È LA STAMPA, BELLEZZA – 10 agosto: le gabbie salariali

Monday, 10 August 2009
Pubblicato nella categoria STAMPA E DINTORNI

gabbia

Primo post della nuova rubrica dedicata ai titoli della stampa nazionale, essendo lunedì non è che ci sia molto materiale da commentare, buona lettura.

Sui giornali in edicola, in primo piano le “gabbie salariali”:

Corriere della sera: Apertura di Berlusconi a Bossi sui salari legati al costo della vita

La Repubblica: Gabbie salariali, si di Berlusconi

La Stampa: qui la notizia ha meno risalto, un editoriale di Pietro Garibaldi in prima pagina, con rimando a pag. 27, ed un trafiletto dal titolo: “Berlusconi dice si – «Un fatto di giustizia»” con rimando alle pagine 8 e 9.

Il Messaggero: Berlusconi: sì alle gabbie salariali. È scontro (Pd e Udc: il governo si piega a Bossi, la Lega ha la golden share della maggioranza)

Il Mattino: Gabbie salariali, scontro sul sud

L’Unità: IN GABBIA – Salari differenziati: Bossi li chiede, il premier acconsente. Lombardo e Miccichè tacciono – Gallino: anticostituzionale

Il Giornale di Brescia: Berlusconi, sì alle gabbie salariali – Il premier apre alla proposta leghista poi lancia l’Agenzia del Sud che dirigerà da Palazzo Chigi – L’opposizione: schiavo del Carroccio. Bossi da Borgo San Giacomo rilancia sulla «territorializzazione» (da questa testata riporto anche parte dell’articolo):
Il presidente Berlusconi chiude le polemiche sul Partito del Sud («è solo una rappresentazione della stampa») annuncia il suo «new deal» per il Mezzogiorno: un piano decennale per la crescita del Meridione comprensivo anche di una Agenzia per il Sud che sarà da lui presieduta (niente a che vedere, però con la Cassa del Mezzogiorno). Ma, in un’intervista al «Mattino» di Napoli non scorda le richieste della Lega e apre all’ipotesi di agganciare i salari al costo della vita, in altri termini, le gabbie salariali. Esulta il Carroccio che da tempo porta avanti questa battaglia. Rilanciata anche ieri sera da Bossi in persona che, ospite a Borgo San Giacomo, ha rilanciato sulla «territorializzazione dei salari» perchè «la vita al Nord è più cara che al Sud». Le aperture del capo del Governo su questo tema, è il ritornello nel centrosinistra, significano una cosa sola: sono Bossi e i suoi ad avere il bastone del comando nel Governo. «Un’altra volta Berlusconi si è piegato alle richieste della Lega», dice il segretario del Pd Dario Franceschini. «I salari non si regolano per legge», sottolinea, ma vanno affidati alla contrattazione, «magari decentrata». Per il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini «è stata concessa alla Lega la golden share di questa maggioranza e oggi tutto ruota intorno all’iniziativa leghista ».


Considerazioni:

Per quanto mi sia sforzato, in questa mia panoramica non ho trovato quello che ritengo un concetto fondamentale, che a questo punto della storia sulle “gabbie” sospetto sia stato relegato in qualche bioparco. Ovvero, il costo della vita al Sud è inferiore ma non per scelta di qualcuno, è il mercato e la situazione socio-economica a dettarne il livello.

Mi spiego meglio: in questo gran parlare di differenziare i salari, nessuno dei nostri governanti tiene conto che è il reddito pro-capite ad essere fortemente ridotto al meridione. La disoccupazione è notevolmente più elevata, i contratti di settore, di fatto, attuano già un livello retrubutivo più basso rispetto agli omologhi lavoratori del Nord. Al Sud le attività produttive ed il numero degli occupati sono su livelli infimi se rapportato al resto d’Italia. Che senso ha parlare esclusivamente del costo della vita, se non si tiene conto che il divario fra redditi di una famiglia media è enorme fra le regioni italiane?

Lombardo e Micciché sembrano ignorare questo aspetto, ormai hanno avuto ampie assicurazioni su qualche miliarduccio del FAS destinato alla Sicilia. E per il resto del Sud? L’opposizione a sua volta ha sensibilità politica solo nel puntare il ditino sulle concessioni di Berlusconi a Bossi, non ho capito se non entra troppo nel merito della questione per spazio limitato sui media o per scelta consapevole.

Tanto per fare un paio di esempi, sul sito di Antonio Di Pietro questo tema semplicemente non esiste. Anche dalle parti del sito del PD non è che brilli l’interesse per la proposta delle “gabbie salariali”, per trovarne traccia c’è da scovare un per niente evidenziato link che porta ad un comunicato stampa, tratto dal blog del senatore Giuseppe Lumia. Va bene che siamo in un periodo di ferie, ma è possibile che da quelle parti si debba riprendere una nota da un altro sito? Non c’è rimasto nessuno in grado di esprimersi su un argomento in prima pagina su tutti i giornali? O forse si, Franceschini che si fa intervistare da ilmattino.it senza aggiungere nulla di nuovo.

I giornalisti delle grandi testate invece mi sembrano troppo occupati a riportare per filo e per segno le dichiarazioni dei politici, meglio non proporre un punto di vista diverso, a tutto campo. Sarà forse l’effetto della calura d’agosto, chissà. Mandiamoli a lavorare al Sud, così oltre ad avere un bellissimo mare a due passi potranno rendersi conto di come si vive da quelle parti.

Le stragi di Cosa nostra – Personaggi e interpreti

Monday, 10 August 2009
Pubblicato nella categoria Mafia&Co., WEBNEWS

falcone_borsellino01g

Una obiettiva analisi dell’evoluzione di Cosa nostra e di alcuni suoi protagonisti. Fatti, non opinioni, in questo interessante articolo del corrispondente palermitano de “La Stampa”. Alla luce della recente riapertura delle indagini sulla strage di Via d’Amelio, un lucido elenco di protagonisti nella stagione delle stragi mafiose  (sf)

Da Riina a Capaci: ecco perché si riaprono le indagini sugli attentati – di Francesco La Licata per lastampa.it

Ci sono parole della cronaca che entrano nell’immaginario, evocano fatti e situazioni come icone immaginifiche. Eppure non sempre chi osserva o legge dall’esterno riesce a comprenderne il senso esatto. Un piccolo dizionario forse può aiutare.

A Addaura. Luogo di villeggiatura marina dei palermitani. In una delle ville della costa trascorreva l’estate Giovanni Falcone e la moglie, Francesca. Il 21 giugno del 1989 gli agenti della scorta trovarono sugli scogli una borsa da sub con 75 candelotti di dinamite innescati. L’attentato fu sventato, ma Falcone ne denunciò immediatamente l’anomalia parlando di «menti raffinatissime» che stavano dietro quella bomba. Per la prima volta si intuisce, in una grande affaire di mafia, la presenza di soggetti esterni a Cosa nostra che si servono dei boss come di una sorta di «service» adatto ai «lavori sporchi». Il processo sull’attentato fallito si concluderà in un nulla di fatto, tranne una condanna nei confronti di un sottufficiale del Sismi che – sbagliando – aveva fatto brillare il detonatore della bomba distruggendo così un importante reperto per le indagini. Infortunio o premeditazione?

B Boccassini Ilda. Magistrato a Milano, nel ‘92 – davanti allo scempio compiuto su Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, suoi grandi amici – chiese e ottenne l’applicazione alla Procura di Caltanissetta, titolare delle indagini su Capaci e via D’Amelio. Dopo due anni di lavoro lasciò l’incarico con qualche frizione originata da divergenza di vedute con alcuni dei colleghi-investigatori. Esistono agli atti due relazioni scritte, nel 1994, da Ilda Boccassini che testimoniano una certa diffidenza del magistrato nei confronti di alcuni pentiti. I dubbi principali riguardavano le rivelazioni dei collaboratori Vincenzo Scarantino e Salvatore Candura.
I non idilliaci rapporti della Boccassini coi colleghi sono evidenti nella relazione al procuratore Tinebra e all’aggiunto Giordano del 10 ottobre. Ilda Boccassini dopo avere appreso che sarà «il collega Tescaroli a sostenere l’accusa in dibattimento», dichiara di aver offerto la propria disponibilità a «fornire al più giovane collega ogni assistenza nello studio degli atti». Ma «il collega Tescaroli non ha però ritenuto di dover attingere alla mia conoscenza degli atti». E, quindi, la stoccata sul pentito che non le piace: «…non sono stata interpellata sugli indirizzi investigativi da seguire in conseguenza delle sorprendenti dichiarazioni recentemente rese da Scarantino Vincenzo – ufficialmente assunte a verbale nei primi giorni dello scorso settembre – né sono stata avvisata del compimento di atti istruttori di decisiva importanza». Più avanti, sempre su Scarantino, giudicherà «le suddette dichiarazioni, scarsamente credibili sulla base di argomenti logici». Argomenti, questi, tornati all’attualità con le rivelazioni di Gaspare Spatuzza, uomo di punta dei fratelli Graviano, capi del mandamento di Brancaccio.

