idea esatta di quanto si deve pagare, in percentuale. La legge impone che sia esplicitato in ogni documento preliminare per fare chiarezza, perché i trucchi usati ancor oggi per nascondere la verità sono infiniti e fuorvianti. Si fa ad esempio riferimento al tasso nominale (il cosiddetto TAN) che è sempre molto basso e considera solo il costo del denaro; si fa riferimento al TEG (che non comprende i costi assicurativi e le tasse) che è sempre inferiore. E così ci si illude di pagare il 15% ed invece si affronta un costo effettivo che spesso tocca il 25% annuo!

Come difendersi?

Per prima cosa preferire la banca ad un altro intermediario, perché il costo è comunque inferiore (l’intermediario dovrà comunque rivolgersi alla banca per avere i soldi da prestare, aggiungendovi le sue salate commissioni).

Seconda cosa: chiedere e pretendere di conoscere il TAEG per farsi bene i conti e poter confrontare diverse offerte. E ci sono armi di autodifesa potenti. “Se il tasso indicato nel materiale pubblicitario o in contratto, è inferiore a quello reale” dichiara l’Avv. Tiziana Sorriento, presidente del CODACONS Piemonte, ” si può invocare la nullità della clausola con la sostituzione del tasso nominale minimo dei Buoni del Tesoro, ai sensi dell’art. 124 TU 385/93″. Basta protestare, verificare, denunciare, ed invece del 25% si paga, pensate un po’, il 4%…

Terza cosa: se, per motivi personali, non si vuole far ricorso alla banca, evitare accuratamente di rivolgersi a finanziarie attraverso procacciatori d’affari, che percepiscono commissioni enormi senza offrire alcun servizio (il servizio lo offre solo la società che eroga il prestito!).

Insomma, nonostante la legge contro l’usura abbia compiuto ormai 15 anni, il fenomeno dello strozzinaggio persiste e prospera, approfittando indegnamente dello stato di estrema necessità di tanta gente.

Ma ci vuole così tanto a far rispettare la legge, a chiudere uffici di società che applicano ancora oggi tassi illegali ed usurari, a riportare ordine e chiarezza in un settore che è delicato e non può continuare a vivere con leggi della jungla e furbizie da casbah finanziaria?

Cultur@ Bicentenario Ugo Foscolo: l'incantesimo della parola

Monday, 26 January 2009
Pubblicato nella categoria CULTUR@

di Nicoletta Salata

Il 18 marzo del 1808 Foscolo ottenne la cattedra di eloquenza all’Università di Pavia.

Il 22 gennaio del 1809 alla lezione inaugurale del corso egli pronunciò la sua celebre ed appassionata orazione Dell’origine e dell’ufficio della letteratura.
Un testo in cui l’autore riflette sulla natura del linguaggio, l’uso sociale della parola (si fanno nascere le leggi, vengono fondate le religioni, si tramandano le conoscenze), evidenziando come la lingua sia indice di progresso, civilizzazione, letteratura.

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha presenziato oggi alla cerimonia con la quale l’Università di Pavia festeggia il secondo centenario dell’Orazione.

Riporto due  passaggi del testo foscoliano in cui viene considerato “l’Amor del vero” e “l’incantesimo della parola”.

III Te dunque invoco, o Amore del vero! Tu dinanzi all’intelletto che a te si consacra, spogli di molte ingannatrici apparenze le cose che furono che sono e che saranno; tu animi di fiducia chi ti sente; nobiliti la voce di chi ti palesa; diradi con puro lume e perpetuo la barbarie, l’ignoranza e le superstizioni; te, senza di cui indarno vantano utilità le fatiche degli scrittori, indarno sperano eternità gli elogi dei principi ed i fasti delle nazioni, te invoco, o Amore del vero! Armami di generoso ardimento, e sgombra ad un tempo l’errore di cui le passioni dell’uomo o i pregiudizi del mio secolo m’avessero preoccupato l’animo. Fa che s’alzi la mia parola libera di servitù e di speranze, ma scevra altresì di licenza, d’ira, di presunzione e d’insania di parti. La tua inspirazione, diffondendosi dalla mente mia nella mente di quanti mi ascoltano, farà si che molti mirino più addentro e con più sicurezza ciò ch’io non potrò forse se non se veder da lontano, ed incertamente additare. Che s’io, seguendo te solo, non potrò dir cosa nuova, perché tu se’ antico e coevo della natura, la quale tu vai sempre più disvelando al guardo mortale, mostrami almeno la più schietta delle sue forme; molteplici forme che, or velate d’oscurità, or cinte di splendore, sconfortano spesso ed abbagliano chi le mira.

IV Ogni uomo sa che la parola è mezzo di rappresentare il pensiero; ma pochi si accorgono che la progressione, l’abbondanza e l’economia del pensiero sono effetti della parola. E questa facoltà di articolare la voce, applicandone i suoni agli oggetti, è ingenita in noi e contemporanea alla formazione de’ sensi esterni e delle potenze mentali, e quindi anteriore alle idee acquistate da’ sensi e raccolte nella mente; onde quanto più i sensi s’invigoriscono alle impressioni, e le interne potenze si esercitano a concepire, tanto gli organi della parola si vanno più distintamente snodando. Chè le passioni e le immagini nate dal sentire e dal concepire o si rimarrebbero tutte indistinte e tumultuanti, mancando di segni che nell’assenza degli oggetti reali le rappresentassero, o svanirebbero in gran parte per lasciar vive soltanto le pochissime idee connesse all’istinto della propria conservazione, ed accennabili appena dall’azione o dalla vita inarticolata. Il che si osserva negli uomini muti, i quali non conseguono né ricchezza né ordine di pensieri che non siano richiesti dalle supreme necessità della vita, se non quando ai segni della parola articolata riescano a supplire co’ segni della parola scritta. E un segno solo della parola fa rivivere l’immagine tramandata altre volte da’ sensi e trascurata per lunga età nella mente; un segno solo eccita la memoria a ragionare d’uomini, di cose, di tempi che pareano sepolti nella notte ove tace il passato. Il cuore domanda sempre o che i suoi piaceri siano accresciuti o che i suoi dolori siano compianti, domanda di agitarsi e di agitare perché sente che il moto sta nella vita e la tranquillità della morte; e trova unico aiuto nella parola, e la riscalda de’ suoi desideri, e la adorna delle sue speranze, e fa che altri tremi al suo timore e pianga alle sue lagrime, affetti tutti che senza questo sfogo proromperebbero in moti ferini e in gemito disperato. E la fantasia del mortale, irrequieto e credulo alle lusinghe di una felicità ch’ei segue accostandosi di passo in passo al sepolcro, la fantasia, traendo dai secreti della memoria le larve degli oggetti, e rianimandole con le passioni del cuore, abbellisce le cose che si sono ammirate ed amate; rappresenta piaceri perduti che si sospirano; offre alla speranza e alla previdenza i beni e i mali trasparenti nell’avvenire; moltiplica ad un tempo le sembianze e le forme che la natura consente alla imitazione dell’uomo; tenta di mirare oltre il velo che ravvolge il creato; e quasi per compensare l’umano genere dei destini che lo condannano servo perpetuo ai prestigi dell’opinione e alla clava della forza, crea la deità del bello, del vero, del giusto, e le adora; crea le grazie, e le accarezza; elude le leggi della morte, e la interroga e interpreta il suo freddo silenzio; precorre le ali del tempo e al fuggitivo attimo presente congiunge lo spazio di secoli e secoli ed aspira all’eternità; sdegna la terra, vola oltre le dighe dell’oceano, oltre le fiamme del sole, edifica regioni celesti, e vi colloca l’uomo e gli dice: Tu passeggerai sovra le stelle: così lo illude, e gli fa obbliare che la vita fugge affannosa e che le tenebre eterne della morte gli si addensano intorno; e lo illude sempre con l’armonia e l’incantesimo della parola.

Per chi volesse leggere qualche altra pagina di questa interessante “orazione”, il testo originale si trova qui.

Il grande Zelig

Monday, 26 January 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

di Marco Cedolin da ilcorrosivo.blogspot.com

La politica durante queste prime settimane dell’anno sembra somigliare sempre più ad una rappresentazione di cabaret, dove ogni problema, anche il più serio, tende a perdere la propria consistenza finendo per manifestarsi sotto forma di celia, di boutade, di battuta di spirito spesso di cattivo gusto. Alcune volte si tratta di un’ambizione “umoristica” perseguita dagli autori, in altri casi l’effetto “comico” nasce dalla velleità di arrampicarsi sugli specchi ostentando la massima serietà, spesso semplicemente il tutto deriva dal superamento inconscio di ogni senso del ridicolo.