C Ciancimino Massimo. Figlio di don Vito, ex sindaco di Palermo condannato per mafia (morto nel 2002) e in rapporti assidui con Bernardo Provenzano, sembra diventato un teste importate perché detentore del «patrimonio conoscitivo» lasciatogli dal padre. Si trova nella singolare posizione di condannato (riciclaggio in primo grado) e personaggio «socialmente pericoloso», ma contemporaneamente teste protetto per il contributo delle sue rivelazioni sulla «trattativa» fra Stato e mafia condotta dal padre nel ‘92, sulla costante presenza dei servizi segreti nelle vicende stragiste di Cosa nostra.
Massimo Ciancimino oggi viene interrogato da quattro Procure. Attualmente, seppure guardato ancora con diffidenza da più di un magistrato, è stato messo sotto protezione e gli è stato «sconsigliato» di soffermarsi a lungo a Palermo. Il «valore aggiunto» del nuovo teste è il famigerato «papello»: la lista di richieste che Totò Riina fece avere allo Stato – attraverso Vito Ciancimino – per offrire, in cambio, la fine delle stragi.

D Dia, Direzione investigativa antimafia. E’ lo strumento investigativo (insieme con la Superprocura) che Falcone e Gianni De Gennaro crearono all’inizio dei Novanta per far fronte all’attacco mafioso. E’ stato l’organismo che si è occupato dell’analisi sui fatti siciliani più cruenti, quelli che hanno caratterizzato il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica. Quando la spinta stragista mafiosa si spinse, nel ’93, ad attaccare Roma, Milano e Firenze con gli attentati del 14, 27 maggio e 27 luglio, proprio la Dia fornì l’analisi più «politica» di quella scelta di Cosa nostra, rintuzzando i tentativi di altri apparati della sicurezza che collocavano il movente delle stragi nel terrorismo internazionale (allora inesistente). «E’ mafia – scrisse la Dia in una relazione del 10 agosto 1993 – ma anche altro». Quegli investigatori facevano partire la strategia dall’omicidio dell’eurodeputato Salvo Lima. Strategia che proseguiva con l’assassinio di Ignazio Salvo, uno dei cugini esattori (l’altro, Nino, era scomparso per cause naturali), per sfociare a Capaci, via D’Amelio e poi a Roma, Firenze e Milano. Uno scenario, secondo la Dia, tale da far ipotizzare la volontà criminale di conseguire «obiettivi di portata più ampia e travalicanti le esigenze specifiche dell’organizzazione mafiosa». E ancora: «..si riconosce una dimestichezza con le dinamiche del terrorismo e con meccanismi della comunicazione di massa nonché una capacità di sondare gli ambienti della politica e di interpretarne i segnali». Quindi il commento: «Gli esempi di organismi nati da commistioni tra mafia, eversione di destra, finanzieri d’assalto, funzionari dello Stato infedeli e pubblici amministratori corrotti non mancano». Una vera predizione, a giudicare da quanto sta emergendo.

E Esplosivi. La materia prima della strategia «corleonese». Una strategia indotta, sembra dai recenti sviluppi investigativi, per trasformare la «normale violenza mafiosa» in una forma di terrorismo politico teso a condizionare le Istituzioni.

F Falcone Giovanni. Vittima, insieme con la moglie e con la scorta, dell’attentato di Capaci del 23 maggio 1992. Quella strage oggi viene considerata una delle tappe della guerra dichiarata da Cosa nostra: una vendetta della mafia, certo, ma anche una mossa preventiva per sgomberare il campo dall’ostacolo principale in vista di un cambio politico-finanziario alla guida del Paese. Una strage che colpirà duramente l’immaginario collettivo e persino una mente fredda come quella di Vito Ciancimino che allora comincerà la sua collaborazione coi carabinieri del Ros.

G Gaspare Spatuzza. Uomo d’onore del mandamento di Brancaccio. Tentò di collaborare subito dopo il suo arresto ma dovette rinunciare per l’avversione dei familiari. E’ tornato a parlare nel giugno del 2008. In un colloquio col Procuratore nazionale, Piero Grasso, ha fornito una versione della strage di via D’Amelio che stravolge la verità processuale già codificata in sentenze passate in giudicato. In sostanza afferma di essere stato l’organizzatore del furto della Fiat 126 servita come autobomba. Una versione che smentisce la confessione dei pentiti Vincenzo Scarantino e Salvatore Candura, autoaccusatisi del furto. Gli accertamenti condotti dalla Procura di Caltanissetta hanno dato ragione a Spatuzza, aprendo uno scenario completamente nuovo.Trattato con molto sospetto all’inizio, oggi Spatuzza è nella lista dei pentiti credibili ed è entrato nel programma di protezione dei collaboratori di giustizia. Lo scenario che ha aperto non è di facile gestione. Le indagini hanno appena introdotto il tema delle presunte pressioni della polizia per indurre Scarantino e Candura e dichiarare il falso. I magistrati dovranno stabilire perché tanta menzogna non per discolparsi ma per accollarsi la responsabilità di una strage mai commessa. Misteri.

I Ilardo Gigino. Era un mafioso che il colonnello dei carabinieri Michele Riccio aveva infiltrato dentro la cupola di Cosa nostra. Fu ucciso prima che potesse assumere lo status ufficiale di pentito (e quindi prima che le sue dichiarazioni assumessero altro valore processuale). Raccontò agli investigatori una lunga storia di connivenze tra mafia e politica, anche in direzione della spiegazione delle stragi del ‘92 e del ‘93.

L Lima Salvo. Ex sindaco Dc di Palermo. Poi eurodeputato, fu ucciso nel marzo del 1991. Secondo molti collaboratori Totò Riina decise la sua soppressione perché non aveva saputo mantenere la promessa di «neutralizzare» il maxiprocesso di Giovanni Falcone. Con l’omicidio Lima si è aperta la campagna politica di Cosa nostra e dei suoi amici «esterni».

M Mostro. E’ un agente segreto affetto da una grave malformazione al viso. E’ stato collocato da diverse fonti (anche Massimo Ciancimino e Gigino Ilardo) sulla scena di svariati crimini: all’Addaura durante l’operazione contro Falcone, accanto ad un altro «agente» molto intimo di don Vito Ciancimino e presente durante l’agguato che uccise l’agente Agostino e la giovane moglie incinta. Il mostro, raccontò Ilardo, aveva avuto un ruolo anche in occasione dell’omicidio di Claudio Domino, un bambino ucciso come un boss da un killer. Per smentire il convogliamento della mafia, per la prima volta un boss, per l’occasione Giovanni Bontade, lesse un comunicato dalla gabbia del maxiprocesso.

P Papello. Per i palermitani è la pergamena che viene imposta, dietro pagamento di una «tassa», alle «matricole» universitarie. Da qualche tempo, però, il papello è diventata una sorta di «parola chiave» che introduce ai misteri delle stragi siciliane e non. Il termine è stato inventato dal pentito Giovanni Brusca: «Riina presentò il papello allo Stato». La sua esistenza è stata negata dal prefetto Mario Mori (uno dei protagonisti della cosiddetta «trattativa») e oggi viene confermata da Massimo Ciancimino che sostiene di averne copia ben custodita all’estero. Il pezzo di carta sarebbe stato recapitato a Vito Ciancimino e conteneva le richieste che la mafia inoltrava «per far cessare le bombe». Dice Massimo Ciancimino di aver visto coi propri occhi il papello, «girato» dal padre al «signor Franco», un altro agente segreto molto intimo con la famiglia dell’ex sindaco. Il papello però non è ancora nelle mani dei magistrati perché Massimo Ciancimino non lo ha consegnato. Lo usa sapientemente come «carta vincente» (nella partita che sta giocando coi giudici per trattare qualche beneficio processuale), ma non lo caccia fuori. Sembra sia custodito in una cassaforte del Liechtenstein, da dove è difficile recuperarlo perché la procedura prevede la presenza contemporanea di Massimo e di un altro familiare che non può spostarsi. Il ricorso alla delega non sembra sufficiente, sarebbe necessaria una procura speciale che Ciancimino, a quanto pare, non riesce (o non vuole) chiedere. Insomma il papello è bloccato. Altre carte, invece, il teste protetto Ciancimino le ha consegnate: una intimidazione a Silvio Berlusconi, firmata Bernardo Provenzano, altre due lettere e un assegno, che col premier hanno a che fare. Tra i «reperti» sequestrati a Massimo Ciancimino nel 2005, c’era anche una carta Sim col numero di telefono del «signor Franco» il cui vero nome non è stato rivelato. Ciancimino sostiene di non conoscerlo, ma attraverso la carta Sim si potrebbe identificarlo. Solo che la traccia elettronica sembrava si fosse persa nella confusione dei corpi di reato. Solo qualche giorno fa i carabinieri l’avrebbero ritrovata nei propri archivi. Resta da verificare se è possibile che un agente, segreto per quanto possa essere, abbia avuto contatti per più di vent’anni coi Ciancimino, fornendogli documenti, notizie, passaporti, protezione e persino brillanti da fare avere a Totò Riina, senza rivelare la propria identità.

R Riina. Don Totò il padrino stragista. E’ diventato improvvisamente loquace, anche coi giornali. Le notizie sulle «presenze esterne» a Capaci e in via D’Amelio sono manna dal cielo per lui, che, sorretto da una buona strategia difensiva del suo legale, tenta di scaricare tutto sullo Stato. «Borsellino l’hanno ucciso loro», dice il boss attraverso l’avv. Luca Cianferoni. Nega, poi, ogni trattativa con lo Stato per affermare di essere stato lui oggetto di un accordo che ha portato alla sua cattura. Perché parla? Parla senza rispondere a nessuna domanda, tanto che si dice disponibile addirittura a firmare un memoriale. Tutto pur di non sedersi davanti a un giudice che possa cominciare: «A domanda risponde…».