Silvio Berlusconi la settimana scorsa, in riferimento alla crisi economica e alla drammatica (non esiste incubo peggiore di una società fondata sulla crescita che si manifesta incapace di crescere) recessione che stando alle stime più ottimistiche determinerà la perdita di 2 punti di Pil durante l’anno in corso, ha risposto che la cosa non lo preoccupa affatto. Non si tratta assolutamente di un dramma, ha detto con il piglio del consumato economista. Significa che torneremo a vivere nella situazione di un paio di anni fa, quando il Pil era di 2 punti inferiore ad oggi, e non si stava comunque peggio. In molti continuano a domandarsi se le sue parole potessero essere prodromiche di un ripensamento riguardo all’opportunità di continuare a perseguire un modello di sviluppo basato sulla crescita, o più semplicemente risultassero indicative di lacune mai colmate concernenti le nozioni elementari di economia.

Il governo, Confindustria, Cisl e Uil hanno firmato l’accordo sui contratti di lavoro, manifestando soddisfazione per l’intesa raggiunta, nonostante la Cgil (il più grande sindacato italiano) non lo abbia sottoscritto. Un po’ come manifestare giubilo per il raggiungimento di un accordo fra le squadre di serie A, al quale Milan, Inter e Juventus si sono manifestate contrarie.

Tutta l’informazione e buona parte degli uomini politici hanno “tuonato” contro gli imputati delle nuove BR (quelle nuovissime che non hanno fatto attentati ma secondo l’accusa progettarono di farli) che avrebbero violentemente minacciato in aula il giuslavorista Pietro Ichino. Le frasi incriminate “siete una banda di sfruttatori e “sei un massacratore di operai” rientrano forse nel novero degli insulti (quanto meritati o meno giudicate voi) ma non certo in quello delle violente minacce, che giornalisti e politici hanno creduto bene d’inventare a beneficio del proprio Zelig personale.

I vertici sindacali, posti di fronte al crollo mondiale delle vendite di automobili, determinato non solo dalla crisi economica ma anche da un’evidente saturazione del mercato destinata a protrarsi almeno a medio termine, invocano il governo affinché destini le risorse sottratte ai contribuenti per finanziare a fondo perduto l’industria privata. Nella fattispecie la Fiat che da sempre costruisce il proprio profitto lautamente sovvenzionata dal denaro pubblico. Nessuna proposta concernente un’eventuale riconversione degli stabilimenti non ancora delocalizzati (magari nella produzione di micro-cogeneratori per l’autoproduzione energetica domestica), nessuna ipotesi finalizzata alla creazione attraverso il denaro pubblico di posti di lavoro alternativi ad un’esperienza industriale ormai anacronistica, nessuna intenzione di guardare al futuro, ma solo il tentativo di perpetuare un passato moribondo totalmente disancorato dalla realtà.

Il ministro dell’Interno Maroni, in risposta all’onda emotiva ingenerata dai drammatici casi di stupro e violenza accaduti negli scorsi giorni, si è detto disposto ad aumentare di 10 volte la presenza dell’esercito nelle città, fino a collocare 30.000 soldati a protezione dell’ordine pubblico, in ossequio all’equazione ancora tutta da dimostrare: più soldati, uguale meno violenza.
Silvio Berlusconi, tornando ieri sull’argomento in quel di Sassari, ha pensato bene di ironizzare sulla questione e dimostrandosi molto più a suo agio nelle vesti di “uomo di cabaret” piuttosto che di economista ha affermato che a bloccare gli stupri “non ce la faremmo mai, poiché servono tanti soldati quante sono le belle ragazze italiane”. Posto di fronte alla veemente reazione dell’opposizione ombra e di quanti non ritenevano opportuno scherzare su accadimenti di questa gravità, si è poi indispettito per il mancato applauso, dicendosi deluso del fatto che in molti non hanno compreso come si trattasse di un complimento alle ragazze italiane.

Il grande Zelig è forse lo strumento migliore per esorcizzare le problematiche reali, annegandole nella finzione, fra le pieghe di un teatro dell’assurdo che le nasconda alla vista. In fondo tutto ciò che non si vede (come le nanopolveri che escono dagli inceneritori) non viene percepito ed è più facile far finta che non esista, almeno fino a quando non si spengono le luci del palcoscenico.