S Scarantino Vincenzo. Si è accusato della strage di via D’Amelio ed ha fornito una sua verità confermata dalla Cassazione. Verità che oggi sembra andare in frantumi. Non è mai stato un gran collaboratore, Scarantino. Durante il dibattimento ha ritrattato una prima volta, poi è tornato in aula a ritrattare la ritrattazione. Insomma, anche se ha retto per anni, non sembra un buon teste d’accusa.

T Trattoria. «La Carbonara» a Campo de’ fiori. Lì Falcone cenava spesso e lì i killer venuti da Palermo nel febbraio ‘92 avrebbero dovuto ucciderlo. Ma la squadra sbagliò «ricetta» ed andò a cercarlo al «Matriciano», in Prati. Ovviamente non lo trovarono, poi Riina li richiamò perché aveva deciso per la strage.

U Utveggio. Il castello in cima al Monte Pellegrino di Palermo. Lì è possibile sia stata pianificata la strage di via D’Amelio. Accertata la presenza di un ufficio di copertura del Sisde, dentro la sede del Cerisdi. «Guardate all’Utveggio», dice ora Riina.

V Via D’amelio. Strage Borsellino: quelle indagini rappresentano la crepa, uno squarcio al velo sulla commistione tra potere mafioso e politico-finanziario che ha prodotto lo stragismo degli anni novanta. La scomparsa dell’agenda rossa di Borsellino, la presenza dei servizi segreti sulla scena degli attentati, le rivelazioni di Ciancimino, la trattativa e il coinvolgimento di uomini delle istituzioni (Mori, l’allora ministro dell’Interno Nicola Mancino, l’allora presidente dell’Antimafia Luciano Violante che oggi ammette di essere stato contattato da Mori per conto di Ciancimino): forse non tutta la verità verrà fuori, ma che qualcosa di strano sia avvenuto sembra certo.

Z Zio. E’ uno dei nomignoli riservati a Bernardo Provenzano. Un altro è «signor Lo Verde», il nome con cui, da latitante, andava a trovare a casa l’ex sindaco, in via Sciuti a Palermo. Provenzano è un perno della trattativa del ‘93 che, tuttavia, non è la sola intrattenuta con lo Stato. Più interessante del papello, infatti, ci sarebbe il «contatto originario» che in qualche modo indusse Riina ad imbarcarsi nella strategia stragista. Racconta Spatuzza che Falcone doveva essere ucciso a revolverate in un ristorante di Roma e che, improvvisamente, arrivò il contrordine: si fa a Palermo e si fa con le bombe. Perché? Forse per trasformare l’omicidio di un giudice nell’inizio di una campagna di intimidazione nazionale e politica?

Pillola abortiva: qui sento puzza di manovra contro la 194

Monday, 10 August 2009
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ru-486

di Filippo Facci da ilgiornale.it

Nell’insieme, è pazzesco. La pillola Ru486 è stata inventata in Francia (dove è in uso da quasi 22 anni) e nel frattempo è entrata in uso in tutta l’Unione Europea (tranne in Polonia e Lituania, nostre evidenti nazioni di riferimento) e da una decina d’anni è in uso anche negli Stati Uniti. Il farmaco è stato oggetto di infinite sperimentazioni, tanto che anche l’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2003, ne ha stabilito alcune linee guida. Dati e statistiche dicono questo: a dispetto di quanti temevano che il farmaco potesse comportare una sottovalutazione dell’aborto, e incrementarne perciò massicciamente il ricorso, gli aborti non sono aumentati e la pillola è stata adottata da una minoranza; l’unico dato significativo riguarda una tendenza a ricorrere all’interruzione di gravidanza in una fase gestazionale più precoce, con minori rischi di complicanze: l’Ru486 infatti può essere presa nelle prime settimane di gravidanza, mentre l’aborto per aspirazione è possibile solo dalla sesta settimana.

Poi c’è l’Italia, che per qualche ragione deve fare sempre storia a parte. Nel 2002, già in ritardo su tutti, una prima sperimentazione fu bloccata dal ministro della Salute Girolamo Sirchia. Nel 2005 una seconda sperimentazione a Torino sfociò in un’ispezione dal ministro Francesco Storace. Poi, siccome siamo capaci di bipolarizzare ogni cosa, la sperimentazione partì autonomamente ma solo in alcune regioni governate dal centrosinistra. E poi, perché quella non manca mai, la magistratura avviò indagini a Torino e a Milano per presunta violazione della Legge 194: ne seguì la sospensione della sperimentazione nel primo caso e un’archiviazione nel secondo. Sempre nel 2005 partì la prevedibile e legittima offensiva del Vaticano: il Papa disse che «la Ru486 nasconde la gravità dell’aborto» e il cardinale Ruini spiegò che «tende a non far percepire la natura reale dell’aborto». Il che fu recepito e trasformato nell’unico obiettivo che importa ai neo avversatori della pillola, distribuiti in maggioranza nel centrodestra: ossia che l’aborto resti una pratica il più possibile pubblica, ospedaliera e traumatica culturalmente e fisicamente.

Nel giugno 2007, poi, l’uso della pillola veniva approvato e regolato pur tardivamente anche dall’Emea – l’agenzia europea per i medicinali -, il che non spingeva il governo italiano a registrare e utilizzare finalmente il farmaco ma, nel novembre 2007, a bloccare ulteriormente la procedura a cura del ministro Livia Turco: la quale richiese un parere del Consiglio superiore di sanità al fine di riscontrare il «pieno rispetto della legge 194». Ma non bastava ancora. Si procedeva infine ad autorizzare un’ulteriore sperimentazione a cura dell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, che è l’organismo che ha tutti i requisiti tecnico-scientifici per valutare sicurezza e idoneità appunto dei medicinali. Il 30 luglio scorso, dopo anni di sperimentazione – dalla quale è risultato, paradossalmente, che l’aborto chirurgico è più rischioso di quello con la Ru486 – l’Aifa ha deliberato l’idoneità del farmaco purché sia utilizzato con ricovero ospedaliero.

Finita? No: si attendono per il prossimo autunno le «linee guida» del governo che farà di tutto, potete giurarci, per rendere difficile o punitivo l’utilizzo della pillola: se negli altri Paesi l’uso è privato e domiciliare, infatti, da noi prevederà come minimo un ricovero di tre giorni.

Finita? Neppure: perché in questo quadro eccoti un incredibile Maurizio Gasparri che ha il coraggio – perché ce ne vuole – di proporre un’ulteriore inchiesta parlamentare: perché i tecnici dell’Aifa – ha detto – sono «privi di legittimazione democratica». Il che resta, lo dico con dispiacere sincero, la sciocchezza più incommentabile tra quelle pronunciate da anni sull’argomento: solo una discussione parlamentare sulle vicende di letto di Silvio Berlusconi avrebbe potuto far peggio.

Ora: avessero il coraggio di dire quello che pensano una volta per tutte, cioè che vogliono ridiscutere la Legge 194, abrogarla, limitarla, appunto sabotarla. E invece no. Fanno una cosa per ottenerne un’altra, ma la verità è trasparente come solo i numeri sanno essere: in Italia è in corso un’offensiva che mira a ridimensionare la legge 194 e a confondere le acque raccontando anche sonore bugie; abbiamo una legge che anno dopo anno sgretola il ricorso all’aborto (nel 1982 furono 233mila, oggi sono 120mila e in costante diminuzione) e che lo sgretolerebbe anche di più, se questa offensiva non impedisse che le categorie che abortiscono in maggioranza – le ignoranti e le immigrate – fossero raggiunte da un campagna sulla contraccezione come se ne fanno in tutti i Paesi del mondo dove non c’è il Vaticano.

Questa campagna non mira a cancellare la legge 194 – perché non ci riuscirebbe – ma a ridimensionarla sollevando continui polveroni, invitando alla moltiplicazione di quei truffatori dello Stato che sono in stragrande maggioranza gli obiettori di coscienza, ipotizzando la presenza di militanti religiosi nei consultori, raccontandovi che siano in corso complotti ideologici per smontare la stessa 194: quando gli ideologici sono solo loro, e a voler smontare la 194 sono solo loro.

Questa offensiva è condotta da una casta numericamente modestissima che frequenta gli snodi dell’informazione, è una lobby che auspica ipocriti «miglioramenti» a una legge che vorrebbero solo abbattere, vi raccontano e racconteranno un sacco di balle. I nomi sono noti. Non credete a quello che dicono. Pensate con la vostra testa e con una coscienza che è solamente vostra, non ha bisogno di ambasciatori in folgorazione pre-senile.