MARCO TRAVAGLIO RACCONTA LA VERA STORIA DI EUROPA7 E RETEQUATTRO

Sunday, 25 January 2009
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di Marco Travaglio per L’Unità

Tutto comincia nel 1996. Il ministro delle Comunicazioni del governo Prodi, Antonio Maccanico, presenta il ddl 1138 con una norma antitrust: entro il 28 agosto, come ha stabilito nel 1994 la Corte costituzionale, Mediaset dovrà cedere una rete o mandarla sul satellite. Ma subito dopo annuncia un decreto salva-Rete4: proroga di 5 mesi in attesa della riforma complessiva del sistema, che non arriverà mai, bloccata dall’ostruzionismo della destra in commissione Lavori pubblici e Telecomunicazioni del Senato (presidente Claudio Petruccioli).

A fine anno la proroga di agosto sta per scadere. Ma niente paura: Maccanico ne concede un’altra. Intanto D’Alema diventa presidente della Bicamerale coi voti di Forza Italia: due anni di inciucio sfrenato. Il Parlamento approva una piccola parte della riforma Maccanico: nessun operatore può detenere più del 20% delle frequenze nazionali, dunque Rete4 è di troppo. Ma a far rispettare il tetto dovrà essere la nascente Agcom, e solo quando esisterà “un effettivo e congruo sviluppo dell’utenza dei programmi via satellite o via cavo”. Solo allora Rete4 andrà su satellite e Rai3 trasmetterà senza spot. Cioè mai. Che vuol dire «congruo sviluppo» del satellite? Nessuno lo sa.

Nell’ottobre ’98 cade il governo Prodi, rimpiazzato da D’Alema. L’Agcom presenta il nuovo piano per le frequenze e bandisce la gara per rilasciare le 8 concessioni televisive nazionali che si divideranno le frequenze analogiche disponibili, in aggiunta alle tre reti Rai. Oltre a Mediaset e Tmc, si presenta un outsider: Francesco Di Stefano, imprenditore abruzzese proprietario di un network di tv locali: Europa7. La commissione ministeriale esamina le offerte e stila la graduatoria: Canale5, Italia1, Rete4, Tele+ bianco, Tmc, Tmc2, Tele+ nero, Europa7. Quest’ultima è 8^ in totale, ma addirittura 1^ per qualità dei programmi. E passerà al 6° posto appena Rete4 e Tele+nero traslocheranno su satellite dopo il famoso “congruo sviluppo” delle parabole. Il 28 luglio ‘99 un decreto del governo D’Alema le assegna la concessione. Di Stefano apre un mega-centro produzione di 22 mila mq sulla Tiburtina, 8 studi di registrazione, uffici, library di 3mila ore di programmi e tutto quanto occorre per una tv nazionale con 700 dipendenti. Non sa che sta iniziando un calvario infinito: diversamente che per le altre reti, già attive da anni, il decreto ministeriale non indica le frequenze di Europa7: sono occupate da Rete4 e Tele+ nero.

Nel 2002 si rifà viva la Consulta: basta proroghe a Rete4, che dovrà emigrare su satellite entro il 1° gennaio 2004. Così le frequenze andranno a Europa7. Ma Berlusconi, tornato al governo, salva la sua tv con la legge Gasparri: il tetto del 20% va calcolato sui programmi digitali e le reti analogiche, cioè sull’infinito. Dunque Rete4 non eccede la soglia antitrust e può restare dov’è. Il 16 dicembre 2003, però, Ciampi respinge la legge al mittente. Ma a fine anno Berlusconi firma il decreto salva-Rete4: altri 6 mesi di proroga. Intanto scatta la Gasparri-2: per mantenere lo status quo in barba alla Consulta, si stabilisce che nel 2006 entrerà in vigore il digitale terrestre moltiplicando i canali per tutti e vanificando ogni tetto antitrust. Nel frattempo i «soggetti privi di titolo» che occupano frequenze in virtù di provvedimenti temporanei, cioè Rete4, possono seguitare a trasmettere. Chi ha perso la gara (Rete4) vince, chi ha vinto la gara (Europa7) perde.

Di Stefano non demorde. Respinge gl’inviti a ritirarsi o a “mettersi d’accordo” e nel luglio 2004 si rivolge al Tar Lazio. Che però nel 2005 gli dà torto. Si va al Consiglio di Stato, per avere le frequenze negate e un risarcimento danni di 2 miliardi di euro (con le frequenze) o di 3 (senza). Il Consiglio di Stato passa la palla alla Corte di giustizia europea di Lussemburgo perchè valuti la compatibilità delle norme italiane con il diritto comunitario.