È LA STAMPA, BELLEZZA

Friday, 7 August 2009
Pubblicato nella categoria STAMPA E DINTORNI

quotidiani

di Sergio Fornasini per dituttounblog.com

Ho deciso di far nascere una nuova rubrica su questo blog, mi auguro risulti gradita a lettori e commentatori. Il suo nome è quello che leggete nel titolo, plagiato clamorosamente da qualcuno ben più ferrato di me in materia. Verrà alimentata dalle riflessioni indotte dalla stampa quotidiana, cartacea e online, in particolare dai lanci in prima pagina. Praticamente un mare sconfinato di tutto ed il contrario di tutto, talvolta di contraddizioni sugli stessi fatti raccontati da testate diverse.

I post di questa rubrica prenderanno spunto dai titoli degli articoli, talvolta con approfondimento nei contenuti. L’intento principale sarà comunque quello di evidenziare come la titolazione determini l’aspettativa sul contenuto del “pezzo”, richiamando l’attenzione del lettore. Talvolta, anzi molto spesso, le attese indotte non vengono appagate. Leggendo fra le righe si può addirittura giungere a tutt’altra conclusione, difforme dalla “presentazione” di partenza. Questa ritengo sia una prerogativa riservata ai lettori più fini ed attenti, coloro che amano leggere degli stessi fatti attingendo a fonti diverse. Probabilmente una piccola minoranza.

Secondo me, la maggior parte dei lettori di un quotidiano sono fedeli e tradizionali. Amano leggere sempre dalle stesse fonti, evitando così la fatica di dover pensare autonomamente, oltre allo sforzo aggiuntivo richiesto per formarsi una propria opinione critica. Vengono indotti pensieri ed opinioni per delega: una volta individuato il proprio spacciatore di notizie si torna a frequentarlo con assoluta fedeltà e ci si fida ciecamente. Non lo ritengo un alto indice di coscienza civile.

Un esempio? Presto fatto, un nome a caso: Marco Travaglio. Trovare la sua firma su un articolo, un inserto, un qualsiasi scritto ne fa automaticamente fonte di assoluta certezza di verità. Ma come la storia ed i fatti (anche giudiziari) insegnano, non sempre può essere così.

Quella di comporre un titolo a modo suo è un’arte, che può essere più o meno raffinata ed efficace. Ci sono quelli che riescono ad attrarre l’attenzione, altri fanno sensazione. Quelli che tranquillizzano e molti che allarmano il lettore, agitano quel residuo di coscienza civile che ci portiamo dietro.

Personalmente non sono mai stato capace di comporre titoli efficaci nella mia breve carriera di blogger per caso, sto cercando di migliorare. Per farlo, quale scuola migliore dell’analisi di come vengono sfornati da giornalisti affermati?

A breve su questo blog, buon divertimento

Speciale: le intercettazioni di Berlusconi, Guzzanti, Carfagna e i "rapporti anali non graditi"

Friday, 7 August 2009
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Un grande polverone mediatico è stato sollevato da un articolo del blog di Paolo Guzzanti. Il clamore è stato tale da far esprimere sull’argomento anche il Presidente Napolitano, menzionato nello scritto del senatore liberale ed ex PdL. Dopo la pubblicazione del post, il suo sito è rimasto bloccato per ore a causa del gran numero di accessi. L’autore si dice stupito di tanto interesse: in fondo, dice lui, la faccenda delle intercettazioni a luci rosse che vede fra i protagonisti Berlusconi e delle sue donne era nota da tempo ai direttori dei maggiori giornali. Per riassumere la vicenda, riporto un articolo tratto da www.polisblog.it (sf)

Tutto parte da un commento sul blog di Paolo Guzzanti, che vi abbiamo riproposto ieri nel nostro post. Ma come si arriva alla storia dei “rapporti anali non graditi” citata dall’ex Senatore PdL ora nel gruppo misto? Come siamo arrivati a tutto questo? Ve lo raccontiamo, se avete la pazienza di restare a leggerci.

Sono fatti recenti, che risalgono ad un anno fa circa – su wikipedia verremmo sicuramente accusati di avere creato una voce che soffre di “recentismo” – ma essendo un Paese dalla memoria corta, riguardo alle presunte intercettazioni Berlusconi Carfagna ci sono un sacco di altre cose “dimenticate” da sapere per capire da dove arrivi la bomba, chiaramente ignorata ieri dai media mainstream.

E’ storia giusto dell’estate scorsa. Vi dicono qualcosa: No Cav Day, La Privata Repubblica, El Clarin, la parola “meretrice” e “quelle intercettazioni esistono”, parola di Margherita Boniver? Nel caso abbiate qualche vuoto di memoria, dopo il salto potete colmarlo.

Le parole di Paolo Guzzanti, hanno provocato, comprensibilmente, un terremoto. Il blog dell’ex senatore Pdl è rimasto inaccessibile per circa 24 ore: troppi contatti, troppe persone che volevano leggere di persona quanto scritto nella risposta ad un lettore in un post in cui parlava d’altro – della biografia di Carlo De Benedetti. Dalla tarda mattinata di ieri il blog di Guzzanti è di nuovo accessibile, leggiamo cosa scrive il nostro sul polverone suscitato dalle sue affermazioni:


“QUESTO ARTICOLO HA PROVOCATO UN TERREMOTO POLITICO VISIBILE SULLE PRIME PAGINE DEI GIORNALI E TELEGIORNALI, ANCHE PER UNA SMENTITA DEL QUIRINALE. IL BLOG E’ RIMASTO PARALIZZATO PER ECCESSO DI CONTATTI PER QUASI 24 ORE DURANTE LE QUALI SOLO 5000 PERSONE SONO RIUSCITE AD ENTRARE. OGGI, 6 AGOSTO ORE 20,40, IL NUMERO DI VISITATORI E’ SCHIZZATO A 50 MILA. LE NUOVE ISCRIZIONI SONO CENTINAIA. BENVENUTI TUTTI I NUOVI E BEN TROVATI TUTTI I VECCHI. E’ PARTITO SU VARI SITI IL MIO LINCIAGGIO, MA CI SONO ABITUATO: SPALLE DRITTE E CAMMINO RETTILINEO. Ennesimo riepilogo su perché ho lasciato Berlusconi DOPO l’invasione della Georgia da parte del suo amato “grande amico Vladimir” e a causa di quel costume grave e corruttore che ho chiamato “mignottocrazia”: ritengo che l’idea del tutto illiberale della politica che ha Berlusconi, fra l’altro, corrompa la gioventù e in particolare le giovani ragazze avviate a considerare la propria femminilità come merce di scambio. Ho scritto d’impeto che Berlusconi è un “porco”. Il fatto è che ho visto personalmente quale considerazione torbida e oggettistica lui abbia delle donne. Qui si combatte una guerra di liberazione liberale e lo faccio da militante e sottosegretario liberale.”

Ok: ripercorriamo tutto dall’inizio, facciamo rewind, perchè quella che viviamo in queste ore è l’onda lunghissima dell’evento grillista dell’estate scorsa. Si, torniamo indietro di circa un anno, al No Cav Day 2008: la data esatta è il giorno 8 luglio 2008, circa un anno e un mese fa. Sabina Guzzanti, durante la manifestazione, dipingeva in questa maniera Mara Carfagna, Ministro per le Pari Opportunità:


Inizia, invece, il suo intervento parafrasando un noto stornello romano la comica Sabina Guzzanti (“Osteria delle ministre / paraponzi ponzi po / le ministre son maestre / paraponzi ponzi po / e se al letto son portento, figuriamoci in Parlamento / dammela a me Carfagna / pari opportunità”) che attacca subito il premier: “A me non me ne frega niente della vita sessuale di Berlusconi – spiega – ma tu non puoi mettere alle Pari opportunità una che sta lì perché t’ha succhiato l’uccello, non la puoi mettere da nessuna parte ma in particolare non la puoi mettere alle Pari opportunità perché è uno sfregio”

Chiaro che qualcosa del genere non possa restare inosservato, o essere ignorato dalla ministra che, da destra come da sinistra, non avrebbe mai dovuto diventare ministra – leggete, se volete un punto di vista alternativo e antecedente di qualche mese, questo pezzo di Filippo Facci de Il Giornale.

Per inciso, imbarazzante, la risposta della Carfagna ai tempi, giunta fermo posta e pubblicata da Il Riformista:

Dal Il Riformista di venerdì 16 maggio, lettera di Mara Carfagna

Caro Direttore,
Filippo Facci è uno dei giornalisti che preferisco. I suoi scritti accompagnano di solito la mia prima colazione, che uso fare all’insegna della leggerezza

Tratteniamo le risate, pensiamo alle colazioni leggere – magari anche a quelle di Patrizia d’Addario… – e proseguiamo, restando all’estate scorsa e ai giorni successivi al No Cav Day. Perchè succedono molte cose: da dove partiva il pezzo di satira della Guzzanti? Da delle presunte intercettazioni – che effettivamente nessuno ha mai pubblicato, ma molti, molti sembrano avere – riguardanti un’inchiesta napoletana, che la stessa Sabina Guzzanti sosteneva fossero state pubblicate dal Clarin, un quotidiano argentino.