Nel maggio 2006 il centrosinistra torna al governo. Ma non fa nulla per sanare l’illegalità legalizzata dai berluscones. E si guarda bene dal modificare le regole d’ingaggio all’Avvocatura dello Stato, che seguita a difendere la Gasparri in Europa. Come se governasse ancora Berlusconi. Il 31 gennaio 2008, finalmente, la sentenza della la Corte di Lussemburgo: le norme italiane che consentono a Rete4 di trasmettere al posto di Europa7 sono “contrarie al diritto comunitario”, dunque illegali: la Maccanico, il salva-Rete4, la Gasparri, ma anche il nuovo ddl Gentiloni. Tutte infatti concedono un infinito “regime transitorio” a Rete4, che va spenta subito, dando a Europa7 ciò che è di Europa7. Le norme comunitarie “ostano a una normativa nazionale che impedisca a un operatore titolare di una concessione di trasmettere in mancanza di frequenze assegnate sulla base di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati”. Uno tsunami che spazza via vent’anni di tele-inciuci. O almeno dovrebbe.

La sentenza è immediatamente esecutiva e il governo Prodi – pur dimissionario – dovrebbe applicarla ipso facto. Ma il ministro Gentiloni ci dorme sopra, e intanto finisce anticipatamente la legislatura. Quella nuova si apre con un’ennesima legge salva-Rete4, poi ritirata da Berlusconi. Non ce n’è più bisogno. Il governo assegna a Europa7 una frequenza della Rai, peraltro inattiva. Ma l’altro giorno il Consiglio di Stato, dopo 10 anni di soprusi, si beve anche l’ultima truffa. Ed emette la sentenza-beffa: Europa7 ha ragione (Rete4 andava spenta fin dal 2004). Ma ha diritto alla miseria di 1.041.418 euro di danni, anche perché “non poteva ignorare i caratteri specifici della situazione di fatto nella quale maturò il bando”: avrebbe dovuto “dubitare seriamente” che le frequenze gliele dessero davvero e rassegnarsi, abbandonando il settore tv, anziché proseguire la battaglia legale. Dove si credeva di vivere, questo ingenuo signore: in una democrazia?

30.000 soldati per strada. Ma ce li abbiamo?

Saturday, 24 January 2009
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di Sergio Fornasini

Aggiornamento ore 20:49 (Ansa): lo hanno di nuovo frainteso, in realtà intendeva schierare tutto il possibile per arrivare a 30.000, ovvero finanzieri, agenti penitenziari e forse anche vigili urbani. ”Una trovata – ricorda Berlusconi – che e’ del presidente del Consiglio e adesso si sviluppera’ con ottimi risultati”. A parte quei poveracci degli agenti penitenziari che già sono pochi e si fanno un mazzo tanto, ma non glielo ha fatto presente nessuno che finanzieri e vigili sono già a fare il loro mestiere? Ad integrare mancherebbero insomma solo le crocerossine, e pattuglie dell’esercito della salvezza. Nel frattempo la notizia tanto evidenziata  (dei 30.000 soldati) sembra scomparsa dalle prime pagine dei media online, chissà perché.

(ore 18:00) – Qualche mese fa l’On. Bocchino parlava con entusiasmo dell’iniziativa del governo di schierare 3.000 soldati nelle strade, per assicurare l’ordine pubblico. Con notevole preveggenza  ha poi aggiunto che il loro numero era destinato a crescere fino a 30.000 unità. Veramente mi sembra non se lo sia filato nessuno, il tempo è trascorso più o meno tranquillamente. Senza però che la poderosa macchina propagandistica di fede governativa ci ricoprisse di cifre e risultati che nel frattempo giustificassero l’esercito a presidio di discariche ed agglomerati urbani.

C’è invece da chiedersi legittimamente quale risultato benefico abbiano prodotto quei 3.000 addestrati alla guerra, utilizzati per il controllo dell’ordine pubblico. Non si sa quanti arresti o anche solo controlli dei documenti abbiano eseguito, quanti obiettivi sensibili stiano presidiando, quanti efferati crimini abbiano impedito: niente di niente, mancano le cifre. Sarebbe invece normale conoscere i benefici dell’operazione: ne hanno parlato tutti i mezzi di informazione italiani ed esteri della decisione di schierare l’esercito a presidio delle città, ne vogliamo cortesemente rendere conto?

In risposta a recenti e ripetuti episodi di violenza sessuale, i professionisti con le stellette tornano ad essere chiamati in campo, questa volta in numero dieci volte superiore. Lo ha dichiarato oggi il premier Silvio Berlusconi, assicurando che le richieste di maggiori risorse presentate dal ministro dell’Interno Maroni a quello della Difesa La Russa saranno presto esaudite. Fino alla fatidica misura di 30.000 unità, una forza d’urto notevole, un quinto dei militari attualmente schierati dagli USA in Iraq tanto per rendere l’idea.

È dai tempi delle dichiarazioni solitarie di Bocchino che mi ero posto il problema: ma quale impatto avrebbe un uso così massiccio delle forze armate? È logisticamente possibile? Le risposte che mi sono dato non erano confortanti, il mio parere però non conta un accidente. Ben altra autorevolezza ha invece quello del capo di stato maggiore dell’Esercito Castagnetti, che a novembre scorso disegnava un quadro a tinte fosche di fronte alla Commissione Difesa del Senato. “Per il 2009 sarà possibile garantire un adeguato livello di preparazione solo ai contingenti di previsto impiego all’estero; per tutte le altre unità dell’Esercito non potrà essere svolta alcuna attività preparatoria/addestrativa, comprese quelle chiamate a svolgere in Patria i compiti discendenti dalle operazioni Strade Sicure e Strade Pulite”. Le spese di esercizio sono all’emergenza: un miliardo e mezzo di euro scarso a fronte dei quasi quattro miliardi del 2003.

Ora da semplice cittadino mi domandavo se le dichiarazioni sensazionalistiche, quale l’odierna del premier, non siano pura demagogia. La mia curiosità, animata da senso civico, temo sarà presto appagata.

RIferimenti documentali:

– http://www.paginedidifesa.it/2008/pdd_081118.html

– http://www.paginedidifesa.it/2008/ludovico_081106.html

– http://www.loccidentale.it/articolo/quale+futuro+per+la+difesa+italiana%3F.0061588

– http://www.paginedidifesa.it/2008/martinelli_080527.html

– http://www.siulp.it/Layouts.asp?IDPagina=14&IDTipoPagina=12&IDMacroArea=6&IDpadre=&IDVerticalizza=&DatiVert=&Source=&TipoFunzione=VisSched&IDOggetto=6696&Anno=2009

– http://www.politicaonline.net/forum/showthread.php?t=474899

Il Grillo censore non ama essere criticato

Saturday, 24 January 2009
Pubblicato nella categoria WEBNEWS

da fazioso.worlpress.com

Sul blog del comico compare un servizio realizzato su di lui dall’emittente araba (il canale inglese) Al Jazeera, che nel complesso ne ha tracciato un ritratto positivo, ma non la parte in cui il giornalista di La 7, in un’intervista, lo definisce «populista» e lo paragona a Berlusconi.

Ma, nel particolare, cosa è successo?

Matan Rochlitz è un giovane documentarista italoisraeliano cresciuto a Roma, che lavora a Londra per diversi canali tivù in lingua inglese. Ha sempre seguito le vicende italiane e negli ultimi anni si è anche appassionato a molte delle battaglie condotte in Rete e altrove da Beppe Grillo.

Così l’anno scorso decide di proporre ad Al Jazeera – quello in inglese – un documentario su questo personaggio emergente in Italia.

Il documentario va regolarmente in onda lo scorso giugno.

Immaginate lo sconcerto e la delusione di Matan quando scopre che Grillo ha ripreso il suo documentario e l’ha ripubblicato on line, togliendone però le parti critiche, compresa la breve intervista a Gad Lerner in cui diceva che «Grillo è anche lui un populista, assomiglia a Berlusconi più di quanto non vorrebbe ammettere, anche lui preferisce la predica di piazza».

Qui e qui la versione originale.

Qui quella purgata da Grillo.

Il taglio completo cosa dice?

Grillo è un reuccio della Blogosfera. È anche lui un capo populista. Come Berlusconi, preferisce la predica che fa o nello spettacolo o in piazza a Torino, come prima a Bologna, con un misto di comicità e invettiva: gridata a voce alta. Presentandosi come uomo straordinario, come un uomo solo contro tutti

Insomma Grillo si dimostra per l’ennesima volta poco incline alle critiche, appena gli piovono addosso le nasconde, le censura e purga i contenuti altrui per bullarsi della propria popolarità. Se scappano delle accuse vanno immediatamente cancellate, figuriamoci quando ci sono dei paragoni con l’odiato Berlusconi. Non sia mai che venga fuori che tutto ciò che è e lo circonda è un flop, il nulla mediatico.