Non era vero – e, permettetemi, noi eravamo stati i primi a verificare la cosa – c’era solo un pezzo in cui si utilizzava la parola “pompino” e il cui titolo era, riporto parola per parola, “Sexgate a la italiana: el escándalo salpica a Berlusconi y una ministra“. Credo non vi serva la traduzione. Ma quelle intercettazioni, nel mezzo delle levate di scudi dei legali di Silvio Berlusconi trovano esponenti di governo – ben prima di Guzzanti padre – a confermarne l’esistenza. Per esempio Margherita Boniver, come si legge in questo pezzo dell’epoca di Repubblica:

“Ci sono, ci sono, quelle intercettazioni private. Eccome se ci sono. E dentro c’è di tutto e di più. Tutta roba privata, s’intende. Questa è l’unica cosa certa. Le ha in mano un magistrato. Bisognerà solo capire come verranno fuori. E quando. Presto, temiamo, lo useranno come colpo finale. Fa bene Silvio, non si può che ricorrere al decreto”. Margherita Boniver, lunghissima militanza parlamentare socialisforzista a cavallo delle due repubbliche, la sa lunga su tutto ciò che accade in Transatlantico e dintorni

Per Berlusconi è un colpo molto duro: e infatti fa subito ringhiare la sua nutrita schiera di legali, sfiorando il ridicolo, con la vicenda de La Privata Repubblica. Ricordate? Era il sito – blog di un ragazzo di vent’anni che studiava a Bologna, e che aveva pubblicato delle finte intercettazioni Berlusconi Confalonieri nelle quali i due discorrevano di trivialità assortite.

Un puro esercizio di stile, molto ben fatto – potete rileggervelo su slideshare, se vi va – ma il Potere quando si vede attaccato, reagisce con la veemenza più imbarazzante tanto più è minuscolo il Davide che ha voluto ridicolizzare Golia. Di lì in poi, è tutto un susseguirsi di querele, di padri che difendono le figlie – Guzzanti padre, con Sabina – e azioni legali, minacciate o meno.

Poi passano i mesi, e la gente, pensa ad altro, come logico. E tutto scompare, svanisce: fade out, dissolvenza, non se ne parla più. Le intercettazioni non saltano fuori, nessuno le pubblica, e sembra davvero tutto finire nel nulla. Intanto però passano altri mesi: e arriva l’ennesimo Decreto per proteggere il Sovrano – o come scriverebbe Giovanni Sartori, il Sultano – quel ddl Alfano Intercettazioni che ha di fatto creato un consenso senza precedenti, nell’essere definito vergognoso, umiliante per la stampa di un paese democratico.

Dall’Ordine dei Giornalisti, a qualunque pm, passando per la FNSI e i sindacati di polizia, tutti concordi nel definire aberranti le norme contenute nel ddl Alfano. Noi avevano detto la nostra, a tal proposito in questo post: titolo “Ecco tutte le indagini che non si potranno più portare a termine”. In sintesi: non potendo realizzare leggi effettivamente ad personam, si produce una legislazione che difende de facto il Premier, e collateralmente incancrenisce il già tutt’altro che sano tessuto democratico di un Paese.

Vogliamo pensare male e azzeccarci, scrivendo che la fretta e l’accanimento con cui si è proseguito sul giro di vite per limitare o eliminare del tutto lo strumento delle intercettazioni, possa avere un legame con quanto accaduto in questi giorni? Se qualcuno di voi crede nel concetto di peccato, credo che per stavolta possa anche sentirsi assolto.

E’ semplicemente evidente. Ora Paolo Guzzanti si dice disponibilissimo a farsi ascoltare da un magistrato riguardo a quanto affermato: credo sia quanto speriamo tutti.

Sotto i crolli, appalti miracolosi

Friday, 7 August 2009
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di Gabriele Mastellarini per “Il Mondo” del 31 luglio

DOPO TERREMOTO NASCE UN CASO SUL DEPOSITO DELLE MACERIE A L’AQUILA

Sei presenti, quattro assenti: la Giunta approva. Così il sindaco de L’Aquila Massimo Cialente e altri cinque assessori (Roberto Riga, Antonio Lattanzi, Alfredo Moroni, Luca D’Innocenzo e Marco Fanfani) hanno dato il via libera alle operazioni «di primo deposito temporaneo dei rifiuti derivanti da crolli e demolizioni, relativi al sisma del 6 aprile». Per farlo è servita la delibera numero 154 votata alle 19 e 15 di un caldo 12 giugno, esecutiva dal 29 giugno e rimasta affissa all’albo pretorio fino al 4 luglio. Un documento finito nell’occhio del ciclone, che Il Mondo è riuscito ad acquisire.

MARCIA AVANTI E PASSO INDIETRO

La principale accusa mossa alla giunta Cialente è di aver affidato l’importante servizio, senza passare per una gara d’appalto, ma avallando pedissequamente (prezzi compresi) la proposta di una azienda locale, la T&P. Si sono già accesi i fari della magistratura e si è mossa anche la commissione di controllo del Comune che, in una relazione, parla di decisione «presa in palese contrasto» con le disposizioni di legge. Lamministrazione ha poi fatto marcia indietro, approvando un mese e mezzo dopo un’altra deliberazione di giunta (la n. 165) che revoca quella approvata in precedenza, perché da un controllo degli uffici tecnici sarebbe emerso che la società incaricata «non ha i requisiti di legge», anche se inizialmente era stato acquisito un parete favorevole di regolarità tecnica. Intanto lo stoccaggio delle macerie prosegue e l’impresa incaricata si è rivolta a un legale (l’avvocato Stefano Rossi del Foro de L’Aquila, sfollato a Pescara) il quale ha più volte ribadito la legittimità della procedura adottata da Cialente e dai suoi assessori. «Abbiamo tutti i requisiti», precisa l’avvocato Rossi, «e il Comune è stato informato con nota del 14 luglio scorso. L’inizio delle operazioni è avvenuto in ossequio e nel rispetto delle attività di soccorso tecnico urgente, anche in previsione del G8». «Inoltre», conclude, «l’approvazione di Giunta è ampiamente sufficiente e non serviva nessun passaggio in consiglio comunale».

LA DITTA SCELTA ANCHE SE È INATTIVA

La storia riporta indietro al 29 maggio, a una lettera (anch’essa inedita) che il sindaco Cialente e l’assessore all’ambiente Moroni scrivono alla Protezione Civile e al prefetto dell’Aquila, Franco Gabrielli. Per lo stoccaggio dei rifiuti era stato già individuato (il 19 maggio con delibera n. 144) il sito ex Teges a Pontignone, una vecchia cava di inerti vicino all’area del nucleo industriale di Bazzano dove possono finire tra gli 1,5 e i 2 milioni di metri cubi di materiale. «Stante l’urgenza di provvedere», scrivono Cialente e Moroni, «saremmo propensi a un affidamento diretto a favore della stessa ditta proprietaria del sito, tale T&P srl con sede in L’Aquila». Anche se la T&P srl risulta «inattiva» alla Camera di commercio. Ma il primo giugno eccola resuscitare con «una dichiarazione di inizio attività», mentre il successivo 4 giugno il socio proprietario Walter Tirimacco cede l’azienda a Claudio Pangrazi per 1.250 euro.

L8 giugno il Comune dell’Aquila scrive alla T&P (nota protocollo 463) e il 9 giugno la T&P risponde presentando «una proposta tecnico-economica per lo stoccaggio dei rifiuti provenienti dai crolli e dalle demolizioni provenienti dal sisma». In pochi giorni l’azienda si era già dotata di un lotto notevole di attrezzature: carrelli elevatori, escavatori, mezzi cingolati, pale gommate, quattro press-container per riduzione volumetrica, 60 cassoni scarrabili, un’unità mobile di decontaminazione, due cisterne da 13 mila litri per i rifiuti liquidi, un impianto mobile di frantumazione.

Il 10 giugno in Comune arriva la risposta di Bernardo De Bernardinis, il vice del sottosegretario Guido Bertolaso. De Bernardinis mette in guardia l’ente precisando che «la procedura senza previa pubblicazione di un bando di gara può essere perseguita espressamente per i casi di estrema urgenza» e pertanto «l’amministrazione, negli atti della procedura, dovrà dare conto delle ragioni che hanno giustificato l’adozione della procedura».

PREZZARIO À LA CARTE

Passano neanche due giorni e le Otto pagine di delibera sono già approvate all’unanimità dai sei presenti su dieci componenti della giunta municipale. T&P si occupetà di allestimento del sito, controllo della radioattività, classificazione del rifiuto, pesatura, deposito delle macerie in funzione del livello di contaminazione, segregazione in caso di dubbio per presenza di amianto, predisposizione di contenitori a norma per lo stoccaggio di sostanze liquide, cernita e selezione, smaltimento percolato, stoccaggio rifiuti pericolosi e non pericolosi compresi manufatti di valore storico e artistico, predisposizione di un’apposita area per la conservazione e l’esposizione dei beni di valore economico o affettivo, gestione della documentazione di accompagnamento (registro di carico e scarico).

Cialente e gli assessori accettano tutti i punti della proposta formulata dall’impresa privata, rilevando solo «una possibile criticità circa la cospicua differenza dei costi, derivante dalla diversa percentuale di frazione estranea agli inerti, rinvenibile tra le macerie (da 17 a 52 euro la tonnellata)».

Sono previsti, infatti, prezzi differenziati per lo stoccaggio delle macerie (esclusi gli oneri di smaltimento) che partono da 17 euro la tonnellata se «la frazione estranea agli inerti» (ferro, vetro ecc.) è del 5%, a 29 euro a tonnellata se l’extra-cemento arriva al 10%, a 52 euro la tonnellata qualora la parte «estranea» tocchi il 15% di peso. Su questa distinzione, bisognerà controllare accuratamente in fase di trattamento delle macerie.

Il Comune «utilizzando l’apposito fondo della Protezione civile» pagherà anche: 4,6 euro la tonnellata per la frantumazione, movimentazione e deposito temporaneo delle macerie, 90 euro la tonnellata per la gestione dei rifiuti solidi, liquidi e pericolosi, 35 euro la tonnellata per la gestione e lo smaltimento del percolato, altri 35 euro a tonnellata per i rifiuti derivanti da apparecchiature elettriche ed elettroniche.

Cifre diverse se tra i resti dei crolli c’è l’amianto: per manufatti integri (canne fumarie, serbatoi) si va dai 2.400 euro (fino a 2 tonnellate) ai 3.800 euro (fino a 4 tonnellate), nel caso di lastre si passa da 1.950 euro (fino a 2 tonnellate) a 3.500 euro, mentre in caso di «macerie contenenti amianto» gli importi oscillano da 1.950 euro fino a 5.500 euro.

Per il trattamento dei materiali contenenti amianto la T&P si avvale (con il nulla-osta del Comune) di un’altra società, la Pavind srl, in possesso dell’iscrizione all’Albo rifiuti. Va detto, inoltre, che in Abruzzo non c’è un prezzario regionale di riferimento per le attività di ttattamento e stoccaggio dei rifiuti, quindi le cifre presentate dalla T&P non potevano essere raffrontate con altre pi «oggettive».

PAGA IL GOVERNO, AL COMUNE I RICAVI

L’intera operazione, oltre a rimpinguate il fatturato della ex cessata T&P, avrà anche un aspetto positivo per la collettività aquilana. Tutti i ricavi derivanti dalla vendita dei materiali recuperati (inerti, pietra, laterizi) e dei rifiuti (metalli, carta e vetro), verranno versati nelle (attualmente povere) casse dell’amministrazione comunale e saranno investiti in opere di valorizzazione dell’ambiente e servizi per l’infanzia e la terza età. In sostanza: T&P presenta la fattura al Comune, i fondi li mette la Protezione civile, mentre i guadagni vanno al Comune de L’Aquila.

A occuparsi del «coordinamento e del controllo» dei lavori effettuati dall’impresa locale sarà la società Asm spa, di proprietà dello stesso Comune «con relative spese e oneri a carico della stessa T&P» che dovrà farsi carico di un numero da sei a 13 unità lavorative dell’Asm, in base alla quantità di macerie trattate. Nell’enorme business delle macerie post terremoto in Abruzzo, c’è anche un piccolo risvolto occupazionale.

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José Saramago – Il viaggio dell'elefante

Friday, 7 August 2009
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In attesa di poter leggere l’ultima opera del premio Nobel José Saramago, ho approfittato di un breve periodo di vacanza per gustarmi il suo precedente romanzo. Consiglio di fare altrettanto, l’articolata fraseologia dello scrittore portoghese è magica, rapisce al primo colpo. Lo stile di Saramago credo sia unico ed irripetibile, fuori dagli schemi classici: fra l’altro, tralascia i capoversi e le maiuscole, più che leggere un libro si ha l’impressione di seguire i pensieri dell’autore in presa diretta.

Nell’introduzione, Saramago ringrazia l’amica che gli ha fatto conoscere la storia vera del viaggio dell’elefante dalla quale ha preso spunto, ambientata nell’Europa percorsa dalla riforma luterana. Il re del Portogallo, João terzo, decide di fare un dono prezioso all’arciduca Massimiliano d’Austria, parente della moglie del re. Decisamente particolare il “presente”: un elefante indiano di nome Salomone, che bivacca da un paio d’anni alla corte reale portoghese. Nel momento stesso in cui si priva del pachiderma, João terzo e la reale consorte iniziano a sentirne la mancanza, seppure non se ne fossero curati particolarmente fino a quel momento.

Per essere rapiti dalla lettura bastano le prime pagine, un breve capitolo che rende immediatamente attraente la storia. Le parole scorrono veloci, tra mirabolanti sfarzi di corte e polverose strade. La narrazione è permeata dalla sottile ironia dell’autore, ben nota ai suoi affezionati lettori.

L’elefante «intraprende un incredibile viaggio che da Lisbona lo porterà, attraverso la Spagna e l’Italia, fino a Vienna, capitale dell’Impero. È accompagnato da Subhro, suo fedele amico e custode, e da una pittoresca carovana di ufficiali, soldati, servitori, preti, cavalli e buoi. Tra fiaba e cronaca, lo straordinario romanzo di Saramago, potente e visionario, delicato e umano».

Attendo allora con interesse il prossimo libro, attualmente in traduzione dal portoghese. Alcuni brani vengono anticipati nel blog dell’autore, con traduzione autorizzata in italiano su quadernodisaramago.wordpress.com. “Il quaderno” è stato oggetto dell’interesse della stampa già prima della sua uscita in Italia, per via di una caustica nota destinata al nostro amato premier. A causa di questo contenuto “particolare” (che potete leggere seguendo questo link), il consueto editore italiano di Saramago (Einaudi, di proprietà di Silvio Berlusconi) non pubblicherà il testo, che sarà invece dato alle stampe da Bollati Boringhieri. Sulla vicenda del rifiuto a pubblicare il libro del premio Nobel per la letteratura José Saramago segnalo questo articolo di www.booksblog.it

SOPRA LA BANCA IL BANCARIO CAMPA, SOTTO LA BANCA IL CLIENTE CREPA

Friday, 7 August 2009
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di Sergio Fornasini per dituttounblog.com

Torno a segnalare l’uscita dell’ultimo libro di Gianluigi De Marchi, che i lettori del nostro blog ben conoscono per i suoi graffianti interventi nella rubrica NONSOLOSOLDI.

Introdotto da un riassunto delle variegate esperienze di Gianluigi nel mondo delle banche e della finanza, il libro si presenta piccolo nel formato ed intenso nei contenuti, ricco di preziosi consigli.

L’ottimo Gianluigi è sempre e costantemente dalla parte dei risparmiatori, in questo libro parla estesamente di come i manager bancari pensino più ad accaparrare favolosi bonus piuttosto che salvaguardare gli investimenti dei propri clienti.

Sul contenuto dell’ottimo testo segnalo due recensioni online: www.babylonbus.org e www.stampalternativa.it.

Il libro è acquistabile in rete, segnalo in particolare la libreria Feltrinelli online che lo propone con due euro di sconto al prezzo di 8 euro, spesi benissimo. Personalmente l’ho trovato alla libreria Giunti di Montesilvano, nel settore “saggistica”. Delle tre copie presenti me ne sono volentieri acquistato una, gustandomela sotto l’ombrellone.

Buona lettura.

Veronica & Silvio

Friday, 7 August 2009
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veronica-silvio

Il libro segreto: da Veronica alle papi-girl

Mario Guarino

Veronica & Silvio

I segreti della first lady, gli intrighi del premier
Amore, tradimenti e denaro – LA VERA STORIA

introduzione di Lidia Ravera

L’autore

Mario Guarino è il primo giornalista ad aver scritto un libro su Berlusconi (il best seller Berlusconi. Inchiesta sul signor Tv, pubblicato nel 1987 da Editori Riuniti e nel 1994 da Kaos, e tradotto all’estero). Guarino è anche il primo autore di una biografia «non autorizzata» su Veronica Lario, che ha riscosso grandi polemiche nel 1996. Per i nostri tipi ha già pubblicato L’orgia del potere. Testimonianze, scandali e rivelazioni su Silvio Berlusconi (2005).

L’opera

Un libro-inchiesta che esplora, fin nei dettagli, la lunga vicenda tra Silvio Berlusconi e Miriam Bartolini, meglio nota come Veronica Lario. Dal fidanzamento lampo al matrimonio con rito civile, fino ai giorni nostri. In queste pagine viene ripercorsa la difficile infanzia di Veronica, i segreti legati a quel periodo e quelli intorno alla sua nascita; i suoi primi passi come fotomodella, l’esordio come attrice di teatro e di cinema. Poi, l’incontro decisivo con Berlusconi. Il tutto con testimonianze esclusive di persone che, in vario modo, hanno conosciuto la Veronica di allora: amici di famiglia, il suo talent scout, il primo e unico impresario, il fotografo che la valorizzò, gli attori che hanno lavorato con lei. Una ricostruzione unica nel suo genere che comprende anche la rivelazione di aspetti sconosciuti della sua vita, umana e professionale, grazie a interviste concesse dalla madre. Ricca di aneddoti ed episodi anche la vita condotta da Veronica con il futuro premier Berlusconi. Nella seconda parte del libro, viene affrontata l’attualità: il progressivo disfacimento del matrimonio, le numerose «distrazioni sentimentali» del premier fino agli ultimi risvolti ampiamente descritti dalle cronache. In chiusura, un capitolo proiettato nel futuro: ossia, cosa accadrà, dal punto di vista finanziario, dopo il divorzio.

www.edizionidedalo.it per acquistarlo on-line o regalarlo a un amico.