OBBLIGAZIONI BANCARIE AL 7,5%; UN AFFARE, MA NON PER NOI…

Saturday, 24 January 2009
Pubblicato nella categoria NONSOLOSOLDI

di Gianluigi De Marchi

Alzi la mano chi, in questi momenti di vacche magre per i risparmiatori (che possono puntare al massimo a cedole del 3% annuo) non vorrebbe sottoscrivere obbligazioni bancarie al 7,5%.

Passato il panico di fine anno, titoli del genere andrebbero a ruba; ma nessuno pensi di poterne approfittare.

Si tratta dei bond subordinati riservati al Tesoro (già soprannominati “Tremonti bonds“), privi di scadenza e convertibili, con cedole iniziali al 7,5% e successivamente crescenti con modalità da determinare.

Titoli che saranno sottoscritti dal Tesoro a fronte di richieste di finanziamento avanzate dagli istituti di credito per rinsanguare le casse, raccogliere fondi freschi forse in questo momento introvabili e cercare di riavviare il sistema creditizio oggi unanimemente giudicato bloccato (sia per i privati, sia per le aziende).

Il meccanismo è semplice: una banca emette i titoli riservati allo Stato, che eroga i fondi teoricamente senza obbligo di scadenza; ma il meccanismo di “costo crescente” è un concreto incentivo a chiudere l’operazione al più presto, per evitare aggravi eccessivi sul conto economico. Chi ci guadagna?

Apparentemente solo il Tesoro, che ne ricava un buon rendimento; ma il discorso va un po’ allargato, perché tocca anche tutti noi.

E’ vero che i risparmiatori non possono beneficiare in maniera diretta delle cedole. Ma è altrettanto vero (ed importante) che ne hanno un beneficio indiretto. Infatti ogni entrata per il tesoro si traduce in una riduzione parallela del fabbisogno; ben vengano quindi gli interessi sui “Tremonti bonds”.

C’è un rischio, sul quale si spera che il Ministro vigili: poiché i managers dei grandi istituti (quelli che oggi necessitano di capitali freschi) sono disposti a tutto pur di non mollare la poltrona sulla quale siedono comodamente, potrebbe succedere che si trovino meccanismi di traslazione sulle imprese dei maggiori costi. In altri termini, un aumento dei fidi sì, ma accompagnato da un aumento dei tassi (pur in presenza di un costo BCE bassissimo). Il tutto per cercare di mantenere alti i profitti e quindi i bonus personali.

Manovra che si spera venga sventata sul nascere, imponendo (come era stato inizialmente promesso) l’erogazione dei fondi solo previa “pulizia” dei consigli di amministrazione che hanno provocato danni incalcolabili per il sistema bancario attraverso i giochini con gli asset velenosi (non solo CDO ed altre diavolerie del genere, ma anche i fondi di Madoff costruiti con il perverso meccanismo di Giuffré…).

Non vediamo l’ora di vedere certi personaggi tendere la mano per implorare l’elemosina da Tremonti, ma vorremmo anche vedere, nell’altra mano, la lettera di dimissioni.

CLAMOROSO! CONSIGLIO DI STATO: A EUROPA 7 MINIRISARCIMENTO DI UN MILIONE DI EURO

Friday, 23 January 2009
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di Daniela Preziosi per Il Manifesto del 22 gennaio

Il consiglio di stato stabilisce un risarcimento di un milione di euro per non aver ricevuto le frequenze per trasmettere. L’emittente risponde che la cifra è «risibile». E così l’amaro caso di Europa 7 riparte dalla casella iniziale. È questa la sintesi dell’ultimo, l’ennesimo colpo di scena di una vicenda legale che va avanti da dieci anni.

Da quando, nel ’99, l’emittente ha vinto la concessione per le frequenze nazionali che però non gli sono mai state consegnate, occupate com’erano da Rete 4, una tv che invece la concessione non ce l’aveva e che per anni ha trasmesso in regime di proroga, finché la legge Gasparri non ha sanato la situazione.