Berlusconi: mio successo personale l'accordo sul gasdotto del mar Nero. O forse no, almeno secondo il governo turco

Friday, 7 August 2009
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di Sergio Fornasini per dituttounblog.com

Attendo con ansia il Tg1 delle ore 13:30, sono proprio curioso di vedere se e come riporteranno la ridicola figura che ha fatto Berlusconi. Il nostro amato premier si è infatti attribuito il merito, quale suo successo personale, degli accordi siglati ieri fra Russia e Turchia, finalizzati alla costruzione di un importante gasdotto.

Secondo l’agenzia Reuters, fonti governative di Ankara smentiscono il ruolo di protagonista che Berlusconi si è auto-attribuito. Anzi, viene precisato che il premier si è praticamente invitato da solo alla cerimonia di firma dell’accordo. Una bella occasione per tornare a braccetto del suo amicone Putin insomma, senza tralasciare poi l’occasione di attribuirsi meriti inesistenti.

“Questo è il genere di cose che potrebbe costituire un problema sul piano diplomatico. Ma dal momento che si tratta di Berlusconi ha fatto solo sorridere i due leader”, ha commentato la fonte governativa. Insomma uno come il berlusca come si fa a prenderlo sul serio?

Il South Stream, questa la denominazione del gasdotto, attraverserà le acque territoriali della Turchia, bypassando di fatto la minaccia di interruzione delle forniture, più volte attuata dalle autorità dell’Ucraina.

La notizia apparsa sulla Reuters è stata rapidamente ripresa da una parte della stampa online, mentre il ruolo di regista e facilitatore dell’accordo viene ampiamente avallato dalla maggior parte delle testate. Un esempio: il corriere.it punta sulla cordialità dell’incontro tra Berlusconi, Putin ed Erdogan avallando il ruolo del nostro primo ministro. Ho volutamente tralasciato di sbirciare la notizia su ilgionale.it e libero-news.it per una questione di decenza, poi siamo all’ora di pranzo ed il mio appetito avrebbe potuto risentirne.

Da segnalare il modo nel quale riporta la notizia l’agenzia Asca, che sostanzialmente si stupisce del come il Financial Times abbia potuto ignorare il ruolo dell’Italia nello sorico accordo. Critiche anche per Il Sole 24 Ore “che non dedica particolare attenzione all’accordo di cooperazione russo-turco e alla visita del Presidente del Consiglio ad Ankara”. Visto quello che ha pubblicato la Reuters, direi che FT ed il Sole hanno avuto ottimo fiuto nel trattare la notizia.

TUTTI I CONSIGLIERI DI BERLUSCONI

Saturday, 1 August 2009
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DI GABRIELE MASTELLARINI PER IL MONDO DELLA SCORSA SETTIMANA (www.ilmondo.rcs.it)

Un piccolo esercito di 123 persone a libro paga di Palazzo Chigi, come esperti, consulenti o collaboratori del Governo. Quest’anno costeranno alla collettività più di 2,2 milioni. Il consulente più noto è certamente l’ex Ministro ai Beni Culturali Giuliano Urbani, fresco di nomina alla presidenza del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica. Urbani percepisce 18 mila euro da gennaio a dicembre 2009, come superesperto del Presidente Silvio Berlusconi.

Il sottosegretario Gianni Letta si avvale, invece, di Andrea Zoppini, avvocato e professore ordinario presso la Facoltà di Giurisprudenza a Roma Tre. Zoppini presenta una parcella da 20 mila euro più Iva e resterà in carica fino alla scadenza del mandato di Berlusconi.

Consulente del dipartimento affari legislativi a 18 mila euro è l’avvocato teramano Walter Mazzitti, ex presidente del Parco del Gran Sasso, candidato con Forza Italia alle politiche del 2002 e non eletto. Molto più noto è l’avvocato Salvatore Lo Giudice del Foro di Milano, figlio di Enzo storico difensore di Bettino Craxi ai tempi di Tangentopoli. Lo Giudice ha rappresentato in giudizio anche molti giornalisti (come l’attuale direttore di “Panorama”, Maurizio Belpietro) e gruppi editoriali, ed è anche vicepresidente della commissione disciplinare della Federcalcio. E dalla Presidenza del Consiglio, l’avvocato Lo Giudice incassa 40 mila più Iva per tutto il 2009, come “esperto giuridico del dipartimento editoria e supporto al segretario generale”.

Tra gli incaricati di Palazzo Chigi figurano anche i magistrati Ermanno De Francisco del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Sicilia e Davide Ponte del Tar Liguria, che prendono rispettivamente 40 mila e 18 mila, cumulabili con i rispettivi stipendi. Sono tre gli esperti dell’unità per la comunicazione del Governo (56.500 euro totali), cui aggiungere le laureande Elena Lombardo e Marianna Schiavon che hanno collaborato dal primo gennaio al 4 marzo scorso (3.600 euro ciascuna), per poi descrivere la loro esperienza nel libro “I mestieri della parola”. Curriculum certamente più corposo quello di Adele Cavalleri, scelta tra i sei consulenti del dipartimento per il turismo, alle dipendenze del Ministro Maria Vittoria Brambilla. Cavalleri, vista all’opera come direttore di produzione del gruppo Mediaset, ha anche collaborato con l’ormai defunto “Canale delle libertà”, voluto proprio dalla Brambilla. Cavalleri incassa da Palazzo Chigi 2.916 euro mensili dal primo febbraio al 31 luglio prossimo come “esperto per le attività di comunicazione connesse al rilancio dell’immagine dell’Italia in campo turistico”.

Tra le strutture governative che necessitano di personale esterno c’è anche il dipartimento per l’informazione e l’editoria: otto i consulenti, compreso Paolo Peluffo, giudice della Corte dei Conti, ma conosciuto soprattutto per le biografie di Guido Carli, Franco Modigliani e Carlo Azeglio Ciampi. A Peluffo il Governo versa un compenso di 15 mila euro, mentre Mario Caligiuri, docente all’Università della Calabria, neo Sindaco di Soveria Mannelli (Catanzaro) con il Pdl, si ferma a 13 mila.

Molto costose le unità per la semplificazione amministrativa del Ministro Roberto Calderoli e quella per l’e-government e l’innovazione, coordinata dal Ministro Renato Brunetta. L’unità “taglia-leggi” di Calderoli paga 116 mila a nove componenti, 106 mila a 5 “esperti per la semplificazione” e 276 mila a 14 addetti della segreteria tecnica. Ai sette consulenti per l’e-government vanno, invece, 325 mila annui: tra questi c’è il giornalista e scrittore Davide Giacalone, finito in carcere e successivamente assolto per corruzione quando era collaboratore del Ministro delle Poste, Oscar Mammì. In veste governativa, Giacalone “si occupa della diffusione delle tecnologie dell’informatizzazione nei Paesi extra Ue”. Nella stessa commissione meritano la citazione i dottori Federico Basilica, ex capo dipartimento della Funzione pubblica, e Paolo Vigevano, attuale ad di Acquirente Unico e già braccio destro dell’ex ministro Lucio Stanca: tra i 123 consulenti del Governo Berlusconi sono gli unici a titolo gratuito.

Gabriele Mastellarini

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Il Senato spegne il sole – Una mozione del PdL ammazza il solare termodinamico

Wednesday, 29 July 2009
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solare_termodinamico

Primo firmatario D’ALI’, a seguire Maurizio GASPARRI, noto e monumentale esperto di questioni energetiche ed ambientali. Insieme a loro QUAGLIARIELLO, VICECONTE, ALICATA, CORONELLA, DELL’UTRI, DIGILIO, FLUTTERO, GALLONE, NANIA, NESSA, ORSI: il Senato definisce il solare termodinamico come fonte di energia costosa, poco utile e non «compiutamente ecologica». La politica italiana, non ancora appagata dalle dimissioni di Carlo Rubbia dall’Enea ed al suo trasferimento in Spagna, ora sferra il colpo di grazia al termodinamico. Dietro le motivazioni strumentali, la mozione 1-00155 in realtà libera i finanziamenti, da dirottare sul nucleare. Noi ci accontentiamo di esportare cervelli ed idee in giro per il mondo, introducendo sul nostro suolo una tecnologia nella quale solo l’Italia e pochi altri nel mondo hanno intenzione di investire grandi risorse economiche in futuro. Leggi anche il testo della contro-mozione (ovviamente respinta) presentata dal PD su greenreport.it (sf)

da www.terranews.it

E proprio nel giorno in cui l’Enea presenta un piano per il taglio delle emissioni dei gas serra e della dipendenza energetica basato anche sullo sviluppo delle fonti rinnovabili, il governo fa a se stesso la sorpresa di cancellare o almeno di offuscare il solare termodinamico. In altre parole, la più italiana delle scelte nel campo delle energie alternative: idee, ricerca, addirittura industrie sono di marca nostrana, visto che è stato il Nobel Carlo Rubbia a rimettere in pista una tecnologia basata sull’antica idea degli specchi di Archimede.

Ieri il Senato ha infatti approvato la mozione proposta dal Pdl e firmata tra gli altri da D’Alì, Gasparri, Dell’Utri, Nania e Orsi che condanna senza mezzi termini il solare termodinamico o a concentrazione, bollandolo come tecnologia costosa, poco utile e addirittura non «compiutamente ecologica » e mettendo a rischio i finanziamenti al suo sviluppo. Una bella compagnia dell’ombrello, quella che individua nel sole un nemico da combattere.

Il senatore siciliano D’Alì (Pdl) è stato l’interprete massimo della teoria negazionista in campo climatico, con la mozione che escludeva – di fronte al giudizio del mondo della scienza pressoché compatto e quasi in concomitanza con lo svolgimento del G8 Ambiente a Siracusa – la realtà del cambiamento climatico e del contributo dell’attività umana. Il senatore Orsi è l’autore della proposta di legge che consente la caccia ai minorenni e ne amplia i limiti di tempo e di carniere. La presenza di Maurizio Gasparri e Domenico Quagliariello, presidente e vicepresidente del gruppo Pdl, assicura l’imprimatur del governo a un’iniziativa che al di là delle formule ecologiste taglia le gambe al solare a concentrazione.

Così, scorrendo la mozione votata a maggioranza dall’aula di Palazzo Madama, si scopre che il problema del termodinamico è legato al siting: occorrono 120 ettari per una produzione assimilabile a quella di due reattori nucleari che però occuperebbero – secondo i senatori Pdl – 65-70 ettari. Spazio, si potrebbe dire, sottratto alla costruzione di ville e villette, visto che – come ricorda la mozione – occorrono zone soleggiate e vicine a sorgenti d’acqua, ideali per un villaggio vacanze.

Inoltre, la tecnologia non sarebbe «compiutamente ecologica» perché presupporrebbe la copresenza di un generatore di energia tradizionale, visto che durante le ore di buio la centrale non andrebbe. Ma il solare a concentrazione dovrebbe evitare proprio questo, attraverso il riscaldamento ad altissime temperature del fluido con il sistema degli specchi che appunto “concentrano” la radiazione solare (e notoriamente di notte la richiesta di energia elettrica è notevolmente ridotta – n.d.dituttounblog).

In altre parole, non c’è nessun bisogno di affrancare una centrale a combustibile fossile a quella termodinamica: un’informazione che manca ai senatori della maggioranza. E poi, ammoniscono i presentatori della mozione, la tecnologia trent’anni fa non ha funzionato ma anche qui pare che ci siano carenze informative. «Non si tratta della stessa tecnologia », ricorda Vincenzo Ferrara, dell’Enea. «In realtà il solare a concentrazione è uno dei pochi settori in cui abbiamo un vantaggio comparativo, nella ricerca e nella diffusione: a imporla all’attenzione del mondo è stato Rubbia all’epoca in cui era presidente dell’Enea».

L’attuale presidente dell’Enea, Luigi Paganetto ritiene «singolare» che si riducano gli incentivi al termodinamico, su cui «siamo leader nel mondo». E singolare è anche il fatto che nella mozione si ricordi che «nonostante l’incentivazione introdotta dal governo italiano 15 mesi fa (ministro Pecoraro Scanio, ndr) non risulta che a oggi ci siano domande di erogazione dell’incentivo». Forse i senatori non sanno che quei fondi, circa 90 milioni, sono in attesa di determinazioni che dovrebbero provenire dalla direzione Ricerca e sviluppo del ministero dell’Ambiente. Sarebbe meglio informarsi prima di tagliare via il solare.

Diario estivo di un blogger per caso / 6 – Il reato di clandestinità parte 2: i ripensamenti

Tuesday, 28 July 2009
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ripensamenti

di Sergio Fornasini per dituttounblog.com

Si erano appena scatenate le fondate polemiche sui nuovi provvedimenti in tema di clandestinità che all’improvviso qualcuno del centro destra autodenunciava ulteriori incongruenze: e le badanti che non hanno regolare permesso di soggiorno che fine faranno? Dobbiamo arrestare pure quelle?

Maroni e la Lega sul punto tenevano duro, nessuna sanatoria. Ma come, si domandavano in molti, e la badante moldava della nonna ora non potrà più uscire di casa pena l’arresto? Applicando pedissequamente le norme la risposta è si, deve starsene a casa pena di venire acchiappata, denunciata ed espulsa se fermata per un banale controllo.

Già il giorno successivo all’approvazione del “pacchetto” insomma arrivavano varie esortazioni ad una sanatoria, credo sia un record assoluto per una legge dello stato appena promulgata. Il bello che le sollecitazioni arrivavano proprio dagli stessi che poche ore prima avevano approvato quella legge. Dimostrazione pratica di come le norme debbano essere discusse e ragionate nella sede opportuna, ovvero in Parlamento, non imposte a colpi di fiducia. Notizie recenti danno per fattibile la correzione, con l’applicazione di una tassa per le badanti da regolarizzare. Risolto il problema anche di far cassa.

Mi ha colpito per la sua singolarità anche l’operato del Presidente Napolitano, che ha firmato la legge. Poi però ha inviato una lunga lettera al Governo per sollevare forti dubbi e perplessità, che evidentemente non erano tali da rinviare il testo alle camere. Dall’alto del Colle, il Presidente della Repubblica ha voluto così sottolineare le incongruenze della nuova normativa senza andare allo scontro istituzionale.

Avrà fatto bene o era meglio che firmava e zitto?

Diario estivo di un blogger per caso / 5 – Il reato di clandestinità parte 1: l’applicazione della legge

Tuesday, 28 July 2009
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clandestino

di Sergio Fornasini per dituttounblog.com

Come da programma annunciato, alla fine il Governo ha posto la questione di fiducia sul voto finale del cosiddetto “Decreto sicurezza”, comprendente norme destinate a far discutere per lungo tempo. Molto evidenziate dalla stampa l’istituzione delle ronde ed il reato di clandestinità, ma ci sono molti altri discutibili passi della nuova legge da analizzare. E così, con la fiducia n. 22 in quindici mesi, il governo Berlusconi partorisce nuove norme. Non sono un giurista ma leggendone alcuni stralci mi sono domandato che tipo di avvocati abbiamo in parlamento, e ce ne stanno parecchi. Tecnicamente il testo mi sembra redatto apposta per renderne difficoltosa l’attuazione.

Drastici provvedimenti anche per chi affitta locali a persone prive del permesso di soggiorno: si arriva a punirle con il carcere da sei mesi a tre anni e con la confisca dell’immobile. In realtà le sanzioni sono facilmente aggirabili, a mio giudizio, in quanto è sufficiente cedere a titolo oneroso la locazione ad un immigrato regolare, poi se questo subaffitta sono affari suoi. La confisca dell’immobile non si applica nel caso che il proprietario sia estraneo al reato, ed anche qui è facile immaginare varie soluzioni.

Insomma sembra proprio una legge destinata a non risolvere veramente i problemi, salvo fare ingrassare ulteriormente la categoria degli avvocati e a caricare di lavoro la magistratura. Esemplare la norma che prevede il procedimento di espulsione per direttissima davanti al giudice di pace. Se non ho capito male, un clandestino con la quasi certezza di vedersi appioppare la sanzione dovrebbe recarsi autonomamente presso gli uffici del G.d.P., salvo esservi accompagnato in caso di arresto pregresso. Fare la fila ordinatamente, insieme a cittadini in attesa per presentare ricorso ad una multa o casi similari, ed ovviamente non darsela a gambe levate. Secondo i sindacati di categoria Unapiga e Unapicga gli spazi ove operano i Giudici “non sono luoghi sicuri e idonei per giudicare in futuro un clandestino in un processo simile a quello per direttissima: potrebbe fuggire senza che nessuno se ne accorga”.

Attendiamo che qualcuno se ne accorga e provveda, magari penseranno di schierare l’esercito a sorvegliare gli uffici del G.d.P., chissà.

Diario estivo di un blogger per caso / 4 – They still camp

Tuesday, 28 July 2009
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yes-we-camp-1

di Sergio Fornasini per dituttounblog.com

Il 12 luglio passando accanto a l’Aquila ho avuto la percezione della grandezza dell’impresa dei “campeggiatori” aquilani. Percorrendo la A24, sulla lunga discesa che porta alla città così duramente colpita dal terremoto, all’improvviso compare sulla erta collina di fronte a Coppito la scritta ripresa dai media di tutto il mondo: “YES WE CAMP”. Impossibile non vederla, anche per i grandi della terra.

Gli aspetti impressionanti dell’opera sono lo scenario, le dimensioni, la fatica che deve essere stata fatta per realizzarla. C’è gente che si è fatta veramente una lunga e dura camminata, ponendo in bella vista l’evidenza del loro disagio.

Quello che le immagini non rendono è la dimensione della scritta, della collina e di quanto ripido è il fianco sul quale è stata posta. Il teleobiettivo che l’ha ripresa schiaccia la prospettiva, impossibile rendersi davvero conto di quanto hanno fatto. Dopo una settimana sono passato di nuovo, parte dei teli di cui è composta la scritta sono volati via.

Nulla è eterno su questa terra, salvo l’indignazione degli uomini che hanno tracciato quelle lettere e che i fatti e la politica continuano colpevolmente ad ignorare.

Povera gente nelle tende, in pieno sole e senza un filo di ombra nemmeno accennata con teli protettivi o altro. Il blu delle tendopoli che punteggia il territorio, macerie di vecchie case accanto a nuove costruzioni che sono ancora in piedi. Tetti pericolanti, gente disperata che ha perso tutto. Andate a fare un giro nei dintorni de l’Aquila, guardate cosa c’è davvero, non accontentatevi delle foto ufficiali e dei “record” proclamati dalla politica. La realtà delle cose fa male.