Ieri i giudici della sesta sezione di Palazzo Spada hanno reso pubblica la sentenza – depositata il giorno prima – che doveva, nelle aspettative delle parti e un po’ di tutti, porre fine alla lunghissima battaglia legale di Europa 7, «una battaglia per il diritto», come la chiama il patron dell’emittente Francesco di Stefano. È andata così: la decisione stabilisce che la tv ha ragione su tutto, o quasi. Ha ragione a sostenere il suo diritto alle frequenze, ed ha ragione a rivendicare che quelle frequenze dovevano essere assegnate anche disattivando le reti eccedenti, come Retequattro, e in seguito disapplicando le norme della legge Gasparri, che del resto ci vengono contestate dalla Corte di Giustizia europea.

Quanto alle frequenze che, con dieci anni di ritardo, l’11 dicembre scorso il ministero ha assegnato liberando un canale Rai (il canale 8), i giudici se ne lavano le mani e non entrano nel merito del ricorso dell’emittente, che non ritiene questo canale all’altezza del suo diritto acquisito a una tv nazionale. Questa vertenza seguirà il suo corso al Tar.
Infine il risarcimento: sarebbero 1,041 milioni di euro. Una cifra lontana anni luce dalla richiesta dell’emittente, che aveva quantificato e certificato i danni in 3 miliardi e mezzo in caso di mancata assegnazione delle frequenze, 2 miliardi e 160 in caso contrario.

Così la reazione di Europa 7 è durissima: «sconcerto» e «amarezza» per la decisione. Ma, come sempre in questi lunghi anni, e com’è nello spirito di Di Stefano, «determinati» ad avanti nella battaglia legale, e forti della sentenza favorevole che viene dall’Europa e che prima o poi troverà in Italia un giudice disposto a recepirla per intero. Quanto ai risarcimento per i mancati introiti dovuti «alla illegittimità comunitaria, oltre che costituzionale, della disciplina televisiva italiana dal 1997 ad oggi», la reazione dell’emittente è: «risibile», un risarcimento che «disconosce tutte le enormi spese affrontate in questi anni da Europa 7» e così «paradossalmente penalizza ulteriormente chi ha portato avanti una battaglia giudiziaria decennale ritenuta più che fondata dalla Corte di Giustizia europea e dallo stesso Consiglio di Stato». La cifra quantificata «per i mancati utili pluriennali di un’emittente televisiva nazionale», calcolano i legali di Europa 7, sono meno di «quelli liquidabili per la forzata inattività di un ristorante sito in un piccolo centro». Tanto più che il tassametro dei danni continuano a girare: il consiglio non si pronuncia sulle frequenze assegnate in dicembre, che l’emittente giudica insufficenti per far trasmettere una tv nazionale. Insomma, Europa 7 «è obbligata a ricominciare tutto daccapo, sia per ottenere l’assegnazione di frequenze che consentano la copertura dell’80 per cento del territorio nazionale, sia il serio ristoro dei danni subìti».

Il messaggio è: il caso non è chiuso, nessuno si faccia illusioni, dalle parti di Palazzo Chigi e anche dalle parti di Cologno Monzese. Il governo credeva di aver risolto la grana, enorme anche per l’impegno economico dei risarcimenti, e di aver messo definitivamente ‘in salvo’ Rete 4, con il combinato disposto di assegnazione del canale 8 Rai e di un inevitabile – ma simbolico – risarcimento danni. E infatti ieri mattina il sottosegretario Paolo Romani, regista dell’operazione governativa, aveva cantato vittoria: «La questione è risolta, in maniera definitiva: non esiste più il problema Europa 7. Siamo riusciti a risolvere: il consiglio di stato ha detto che il ministero ha fatto bene a dare le frequenze a Europa 7, che sono adeguate e che si poteva fare prima, già nel 2006». E sui risarcimenti, «è come se, a fronte di una richiesta danni da 5.000 euro per un incidente stradale, se ne ottenessero 2,5». Appunto, una cifra risibile.

Qualunque sia la cifra, prima o poi dovrà essere pagata. Per questo in Europa pendono anche i ricorsi dei consumatori. Ieri ha battuto un colpo il Consiglio nazionale degli utenti: «Alla fine a pagare saranno gli utenti, i cittadini». Ora, a dirlo è un organismo nato in seno all’autorità garante delle comunicazioni. Che però è l’istituto che in questi dieci anni ha concorso, abbondantemente, ad reiterare il danno e a far lievitare il riisarcimento.